Il Napoli chiude la prima parte del ritiro salutando Dimaro con l’ultimo allenamento sotto la pioggia. Manco gli azzurri vestissero i panni della “sposa bagnata”, e avessero quindi bisogno del classico arrivederci al Trentino con l’augurio di felicità destinato generalmente a chi ha avuto la sfortuna di bagnarsi durante la cerimonia. Dopo dieci giorni e due amichevoli, la squadra è rientrata in città. Un paio di giorni di meritato riposo e sarà già tempo di rifare le valige. Giovedì 25 luglio, infatti, comincia la seconda fase della preparazione, a Castel di Sangro. Ultimo tratto sulla strada che conduce agli impegni ufficiali: il 10 agosto in Coppa Italia contro il Modena; il 18 a Verona per l’esordio in campionato.

Davvero una strana estate, quella di Antonio Conte e dei suoi ragazzi, che finora hanno sgobbato in silenzio. Mentre intorno a loro si alimentavano le voci più disparate. Del resto, quando il tecnico leccese firmò per il Napoli, più di qualcuno tra gli addetti ai lavori etichettò la decisione come un tantino avventata. E c’entra poco la juventinità, che Conte porta stampata comunque in maniera indelebile nel suo dna calcistico. Nondimeno, da quand’è sbarcato all’ombra del Vesuvio, il nuovo allenatore ha iniettato una grande dose di entusiasmo in un ambiente decisamente depresso dal disastroso decimo posto della passata stagione. Il fatto che abbia scelto di mettere subito le cose in chiaro, sottolineando sin dalla conferenza stampa di presentazione che non avrebbe sopportato alcuna ingerenza nella gestione del gruppo, è stato un balsamo lenitivo per le ferite inferte ai napoletani da una squadra che ha difeso malissimo (eufemismo…) il titolo di Campione d’Italia.

Fiducia incondizionata in Conte

Al netto della fiducia incondizionata garantita dai tifosi, l’Uomo del Salento ha mandato un messaggio forte ed inequivocabile alla proprietà, obbligando De Laurentiis a fare un passo indietro. L’obiettivo, ovviamente, non è quello di smorzarne i toni quando si espone pubblicamente con le sue dichiarazioni alla stampa. Espressione di una personalità istrionica, talvolta anche assai impulsiva, ingombrante solo dal punto di vista mediatico. Bensì evitare che il presidente – uno dei personaggi più divisivi del nostro calcio – agisca in prima persona, piuttosto che delegando. In effetti, Don Aurelio ha iniziato a commettere errori imperdonabili nel momento stesso in cui, dopo lo scudetto, ha cominciato a gestire questioni puramente tecniche in assoluta autonomia. Così da trasformare lo spogliatoio in una polveriera, come raccontano le cronache dello scorso anno.

Insomma, qua non si tratta di bieco populismo. Tantomeno di “ravvedimento operoso” del presidente, che rimane il “boss”. Ma l’area tecnica è di esclusiva competenza di Conte, che non ammetterà invasioni di sorta. Lo stesso dicasi per chi si interfaccia tra i giocatori e lo staff. Spetta a Gabriele Oriali facilitare i rapporti quotidiani. Del resto, solamente un veterano come Lele è capace di calarsi nel ruolo senza apparire pomposamente autoreferenziale, trasudando credibilità calcistica da tutti i pori.

Ben altro discorso è l’effettiva libertà di cui potrà godere poi il direttore sportivo Manna nella costruzione del nuovo Napoli, seguendo i flussi del mercato. Non bisogna mai trascurare un piccolo particolare: l’obiettivo deve necessariamente essere quello di tornare in Europa dalla porta principale, coniugando però il risultato sportivo con i parametri imposti dal bilancio. In attesa di ricominciare a sudare in Abruzzo, i tifosi napoletani mantengono intatto il loro ritrovato entusiasmo.

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