Oltre ai problemi nella fase difensiva, emersi dalla sconfitta contro la Lazio, è innegabile che queste prime tre giornate di campionato abbiano suscitato qualche dubbio di troppo sulla centralità di Lobotka nel “nuovo” Napoli.

Durante la pausa per le Nazionali, quindi, Garcia dovrà escogitare qualcosa di diverso nella gestione del possesso, fino allo scorso anno condizionata – in positivo – dalla sobrietà nei movimenti del pivote. La produzione del gioco azzurro, infatti, transitava quasi totalmente dai piedi dello slovacco, preziosissimo non solo nel lavoro a due tocchi, ma anche nelle coperture garantite ai compagni.

Oggi, invece, intorno a lui sembrano esserci più dubbi che certezze, probabilmente a causa di richieste alternative giunte direttamente dall’allenatore francese: ricalibrare la posizione, vista ormai la diffusa abitudine di marcarlo a uomo.

Risolvere questa incognita, dunque, è uno dei momenti chiave della stagione dei Campioni d’Italia.

Il conforto dei numeri

In effetti, l’organizzazione certosina di Sarri, pur non mettendo un riferimento fisso addosso a Lobotka, è riuscita ad estremizzare il problema, semplicemente oscurandogli le linee di scarico, così da mettere in ombra tutti i potenziali riceventi. In questo modo, il Comandante Toscano ha messo alle corde la sua ex squadra: limitandosi a compattare i reparti, facendo grande densità nel corridoio centrale.

Con le linee tra centrocampo e difesa strette e corte, i biancocelesti hanno generato una endemica mancanza di spazi, che ha finito col rendere lenta e poco fluida la rete di passaggi ai padroni di casa.

Perché il regista partenopeo spesso si è dovuto staccare, abbassandosi verso i due difensori centrali. Da lì, ovviamente, non può essere determinante. Facendo partire l’azione da lontano, c’è un minor coinvolgimento nella costruzione della manovra.

Eppure le statistiche dicono il contrario. Nel senso che nelle prime due giornate di questo campionato i numeri di Lobotka certificano come, rispetto all’anno passato, abbia toccato in media 7 palloni in più a partita, oltre ad avere aumentato il numero dei recuperi. In negativo, invece, i metri percorsi palla al piede: 91,3 piuttosto che 156,5.

Insomma, pur ritrovandosi in organico uno dei migliori metodisti della Serie A, pare che Garcia intenda sfruttarlo in maniera diversa.

Uno scenario per cui il numero 68 in maglia azzurra dovrà acquisire altre competenze tattiche, senza fossilizzarsi nel ricordo del giropalla “spallettiano”. Che risaliva da dietro, guadagnando campo con il possesso di qualità, occupando contemporaneamente i cosiddetti halfspaces, con gli offensive players.

Qualcosa non funziona

In realtà, prendendo come esempio proprio la sconfitta contro la Lazio, Garcia non intendeva affatto snaturare il calcio di Lobotka.

L’idea rimane quella di partire dal 4-3-3 nella fase difensiva, con l’arretramento del mediano, mentre Rrahmani e Juan Jesus si allargano per fornire una doppia traiettoria di passaggio.

Innescando l’avanzata contemporanea sulla linea dei centrocampisti di Olivera e Di Lorenzo, molto larghi in fascia. Un sincronismo arricchito poi da Politano e Kvaratskhelia, che stringono dentro al campo, tanto per liberare la corsia all’inserimento dei terzini, quanto per offrire altre linee di passaggio per lo sviluppo delle trame d’attacco.

Sostanzialmente, il Napoli esegue un insieme di spostamenti concatenati, in grado di trasformando il sistema di partenza, in un 3-4-3, efficace per la scorrevolezza della manovra.

Però, domenica sera qualcosa non ha funzionato. La squadra non è stata abbastanza efficace al cospetto di un avversario che tendeva a coprirsi, nonché pressare soltanto con Immobile. Gli azzurri hanno perso lo slovacco in fase di costruzione più avanzata. Finendo per allungarsi, specialmente le volte in cui la palla ristagnava nella trequarti difensiva. Arrivando lenta e telefonata a laterali o centrocampisti.

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