Gollini: 6,5

Quella del redivivo è la chiave di lettura attraverso cui si può raccontare l’esordio in maglia azzurra dell’ex portiere dell’Atalanta. Impatta discretamente sulla manovra della squadra, non forzando mai la giocata con i piedi. Nella ripresa, si fa trovare pronto su Muriel, che strappa e poi calcia, con un intervento tipo bagher. Sugli sviluppi del corner, inchioda per terra la capocciata. Infine, vola in bello stile sulla sassata di Ruggeri.

Di Lorenzo: 6,5

Nelle pieghe della sua gara ci sono un mucchio di soluzioni tecnico-tattiche. Una crescente manifestazione di scatti in sovrapposizione interna. Un susseguirsi continuo di lavori in qualità di “finto terzino”, che stringe la posizione per collaborare nel possesso, all’interno di un sistema che, per filosofia, non vuole essere passivo e monodimensionale. Il contesto migliore per il capitano partenopeo, che tocca tanti palloni in entrambe le fasi. Situazioni congeniali per farsi coinvolgere dai compagni e incidere con grande efficacia.   

Kim: 7

Un vero capobranco, là dietro. Davvero una garanzia per stemperare sul nascere i sogni di grandezza del talentuoso Hojlund, cui il coreano suggerisce di girare a largo. Il giovane leone danese, con aspirazioni di dominio dell’aria, raccoglie le briciole. Costringendo Gasperini alla sostituzione. Eppure, dopo il novellino, Kim annulla anche la variante veterano. Padroneggia Zapata, rendendone l’impatto tutto sommato marginale nell’economia del match.

(dal 75’ Juan Jesus: s.v.)

Non gli appartiene subire l’avversario diretto. E infatti, sostituisce Kim con la medesima determinazione. Cervello fino e mestiere rientrano in quelle caratteristiche che gli consentono di mantenere comunque la linea compatta e aggressiva sul tridente bergamasco.   

Rrahmani: 7,5

Nella cura di un attaccante come Zapata, esponente della dinastia dei centravanti duri, l’uso del fisico è parte integrante della marcatura. Il kosovaro non si tira affatto indietro se si tratta di fare a sportellate. Anzi, pare che stasera sia stato invitato a “carne e maccheroni”, con la precisa volontà di stabilire la supremazia nei confronti del colombiano. Lo scenario cambia con l’uscita di Hojlund. A quel punto, dalle sue parti transita Muriel. Nondimeno, Amir dà prova della nobile arte della difesa posizionale, che coniuga in ogni sua declinazione. La chiude, incrociando chirurgicamente sul palo lontano, con timing perfetto.

Olivera: 6,5

Spezza i raddoppi dei nerazzurri e quindi trova linee di passaggio meno piatte e prevedibili della solita sovrapposizione. Veicola la sensazione che possa essere utile non soltanto quando spinge o si propone sopra la linea della palla. In questo, facilitato pure dall’atteggiamento poco incline a spingersi in avanti di Maehle, abbastanza timido e conservativo.

Anguissa: 6,5

Ogni maledetta domenica, citando Al Pacino nelle vesti di coach Tony D’Amato, va a caccia di quei centimetri che, messi assieme, fanno la differenza tra vittoria o sconfitta. Va oltre sé stesso e i suoi (pochi..) limiti per diventare una incisiva mezzala di tocco, munita di una capacità di assorbire i contatti che non dipende esclusivamente dalla fisicità. Bensì, dalla qualità dei suoi piedi educati. Quando, talvolta, mancano le condizioni per scaricare in sicurezza a Lobotka, si fa consegnare la sfera dai difensori centrali e ne asseconda la risalita.

Lobotka: 6,5

Sembra quegli sciamani di antiche religioni pagane, benedetto da una sorta di terzo occhio, che gli permette in maniera del tutto naturale di trovarsi sempre nel posto ideale, al momento giusto per far scorrere con fluidità il gioco. Uomo-simbolo di una squadra che ormai ha raggiunto una consapevolezza tale, da amministrare ritmo e intensità. Oltre a manipolare i dirimpettai attraverso la sagacia strategica del pivote slovacco.

Zielinski: 6

Umorale, anche all’interno della medesima prestazione. Talvolta si accende di luce propria, ed i riflessi dei suoi smarcamenti alle spalle di Ederson e De Roon sono accecanti. Poi si accontenta, ed il centrocampo napoletano deve fare i conti le tipiche amnesie del polacco, che si spegne improvvisamente, suggerendo a Spalletti un cambio dalla panchina.              

(dal 65’ Ndombele: 6)

Iper-reattivo ed esaltante nelle giornate di grazia, come stasera. Il primo controllo con cui manda mezza mediana orobica a prendergli il giornale, appena entrato, la pulizia nel tocco sulla trasmissione, verticalizzazioni varie e assortiti attacchi nello spazio. Insomma, qualità e governo.

Politano: 7

Sin da subito, diventa il primo riferimento su cui poggiarsi, perché la sua tecnica è raffinata e gli permette di ripulire i palloni al cospetto di un’Atalanta equilibrata e comunque messa bene in campo. Evidente la voglia di trascinare la squadra, caricandosela sulle spalle, alzando il livello delle sue giocate. Vincendo un mucchio di duelli contro Ruggeri, alternando dribbling secchi in fascia con movimenti ad accentrarsi, che tagliavano in due la compattezza della fase non possesso pensata da Gasperini per contenere la capolista. Fondamentale, inoltre, in taluni ripiegamenti sottopalla. Manifestazioni di sacrificio per il bene collettivo.

(dal 65’ Elmas: 6)

Fondamentale per tenere blindato il lato destro, con l’uscita di uno sfiancato Politano, lavorando egregiamente in copertura e qualitativamente sui ribaltamenti.

Osimhen: 7

L’atteggiamento che si percepisce osservando il linguaggio del corpo del nigeriano, specialmente nel gioco di sponda spalle alla porta, quando prende posizione e protegge la palla, dimostra quanto sia coinvolto nel Napoli attuale. Perché serve concentrazione massima per rimanere in partita, nonostante per larghi tratti bisogna addomesticare palloni messi in profondità, che solamente agli occhi di un miope paiono buttati avanti senza alcuna pretesa. Mentre è proprio là che Spalletti vuole gli vengano scaricati, affinchè lui possa scavallare il suo scatto primordiale nella metà campo offensiva.

(dal 84’ Simeone: s.v.)

Non si fa intimorire nel finale convulso: usa le braccia per appoggiarsi sul difensore e tenerlo a distanza. Esempio di dedizione e sacrificio.

Kvaratskhelia: 7,5

Quanti altri giocatori in Serie A sono in grado di eludere chiunque si pari davanti, spezzare raddoppi, utilizzando i fondamentali con la destrezza di chi sembra avere un joystick negli scarpini. Mai banale nel puntare il dirimpettaio. In occasione del gol ne siede uno, due, tre con serpentine ubriacanti e poi piazza un tiro secco sotto l’incrocio. Avrebbe potuto calciare appena creata separazione e visto la luce della porta. Ma il georgiano è andato oltre, immaginando mentalmente il percorso cognitivo dell’azione quando un giocatore “normale”, invece, avrebbe tentato subito la conclusione. Ed è proprio in questo concetto visionario, in quest’idea di offensive player che anticipa mentalmente gli avversari, che si annida il racconto narrativo dell’ennesima partita sontuosa.

(dal 84’ Zerbin: s.v.)

Altro che garbage time. Controlla qualche pallone potenzialmente pericoloso, si butta per terra in scivolata, fa a spallate: insomma, non vuole assolutamente perderne una.

Allenatore Spalletti 7

Ha reso il Napoli a sua immagine e somiglianza. Difesa impenetrabile, che sa soffrire, oltre a dominare gli avversari fisicamente. Attacco raffinato, oppure diretto e verticale, quasi elementare per come si sviluppa. Eppure tremendamente sofisticato nella preparazione. Una leadership forte e autorevole nel gestire il ritmo ed amministrare l’intensità del giropalla. Cosa che l’ambiente partenopeo non disdegna affatto: uno stile comunicativo affascinante e coinvolgente. Diverso da Ottavio Bianchi, agli antipodi rispetto Albertino Bigon. Eppure, sulla strada di scrivere anche il suo nome nella leggenda.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

RESTA AGGIORNATO SUL NAPOLISEGUICI SUI PRINCIPALI SOCIAL: