Con la vittoria del Napoli e la concomitante sconfitta del Milan, ha preso il via il mini-torneo che vale l’accesso alla prossima Champions. Al momento, quattro squadre per tre posti, sono racchiuse in soli due punti. Tenendo momentaneamente in standby la situazione della Lazio, un po’ più distante dal lanciatissimo quartetto, alle spalle dell’Inter, che attende soltanto il countdown Scudetto.

Se ancora ce ne fosse bisogno, la gara con il Torino ha dimostrato quanto gli azzurri abbiano un elevato potenziale offensivo. La facilità con cui arrivano a concludere ripetutamente verso la porta avversaria è frutto di un calcio qualitativo. Prodotto indubbiamente in virtù delle caratteristiche tecniche di alcune individualità superiori alla media.

Senza trascurare la mano dell’allenatore. A Gennaro Gattuso, infatti, va riconosciuto il merito di avere garantito una inequivocabile organizzazione alla squadra partenopea. Che sposta la palla in base allo schieramento dell’avversario di turno.

Un gioco comunque strutturato, all’interno del quale si possono sempre individuare movimenti ricorrenti. Situazioni mandate a memoria per esaltare, di volta in volta, singoli protagonisti. Stimolati a occupare determinate zone di campo piuttosto che aggredire certi spazi

Creando sulle ali degli esterni

La sensazione che il match di ieri sia stato presto indirizzato dal doppio vantaggio iniziale, però, non deve sminuire i meriti del Napoli. Al di là della fragilità dei granata, la squadra di Gattuso si è trovata subito nelle condizioni ideali per esprimere con efficacia un calcio ambizioso. Dall’indole marcatamente propositiva.

Alzando entrambi i terzini, per dare ampiezza alla manovra e contemporaneamente portare con rapidità la palla fuori dalla propria metà campo, Ringhio ha tentato di snidare il Torino. Che a difesa schierata ha sofferto terribilmente il gioco in coppia sugli esterni.

Effettivamente, lo sviluppo dell’azione offensiva attraverso le catene laterali, ha consentito a Hyasj e Di Lorenzo di pareggiare la superiorità numerica, teoricamente favorevole alla squadra di Davide Nicola. Del resto, il Torino era incline a compattarsi in fase di non possesso, sotto la linea della palla, allineando i “quinti” al terzetto di centrali difensivi.

Ebbene, a cambiare l’equilibrio della situazione, ribaltandola a tutto vantaggio degli azzurri, è stato il genio creativo degli esterni d’attacco. Insigne o Politano si isolano in fascia e risalgono il campo, puntando l’uomo. A quel punto, i terzini possono fare una sovrapposizione tradizionale, oppure attaccare lo spazio interno. E ricevere assistenza sulla corsa. Da lì, mettere poi al centro il classico paseo de la muerte, ovvero un cross forte e teso nella zona compresa tra il portiere e la linea difensiva, diventa elementare.      

Osimhen esalta la verticalità del Napoli

Se attaccando una difesa posizionale, il Napoli le ha fatto male lavorando in ampiezza, nel momento in cui il Torino ha provato ad alzare il suo baricentro, s’è praticamente offerto alle mortifere transizioni partenopee. Com’è capitato ripetutamente con Osimhen, letteralmente imprendibile, lanciato in campo aperto.

Limitandosi a guardare solamente alle statistiche, il centravanti nigeriano ha ingaggiato una sorta di battaglia personale con Sirigu. Una lotta sostanzialmente pari. Alla luce del gol realizzato dal napoletano. Ma pure considerando almeno un paio di interventi salvarisultato del portiere granata.

A ben guardare, tuttavia, dentro la gara di Osimhen si nasconde un mondo da scoprire. Perché, al netto di una tecnica solo apparentemente primitiva, seppur nient’affatto banale, è capace di dominare emotivamente e fisicamente.

Attualmente, quando parte, non mette più i piedi a terra. E prenderlo diventa praticamente impossibile. Sarebbe lecito domandarsi in cosa potrebbe trasformarsi, se davvero riuscisse ad arricchire il suo bagaglio tecnico di adeguati movimenti senza palla.

Se impara a smarcarsi, per fermarlo, ci vorrà semplicemente la camicia di forza…  

Claudio Greco

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