Meret: 6,5

Serve una certa dose di tranquillità per rispondere con prontezza di riflessi alla sberla di Piatek al 21’, dopo aver guardato la palla stazionare costantemente dalla parte opposta del campo. Quindi, un’altra ora abbondante da spettatore non pagante, prima di ergersi a baluardo indiscusso ancora sul centravanti polacco, cui strozza in gola l’urlo di gioia, allungandosi con la punta delle dita quel tanto che basta da evitare che, accorciando, il match si trasformi nel finale in una vera baraonda.

Di Lorenzo: 7

Solito trascinatore; ha reso il Napoli profondo e verticale, esplorando il binario con rapide conduzioni o proponendosi senza palla, in attesa di supportare Lozano, interpretando la fase di possesso in simbiosi con El Chucky. Gioco in coppia sulla catena di destra, uno dentro e l’altro fuori, con i piedi sulla linea. Non necessariamente l’esterno largo ed il terzino in copertura. Spesso, infatti, il Capitano è venuto dentro, proponendosi per fare gioco. Chiude perfettamente la diagonale offensiva per lo 0-1. Un piccolo appunto, quel momento di purissima follia, che avrebbe potuto parzialmente riaprire la contesa: annebbiato, serve involontariamente Piatek. Poi disinnescato da Meret.

Kim: 6

Ai limiti dell’imbarazzante i molteplici duelli vinti contro Piatek, palesando una superiorità netta. Si fida troppo della sua proverbiale fisicità in occasione dell’ammonizione, quando si lascia rubare il tempo dal centravanti di casa. Per il resto, calamita i lanci lunghi di Ochoa. Ripulisce lo spazio davanti a Meret e talvolta non disdegna di partire lancia in resta con il pallone tra i piedi.

Rrahmani: 6,5

Al di là di un atteggiamento abbastanza remissivo dei granata, per scelta schierati con un baricentro bassissimo, l’unico appoggio avanzato era Piatek. Stimolato come punto di alleggerimento, cui tentare di far giungere il pallone per risalire velocemente il campo. Uno scenario che il kosovaro ha sofferto pochissimo.

Mario Rui: 7

Professorale nel preparare lo 0-1, perfezionando il triangolo con Anguissa; un “no look” degno di un’Arena NBA. Al netto dell’ennesimo cioccolatino che serve ai compagni, mandandoli praticamente in porta, lavora alacremente a tutta fascia. Se fosse alto e biondo come Theo Hernández, non verrebbe in mente a nessuno di privarlo del titolo di miglior laterale mancino della Serie A. Meno male che l’obiettivo di quest’anno è diverso dall’occupare le copertine di gossip con tatuaggi e bellona d’ordinanza al fianco. Il portoghese è pura concretezza, cattiveria agonistica, però incanalata verso la feroce determinazione a prendersi la scena.

Anguissa: 7

Protagonista principale del vantaggio. Tesse la tela della manovra per superare densità sotto la linea del pallone creata dai padroni di casa per ingolfare il calcio proattivo del Napoli. Si libera in area di rigore con un suadente “dai e vai”, che rifinisce con l’assist per l’accorrente Di Lorenzo, che butta letteralmente giù la porta. Le volte che riceveva il pallone, tentava di superare la grandissima densità centrale costruita da Nicola per imbrigliare il gioco degli azzurri, accelerando oppure favorendo il possesso perimetrale.

Lobotka: 6,5

La sua unicità: è un pivote tradizionale, che gioca da metodista, ragionando e facendo viaggiare il pallone come se avesse un contagiri nella testa. Detta i tempi, scandisce il ritmo del possesso. Diventa impattante quando Spalletti decide di sperimentare un assetto che prevede l’abbassamento dello slovacco in mezzo ai due centrali difensivi, che si allargano per stimolarne le ricezioni. Una giocata “alla Pizarro”, tipica della Roma spallettiana, che sottrae sostanzialmente la principale fonte di produzione del gioco dalla marcatura a uomo. Ampliando, di fatto, la varietà del calcio sviluppato dalla capolista.

Zielinski: 6

Lontano dai suoi standard, dalle sue migliori possibilità di centrocampista spendibile ottimamente in palleggio e rifinitura. Caracolla per il campo, un po’ apatico, a tratti pure svogliato. In ogni caso, esce alla distanza, da quel palleggiatore eccezionale che è. Dunque, consolida il possesso alla perfezione, obbligando la mediana granata a faticare per tentare di sottrargli il pallone, nascondendolo tocchi rapidi e cambi di direzione ubriacanti.

(dal 85’ Ndombele: s.v.)

Sostituisce il polacco per fare da mezzala di tocco e lasciar scorrere il tempo, riposando con il giropalla. 

Lozano: 6

All’inizio dell’azione offensiva assume una posizione decisamente interna, per andare successivamente in ampiezza sullo scarico dei centrocampisti. Così blocca le sovrapposizioni di Di Lorenzo, però costringe Bradaric a seguirlo, ottenendo un duplice scopo: sgranare la compattezza della difesa granata e isolarsi nella classica situazione di uno contro uno, con stop con dribbling incorporato che ama tanto.  

(dal 85’ Politano: s.v.)

Entra per uno sfinito messicano e dà il suo contributo.

Osimhen: 7

Non basta il gol per quantificare una prestazione da Top del ruolo. Dominatore assoluto: ha stravinto i duelli aerei, nonché orientato e governato la fase d’attacco. Con lo 0-2 indirizza in modo netto la partita, tagliando definitivamente le gambe alla Salernitana. Ma scava un fossato tra lui e l’intera retroguardia di Davide Nicola aggredendo perfettamente la profondità. Per comprendere appieno quanto sia efficace negli ultimi sedici metri ed al contempo esteticamente appagante basta riguardare come mette il corpo e usa le spalle, coprendo puntualmente la palla agli avversari.

(dal 88’ Simeone: s.v.)

Garbage time e poco altro.

Elmas: 7

Controlla l’attrezzo con sicurezza. Lo tiene sempre incollato al piede, lo sposta con molti tocchi, temporeggiando, in attesa magari di sovraccaricare la zona e immediatamente dopo, favorire il cambio campo. Tuttavia non ha alcuna paura nel fronteggiare Daniliuc, obbligando anche Candreva a stare basso, per dare una mano difensivamente. Il macedone possiede una versatilità senza tempo, che sfrutta tatticamente per rendersi imprescindibile. Come in occasione del raddoppio: si smarca in verticale per ricevere tra le linee e calcia, favorendo il tap-in di Osimhen.

Allenatore Spalletti 7

Il Napoli che ha battuto la Salernitana l’ha fatto giocando un calcio codificato che contraddistingue le idee del suo allenatore. La squadra partenopea muove la palla senza paura. Inoltre, preferisce difendere in avanti, pure a costo di andare a sbattere contro l’atteggiamento predisposto dai granata. Ovvero, lunghe fasi di difesa posizionale in cui la grandissima densità sottopalla genera indubbiamente una fastidiosa sensazione di impotenza nella costruzione qualitativa degli azzurri. All’Arechi non era semplice mantenere il focus attentivo. Nondimeno, giostrando sapientemente gli uomini ed i cambi, l’Uomo di Certaldo ha dimostrato di avere le armi per continuare a stare là sopra. Con forza e consapevolezza. 

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