Tanguy Ndombelé vuole assolutamente scrollarsi di dosso le ultime tre stagioni della sua vita calcistica. Un periodo in cui è passato dall’essere etichettato come uno dei centrocampisti più promettenti dell’ultima generazione, a esodato di lusso. Anni difficili e insopportabili, dunque. Talmente paradossali da costringere il francese a cercarsi una nuova sistemazione questa estate. Ormai ai margini del progetto di Antonio Conte.

A caccia della “normalità” professionale, Napoli rappresenta l’approdo dove riscoprire sé stesso. Un posto che gli consenta di tornare ad essere un calciatore a tutti gli effetti, e non un mero esubero in rosa.

Eppure, il matrimonio tra lui e l’ambiente fatica a funzionare. La dimensione narrativa del suo utilizzo come alterg ego di Lobotka racconta di un diffuso scetticismo in seno a tifosi e addetti ai lavori. Che faticano a riconoscere la funzionalità della scelta operata da Spalletti.

Insomma, ovunque si getti lo sguardo, pare che all’ombra del Vesuvio hanno già maturato la loro verità incontrovertibile, giudicandolo un pacco.

Tanti (forse troppi…), però, trascurano un piccolo particolare: Ndombelé sta ricominciando quasi da zero. E deve quindi ritrovare le sensazioni tipiche di chi viene utilizzato con una certa continuità, piuttosto che vedere il campo con il contagocce.

La strana parabola di Ndombelé

L’ascesa di Ndombelé al Tottenham si interrompe drasticamente con l’esonero di Pochettino, che credeva fortemente in lui. Infatti, nei primi tre mesi in Premier gli aveva affidato le chiavi della squadra.

Il tecnico argentino viene sostituito da José Mourinho. Da lì in avanti cominciano i guai. Ndombelé perde il posto da titolare. Poi in piena pandemia, con l’attività agonistica sospesa, lo Special One si presenta a casa sua per una sessione di allenamento in un parco di Londra. E la notizia finisce su tutti i tabloid. Alla ripresa dei campionati, il portoghese lo accusa pubblicamente di essere fuori forma, emarginandolo fino al termine della stagione.

Non va meglio nelle due annate successive. La convivenza con Mourinho si risolve con un cambio di ruolo per il francese, impostato addirittura come trequartista nel 4-2-3-1. Per una parte del girone d’andata il Tottenham si ritrova primo. Drammatico, invece, il girone di ritorno. La squadra scivola inesorabilmente in classifica. E pure Mourinho viene esonerato.

Discorso analogo quando, l’anno scorso, dopo appena due mesi di gestione, Antonio Conte subentra a Nuno Espirito Santo.

Ndombelé viene spedito al mittente, nella speranza che un passaggio temporaneo al Lione, contesto ambientale ideale, dove agli inizi di carriera aveva rubato l’occhio per la sua regia espressa con giusto timing e ottima visione di gioco, lo stimolasse emotivamente e tecnicamente.

Qualche buona partita e poco altro suggeriscono di cercare migliori fortune altrove.

La speranza di Spalletti

A questo punto sarebbe lecito chiedersi cosa abbia visto il Napoli in Ndombelé. Innanzitutto, è un’operazione low cost, tipica della società partenopea. Che l’ha preso in prestito oneroso a 500 mila euro più bonus, con diritto (e non obbligo…) di riscatto fissato a 32,5 milioni di euro.

Mettendo assieme le speranze di rinascita e la cifra che spese il Tottenham per strapparlo al Lione nel mercato del 2019 – 72 milioni di euro, la trading più onerosa della storia degli Spurs, dopo due anni di completa apatia negli acquisti a causa dei costi sostenuti per il nuovo stadio – allora si comprende come possa trasformarsi potenzialmente in un affarone mettersi in casa un giocatore del genere.

Praticamente senza rischiare nulla dal punto di vista economico, all’allenatore che pretendeva la costruzione di un gruppo lungo ed omogeneo, viene garantita, almeno numericamente, una risorsa idonea a coprire il buco lasciato in organico dalla partenza di Fabiàn Ruiz. Arricchendo così le rotazioni in mediana con un giocatore che sa passare il pallone e anche portarlo.    

Rispetto allo spagnolo, Ndombelé è maggiormente portato alla occupare la posizione di metodista. A suo agio in fase di costruzione nel cominciare l’azione dal basso. Ma comunque in grado di condurre palla al piede e verticalizzare. Prendendosi la responsabilità di dribblare, prima di stimolare i compagni con imbucate o passaggi filtranti.

Prospettive future

Sostituito con Lecce e Spezia all’intervallo, aveva dimostrato una buona disponibilità a dialogare con i compagni, scandendo i tempi del possesso. Oltre ad amministrare l’attrezzo con intelligenza, rischi pochi e trasmissione soltanto in sicurezza sul breve.

Nondimeno, in entrambe le apparizioni era calato paurosamente e progressivamente alla distanza. Vistosa la condizione precaria e la mancanza di dinamismo, che attualmente ne pregiudicano l’efficacia a lungo termine.

In questo scenario, tuttavia, l’uomo di Certaldo sembra ben disposto nei suoi riguardi, concedendogli fiducia e minutaggio, convinto che possa dare il suo contributo nel turnover.  

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