Meret: 5

Per sua stessa essenza, chi indossa i guanti è un uomo solo. Niente dunque come il portiere mette a nudo l’arcobaleno di emozioni che un calciatore si porta dentro di sé. Sentimenti contrastanti hanno animato la domenica dell’Airone. Gioia al fischio finale per la conquista dei tre punti, e pena per la svista sul tiraccio da distanza siderale di Barrow, che lo sorprende clamorosamente. Poteva andare pure peggio, con un passaggio rasoterra pigro, vicino all’intercetto ed una uscita a vuoto su calcio d’angolo, da gelare il sangue nelle vene. A nessuno, però, adesso venga in mente di metterne in discussione la titolarità, rispolverando pregiudizi e luoghi comuni sventolati come un mantra questa estate.

Di Lorenzo: 6

Quando si alza in sovrapposizione all’esterno offensivo, netta è la sensazione che stia tendendo una imboscata al dirimpettaio, piuttosto che limitarsi a fare il compitino. Porta via da Politano la copertura di Barrow, offrendosi in ampiezza per mettersi in proprio e dar vita ad una carrellata di giocate veramente interessanti. Tipo ricevere una linea di passaggio sicura, arrivare sul fondo e crossare. Ingiusto, tuttavia, guardare solamente all’aspetto propositivo del Capitano, in grado di incidere sul contesto in maniera eloquente, per come interpreta le varie situazioni difensive. Unico neo, come legge lo sviluppo dell’azione che determina poi lo 0-1.  

Kim: 6,5

Il linguaggio del corpo racconta di feroce determinazione e giusta dose di cattiveria agonistica. Le volte in cui Zirkzee si ritrova il pallone tra i piedi negli ultimi sedici metri e tenta di produrre qualcosa di potenzialmente pericoloso, viene immediatamente aggredito dal coreano, mai passivo nell’atteggiamento tenuto nei confronti dell’attaccante della Under 21 olandese, nelle circostanze in cui si propone all’interno del suo spazio vitale. Puntuale, lo ostacola col contatto fisico, stroncandone le velleità sulle palle lunghe.

Juan Jesus: 6,5

Vince la lotta contro Zirkzee, un cliente tutt’altro che abbordabile, per il controllo dello spazio centrale, gli si piazza addosso in marcatura preventiva, che è la base del mestiere del difensore, evitando che possa girarsi comodamente al limite dell’area di rigore, come se avesse una sorta di precognizione di quello che avrebbe fatto il numero undici bolognese una volta frapposto il copro tra il difensore e la sfera. Rompe la linea, consapevole di quanto possa risultare rischioso non seguirne gli smarcamenti lontani dalla zona rossa. Sia lui che Kim se lo perdono colpevolmente in occasione del vantaggio. Ma lo smarcamento dietro la difesa azzurra di Zirkzee è comunque notevole.

Mario Rui: 6

Grande fluidità con cui si cala nei diversi contesti del match, ricorrendo a strategie diverse. La superiorità numerica con cui Kim e Juan Jesus controllano l’unica punta schierata da Thiago Motta gli concede ampia libertà, consentendogli di collaborare alla costruzione della manovra. Quindi, si posiziona ad altezze intermedie rispetto a Ndombele, pronto a stringere e consolidare il mantenimento o scattare con reattività, mentre Kvaratskhelia attira internamente Posch. Centra in pieno la traversa con un tracciante che avrebbe meritato ben altra fortuna.

(dal 76’ Olivera: s.v.)

Entra nel convulso finale e fa il suo, senza timori reverenziali, mette fisico e piedino in ogni azione si svolga dalla sua parte.

Ndombele: 6

Palleggia con geometria, senza forzare in alcun modo il passaggio. Sa essere prezioso anche in un contesto tattico che gli suggerisce di aspettare che Dominguez lo fronteggi, provando a sottrargli il pallone. La pressione è l’input per giocargli dietro, imbucando verso Raspadori o Kvaratskhelia. E se il Bologna si compattava, creando densità, in assenza di sbocchi, il francese di origini congolesi provava a giocare lungo, attivando le incursioni della catena di destra del Napoli. Cala alla distanza, ma con la giustificazione di aver macinato centinai di metri.

(dal 70’ Elmas: s.v.)

Appare un tantino svagato, avulso dal gioco. Forse la polemica nata da un suo post ne ha minato la tranquillità.

Lobotka: 6,5

Resti bloccato, scivolando vicino ai centrali, così da mettersi in condizione di ricevere e ispirare. Lecito, guardandolo destreggiarsi là in mezzo, immaginare fino a dove potrà spingersi il calcio cerebrale espresso dallo slovacco. Che domina il gioco sul corto, da pivote che rimane arretrato, si avvicina alla zona palla e accetta la responsabilità di farla progredire, controllandone flussi e intensità come soltanto i Top Player sanno fare. Ovvero, con una tranquillità disarmante. Associata a una pulizia essenziale nel capire i movimenti dei compagni.

(dal 81’ Demme: s.v.)

Subentra ad un esausto Lobotka e si piazza nel centro con personalità e voglia di imporsi. Nelle rotazioni dei centrocampisti adesso bisognerà fare i conti anche con il tedesco.

Zielinski: 6,5

Mette le tende nella trequarti felsinea e lavora alle spalle il terzetto di offensive players bolognesi, strappando in avanti con la solita conduzione in progressione, a tratti stordente. Oppure sottraendosi al pressing di Aebisher, aiutato nel raddoppio da Medel, che salta in ristretti fazzoletti di campo, manco fosse l’indiavolato Gargamella dinanzi ai Puffi. Il polacco è capace di qualsiasi cosa: combinazioni qualitativamente superiori alla media e piccoli gesti che magari passano sottotraccia. Nondimeno, risultano imprescindibili nell’economia di una partita. Spacca l’incrocio al culmine di un’azione tambureggiante.  

Politano: 6,5

Un esterno che esprime armonia nella corsa, e riconcilia con gli aspetti essenziali che caratterizzano il ruolo. Disegna tracce nient’affatto scontate, muovendosi sul breve a supporto della risalita dal basso. Efficace come “Lo Scuro” con la stecca da biliardo quando poi rientra sul piede dominante per rubare il tempo a Cambiaso e ritrovarsi fronte alla porta. Ovviamente, il laterale mancino degli ospiti non ha nessuna idea di cosa fare per disinnescarlo. All’intervallo resta negli spogliatoio, non per demeriti, bensì perché Spalletti vuole modificare la strategia per stanare il Bologna.

(dal 46’ Lozano: 7)

Assieme accecante e risolutivo, oltre che decisivo per come si prende la scena in fascia, uscendo dalla panchina, tipo “sesto uomo” da NBA. Sempre poco armonioso sotto la linea della palla. Non a caso, i principali pericoli potenziali prodotti dai rossoblù arrivano dalla sua parte, con il Bologna che tenta di esplorare il taglio dietro la linea difensiva azzurra da sinistra. Però è incantevole come trasforma palle vaganti e passaggi anonimi in guizzi abbaglianti, che permettono al Napoli ribaltamenti istantanei e rapide transizioni. In definitiva, fa gol e un altro se lo divora. Ma spacca in due il match.  

Raspadori: 5,5

A giudicarlo esclusivamente per le conclusioni nello specchio della porta gli si fa quasi un torto, una diminuzione dell’apporto alla fase offensiva, lì dove potrebbe invece essere il modo più naturale per giudicarne la prestazione. Chiaramente, se il piano gara pensato dall’allenatore gli impone di giocare lontano da Skorupski, deve inventarsi altro per risultare decisivo. Ammirevole nel sacrificarsi e cucire il gioco. In ogni caso, riesce a concludere un paio di volte, senza però pungere più di tanto.

(dal 46’ Osimhen: 7)

Incantevole come abbia impattato sulla ripresa,  travolgendo tutto e tutti con la sua vitalità. Una forza della natura, immarcabile da chiunque abbia tentato di arginarne la feroce progressione negli spazi. Quando palesa abbondanti porzioni del suo calcio preferito, quello diretto e verticale, è semplicemente ingiocabile.

Kvaratskhelia: 7

L’uno contro uno sembra un esercizio coreografico eseguito da un abile ballerino di talento, con quelle sterzate raffinate, talvolta apparentemente senza senso. Eppure esteticamente raffinate, oltre che appaganti nel lasciare puntualmente sul posto l’avversario. Insomma, il georgiano è l’equivalente calcistico di un videogame, pensato da un nerd con la passione ossessiva del dribbling, che porta a compimento l’ideale fusione tra estetica e funzionalità del gesto tecnico.

Allenatore Spalletti 7

Le partite si possono vincere in tanti modi. Lui la cambia con i cambi. Ma la squadra partenopea, al di là delle situazioni sfavorevoli da cui sono maturati i due gol subiti, è apparsa comunque in assoluto controllo, con e senza il pallone, modulando a suo piacimento il ritmo del possesso. Ecco cosa significa manipolare l’avversario di turno per l’uomo di Certaldo, che snida letteralmente le squadre arroccate sottopalla, sviluppando due soluzioni complementari. Quella tradizionale, fondata sul continui passaggi avanti-dietro-dentro, che ingolosisce la controparte, stimolandola a cacciare l’attrezzo, fino ad attirarne in avanti la pressione. Classico rondo – o se preferite “torello” -, gestito da piedi educati e cervello fino, che mettono in mezzo il Bologna. Altrimenti, c’è sempre la via del ribaltamento del fronte, funzionale ad esplorare il lato debole e l’inserimento del terzino opposto alla palla. 

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