Meret: 6,5

Mentre i compagni dormono sulla prima accelerazione di Lookman in campo aperto, l’Airone resta sveglio e strozza in gola ad Hojlund l’urlo del gol mancato con un super intervento, frutto di reattività e piazzamento. Con prontezza, si ripete su Maehle, che calcia a colpo sicuro dopo una cavalcata imperiosa. Sul tiro dalla distanza di Malinovs’kyj, il riflesso è quello giusto.

Di Lorenzo: 6

Gli tocca curare Lookman, un brutto cliente, da prendere decisamente con le molle. I cambi di passo dell’attaccante inglese suggeriscono al Capitano di limitare la proverbiale spinta offensiva, privilegiando mansioni maggiormente conservative. Tuttavia, il contribuito attentivo su “l’uomo che guarda” non è venuto meno. 

Kim: 7

Il coreano ha tenuto lucidamente la retroguardia, senza fronzoli o inutili barocchismi. Palla lunga e pedalare, spesso spazzata in tribuna, onde consentire alla squadra di riorganizzarsi. Specialmente nelle occasioni in cui rompe l’allineamento e accorcia in avanti su Hojlund. Quando gli tocca contrastare Lookman, ne asseconda la velocità. E annulla la profondità, sfruttando la marcatura preventiva.

Juan Jesus: 6,5

Con il primo movimento orientato Hojlund cerca di rubargli il tempo. Eppure il centrale brasiliano mostra di crederci, non stacca mai la spina e interrompe l’efficacia del centravanti danese anticipandolo, sporcandogli le traiettorie con il corpo. Sostanzialmente, obbligandolo con esperienza e applicazione a girare a largo dall’area di rigore.  

Olivera: 7

Inganna gli avversari uscendo da porzioni di campo scomode, muoversi in modo efficace nello stretto, grazie alla frequenza di passo, abbinata a mancino forbito e vellutato. Che non gli impedisce di contrastare e ribaltare l’azione, da difensiva a offensiva, con conduzioni altamente qualitative,

Anguissa: 6,5

L’idea dell’Atalanta era non far giocare agli azzurri il match che preferiscono, cioè sviluppando il possesso, aggredendo le fonti del gioco ospite. In questo scenario, il camerunese non si abbassava in costruzione vicino a Lobotka. Anzi, con l’obiettivo di rendere oltremodo difficoltoso il lavoro ai centrocampisti di casa, ruotava, scambiandosi la posizione con Lozano. Situazione in grado di mettere in crisi le scalate predisposte da Gasperini. Anguissa conferma che una delle sue qualità principali è interpretare in maniera fluida il ruolo di mezz’ala completa. Che gestisce la situazione con piedi educati e letture intelligenti. Tali da permettergli di superare di slancio gli atalantini, in conduzione o associandosi con i compagni di reparto. Cala vistosamente nel finale.

(dal 92’ Gaetano: s.v.)

Entra per far rifiatare uno sfinito Anguissa.

Lobotka: 6,5

Gasperini gli incolla alle caviglie Pašalić con il compito preciso di non fargli ricevere la palla in completa libertà. Una prima pressione, funzionale a rallentarne l’immediata risalita dal basso, piuttosto che per recuperare il pallone. Il pivote partenopeo lavora in orizzontale, invece di forzare l’imbucata, in quanto la marcatura ad uomo predisposta ovunque da Gasperini rende impossibile la verticalizzazione. Ingabbiarlo, però, non è affatto facile. Perché con estrema naturalezza, si prende comunque qualche rischio, pur di non rimanere in ombra, attraverso letture poco convenzionali. Infatti non gli manca la capacità di condurre palla da un lato all’altro, con l’uomo addosso.

Zielinski: 6,5

Per indole e caratteristiche tecniche, è adatto a trovarsi gli spazi dove smarcarsi, eludendo l’atteggiamento asfissiante pensato dall’allenatore dei bergamaschi. Magari defilandosi anche in zone meno centrali rispetto alla linea di pressing portato dai centrocampisti nerazzurri, che tenta di disinnescare andando alle spalle di Koopmeiners. Un lavoro oscuro ne sottolinea la bontà della prestazione.

(dal 63’ Ndombele: 6)

Regge con la freschezza all’alta intensità imposta dagli orobici pure nelle ripresa. Ma non gli difettano muscoli e presenza fisica per battagliare.

Lozano: 5,5

Al netto di un paio di spunti in velocità, sembra accontentarsi di dare sfogo ai suoi uno contro uno sull’esterno. Soluzione talvolta estemporanea, poiché Scalvini ne assorbe strappi e accelerazioni. A parte qualche squillo, dunque, la sua partita rimane tendenzialmente bloccata.

(dal 63’ Politano: 6)

Esce dalla panchina con l’intenzione di cambiare l’inerzia, isolandosi in fascia per giocarsi il dribbling. Raddoppiato, se non addirittura triplicato, incide poco offensivamente. In ogni caso, si fa il mazzo sottopalla.

Osimhen: 7

Gode di uno spazio che si crea con intelligenza, andando prepotentemente su di testa, per impattare la pennellata del pareggio su schema d’angolo. Caparbio, vince il duello a sportellate e lascia Demiral letteralmente sul posto. Quindi accantona il classico egoismo del centravanti, a pochi passi dalla porta, servendo Elmas meglio piazzato. Consapevole che non sempre si può giocare con la leggerezza di chi sbrana la profondità, alla stregua del ghepardo affamato, si dedica a sfiancare la retroguardia nerazzurra con un lavoro tattico oscuro e imprescindibile.

(dal 74’ Simeone: s.v.)

Mastica il possibile 1-3, strozzando la conclusione. Nondimeno, tiene palla con l’evidente intenzione di consentire alla squadra di salire e rifiatare.

Elmas: 7

Tipica risorsa che qualsiasi allenatore preferisce avere in organico: silenzioso e faticatore. Mezz’ala di concetto, ideale per rispondere alle molteplici richieste di Spalletti. Che chiede al macedone di calarsi nel sistema, abbassandosi a copertura della fascia mancina,  favorendo così l’ampiezza di Olivera. Legge la giocata di Osimhen e lo segue, accentrandosi, per smarcarsi poi immediatamente fuori linea: stop orientato e cagliosa del raddoppio sono da applausi a scena aperta. Manifesta di avere energie da spendere nel finale, con un assolo condito da assist per Simeone, che spreca malamente. Probabilmente ha giocato una delle sue migliori partite in maglia Napoli.  

(dal 92’ Zerbin: s.v.)

Garbage time e nient’altro

Allenatore Spalletti: 6,5

L’uomo di Certaldo torna da Bergamo con una certezza granitica: il livello di maturità raggiunto dal gruppo è davvero impressionante. Non solo quando tutto gira a meraviglia. Il Napoli attuale palesa solidità. Inoltre, impara dagli errori. E Anfield ha veicolato un insegnamento positivo da portare a casa: affrontare con leggerezza, senza concedersi battute a vuoto e cali di concentrazione, gare di alto livello come quella di stasera. Quando l’Atalanta ha alzato il ritmo, provando a schiacciare gli azzurri nella loro metà campo, la squadra non s’è disunita. Anzi, ha continuato a girare palla, per creare spazi intasati dall’aggressività nerazzurra. Non contando affannosamente i minuti che mancavano al fischi finale, bensì gestendo il cronometro con sagacia.

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