Il calcio di Luciano Spalletti è ideale per esaltare gli attaccanti. Nel Napoli, infatti, chi si muove là davanti deve accettare di integrarsi con princìpi offensivi ben determinati, funzionali a sviluppare efficacemente la fase di possesso.

Che si tratti di cucire la manovra, abbassandosi per toccare molte volte il pallone, oppure aggredire la profondità, nel sistema di gioco del tecnico di Certaldo le punte azzurre sono sempre protagoniste.

In questi mesi, Osimhen, Raspadori e Simeone hanno messo a disposizione del gruppo tutto il loro bagaglio creativo. Ciascuno è riuscito a impattare sulle sorti della squadra partenopea a modo suo. Senza, tuttavia, cannibalizzare veramente il ruolo di centravanti.

La percezione che l’infortunio del nigeriano abbia spalancato le porte al talento creativo e fantasioso dell’ex Sassuolo non appare affatto campata in aria. Senza trascurare anche il rendimento continuo e disciplinato garantito finora da El Cholito.

Abbondanza falso problema

Insomma, l’assenza di Osimhen non ha pesato più di tanto sulle sorti del Napoli, complice proprio l’ottimo rendimento degli altri due compagni di reparto. Da questo punto di vista, però, adesso che rientra il numero nove, bisognerà risolvere il “problema” dell’abbondanza in attacco.

Spalletti, dunque, dovrà distribuire equamente il minutaggio, senza mortificare, al contempo, ambizioni personali e utilità a livello di collettivo.

Al momento, Raspadori sembra assolutamente in grado di recitare da primo violino. Specialmente quando gratifica le consegne dell’allenatore toscano. Jack ha trovato il suo habitat naturale nello spostarsi liberamente sull’intero fronte offensivo.

Che non significa anarchia tattica. Bensì abilità nel leggere e interpretare le varie situazioni. Accorciando verso i centrocampisti per consolidare il giropalla o spostandosi lateralmente, favorendo così gli inserimenti di Anguissa o Zielinski.      

Capitolo

Ovviamente, per una squadra che ha ambizioni, diventa indispensabile la rapidità spesso bruciante di Osimehn, capace di sbranare lo spazio alle spalle delle linea difensiva, in nome di una giocata mai fine a se stessa. 

Considerando pure gli evidenti miglioramenti nel bagaglio calcistico da quando lavora con Spalletti, che l’ha obbligato a concentrarsi non solo sulla parte maggiormente visibile del suo repertorio. Fino a sensibilizzare aspetti per certi veri trascurati, tipo associarsi fattivamente al resto della squadra, per collaborare a mangiare campo agli avversari.

In questo scenario, non va commesso l’errore di trascurare l’importanza di Simeone. Uno che bada al sodo. L’essere essenziale come il papà l’ha trasformato in un titolare aggiunto, tendenzialmente portato ad accantonare il suo ego, mettendosi al servizio dei compagni.

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