Meret: 6,5

Non ha avuto molte occasioni di rilassarsi. Immediata l’istantanea di una situazione potenzialmente pericolosa; l’incomprensibile uscita a vuoto su Abraham, frutto però di una retroguardia che collassa collettivamente su sé stessa. Si riscatta ampiamente al tramonto del primo tempo, respingendo la botta a colpo sicuro di Pellegrini. Altra palla complicata da leggere, la punizione messa forte e carica di effetto da Dybala (60’): Kim lo anticipa e mette in angolo. Ma sugli sviluppi del corner, l’Airone è decisivo nel reagire con prontezza alla girata di Cristante. Ruba il tempo al centravanti inglese, scappato alle spalle della linea difensiva partenopea, accorciando celermente in avanti, con l’uscita “a valanga”. Incolpevole sul pareggio.

Di Lorenzo: 6,5

Dotato di una inesauribile energia nel fare la fascia per intero, proponendosi sopra la linea della palla con la medesima puntualità con cui blinda difensivamente la destra, il capitano trascende i codici culturali che caratterizzano il ruolo, seppur reinterpretato in chiave moderna. Stringe tanto la posizione, venendo dentro a proporsi da “finto terzino”. Genera dunque superiorità numerica e permette alla squadra di uscire dal basso con il fraseggio. Con El Shaarawy in campo a inizio ripresa, preferisce preservare la zona, attestandosi in copertura. 

Rrahmani: 7

Si muove indifferentemente verso Dybala o Abraham, scambiandosi semplicemente sguardi e cenni d’intesa con l’altro centrale. Segno che il sincronismo con il coreano è perfetto. In generale, si mangia il campo se costretto a uscire dritto per dritto sugli attaccanti capitolini. E di testa pare avere una sorta di calamita per la palla: non se ne perde una. Salvifico

Kim: 7

Mostra la solita efficienza in marcatura, lavorando con pazienza, se il centravanti inglese prende posizione e copre il pallone. Oppure dimostrando un’aggressività ai limiti della brutalità, quando la dimensione dell’anticipo prevedeva di alzarsi e rompere la linea. Riserva l’attenzione che generalmente si mette nella cura di un avversario del calibro di Dybala, rispettandone i movimenti da trequartisti. Ma comunque mordendogli le caviglie.  

Mario Rui: 6,5

Difficile non applaudire l’azione del vantaggio. Cross e conclusione in porta sono bellissimi. Ma la precisione del portoghese nel filtrante che attiva Kvaratskhelia è da vero miniaturista. Quindi, ragguardevole la finezza nel chiudere il triangolo, restituendo il pallone al georgiano nello spazio. Taglia letteralmente in due le linee di pressione. E permette agli azzurri di andare alle spalle della difesa giallorossa. Intercetta e riparte palla al piede. Non diminuisce mai la frequenza di passi e macina chilometri importanti, senza un momento di sosta. Le sue scelte sono spesso lungimiranti o ispirative.

(dal 68’ Olivera: s.v.)

Mette una grandissima cattiveria agonistica nel recuperare caparbiamente in pieno recupero una palla nell’area di rigore romanista, che attiva poi la conclusione di Raspadori.

Anguissa: 6

Il camerunese è la tipica mezzala capace di spostare gli equilibri in entrambe le fasi in cui si articola il gioco. Merito, ovviamente, di una innegabile duttilità, oltre che dei suoi mezzi tecnici. Associati a forza nelle gambe e istinto nelle letture. Nondimeno, l’impressione che sia stremato non appare affatto campata in aria. Sopperisce a gambe pesanti e fiato corto con feroce determinazione e applicazione tattica.

Lobotka: 6,5

Una certezza, nel compiere le scelte più difficili, facendole apparire però estremamente facili. Con lucida freddezza, prende per mano la squadra. Affronta il pressing della Roma con un approccio prudente, funzionale tuttavia ad invitare l’avversario ad avanzare. E stancarlo con il giropalla. Quando Mourinho dà la sensazione di aver capito i pattern di gioco dello slovacco, evitando di alzare la pressione, il pivote azzurro cambia spartito. E verticalizza.

Zielinski: 7

Tuttocampista dinamico. Nel sistema codificato del Napoli, in cui l’ampiezza viene garantita a sinistra dalla catena composta da terzino ed esterno, si muove moltissimo in quella porzione di campo: il mezzo spazio di sinistra. Là il polacco diventa incisivo, sfruttando in maniera micidiale le abilità tecniche nelle sue innumerevoli sfaccettature, per andare in conduzione, ricevere tra le linee o basso vicino ai colleghi di reparto. L’assist servito a Simeone è un cioccolatino succoso, da scartare con freddezza e gratitudine.

(dal 90’ Ndombele: s.v)

Entra per dare sostanza alla mediana nel recupero.

Lozano: 6

Abituato a giocare in velocità e decidere in poche frazioni di secondo come comportarsi in transizione, sembra portarsi sulle spalle le infinite contraddizioni legate al suo stile di gioco, elettrico e (solo…) apparentemente inconcludente. Del resto, Spinazzola è un cliente da prendere con le molle. Il messicano talvolta lo supera, spostando il pallone e andando in progressione. In altre circostanze palesa affanni in copertura, poiché il laterale di Mourinho ha gamba e va in profondità. La sgasata (44’) con cui sfugge al dirimpettaio, crossando per la testa di Osimhen, produce dosi massicce di autostima. L’ingresso del Faraone gli suggerisce maggiori attenzioni in fase di non possesso.  Poteva sicuramente concludere diversamente quella ripartenza in sovrannumero: il 3 vs 2 forse andava finalizzato meglio del tiro su cui Rui Patricio si allunga in tuffo. Dorme colpevolmente su El Shaarawy, che pareggia. Troppo pigro e poco reattivo nel reagire al taglio backdoor.

(dal 76’ Raspadori: s.v.)

Sfiora il 3-1, raccattando il pallone dall’immondizia con estrema risolutezza.

Osimhen: 7,5

Centravanti devastante, quando può progredire in campo aperto. Ma ingiocabile anche prendendo posizione in area di rigore, con l’azione che si sviluppa sulle fasce. Ruba la scena e le attenzioni di tutti, segnando proprio così l’1-0. Consapevole di non poterla impattare di testa, addomestica la palla: petto, coscia e collo piede all’incrocio dei pali. Canta e porta la croce, mettendola sul piano fisico al cospetto di un roccioso Smalling, senza alcun timore di fare a sportellate o contendere i “rimbalzi”. Ci rimette la mano e pure un cartellino giallo. Sfiora la traversa, girando di testa un insidioso tracciante di Lozano.

(dal 76’ Simeone: 7)

Più che il voto, è il giudizio complessivo sulla prestazione a generare applausi a scena aperta. Al netto del gol bellissimo e pesantissimo, El Cholito si piazza là davanti e fa reparto da solo. Da manuale del perfetto bomber, la preparazione del 2-1. Riceve spalle alla porta – una delle sue innegabili specialità – e si smarca con una finta, che manda al bar il difensore. Lo smarcamento gli lascia inevitabilmente spazi vitali, perché crea separazione da Smalling ed al contempo gli consente di proteggere l’attrezzo con il corpo. Una volta girato, calcia in maniera naturale con il piede non dominante.

Kvaratskhelia: 6,5

Utopico soltanto immaginare di disinnescarlo, le volte che si isola e parte palla al piede. Dribbling e finte sono gli stratagemmi necessari a mettersi nella condizione di puntare Zalewski, esaltandosi poi in campo aperto. Il classico stop and go, che gli consente di districarsi nello stretto. Diversi potenziali pericoli sono arrivati al culmine di una sterzata o una frenata. A cominciare dal tiro con cui chiama in causa Rui Patricio all’alba del match. Continuando con la pennellata morbida che stimola Osimhen alla conclusione per il vantaggio.  L’errore marchiano sullo stop, a pochi metri da Rui Patricio, è sicuramente fuori dal suo repertorio.

(dal 68’ Elmas: s.v.)

Prima o dopo lo vedremo anche con i guanti da portiere. Sarà un caso, ma ovunque lo metti, fa il suo: un po’ gregario, tanto attore non protagonista. Una sorta di caratterista, che interpreta personaggi sempre singolari, mettendo in ciascuna scena un pizzico della sua qualità, un tantino del suo talento. E una innegabile intelligenza calcistica.  

Allenatore Spalletti: 7

Il tecnico toscano vuole continuare a infondere fiducia nei suoi uomini, abituandoli a lavorare sulla scorta del solito contesto tecnico-tattico, che permette al Napoli di esaltarsi controllando il pallone. E così, gestendo il ritmo della partita. Modulando l’intensità di possesso e verticalizzazioni, la squadra partenopea decide quando rallentare e quando accelerare. Una situazione che una bella Roma non ha facilitato, perché chiudeva bene gli spazi, ripartendo con gambe toniche e qualità nel fraseggio. Ma Spalletti ha dato fondamenta solide agli azzurri, sempre più consapevoli della loro forza. Nonché, della bontà delle idee dell’allenatore di Certaldo.

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