Il pareggio di Firenze aveva fatto immaginare un passo indietro rispetto alle rotonde vittorie con Verona e Monza. Insomma, si pensava a chissà quali difficoltà fossero insite nel calcio prodotto dal Napoli, tali da tenerlo a distanza dal trio composto dalle milanesi e dalla Roma. Purtroppo la gara con il Lecce ha alimentato il pessimismo che aleggiava sul Maradona Stadium.

Sbagliato gettare la croce addosso degli ultimi arrivati. Perchè, al netto di strategie sicuramente discutibili, il gruppo comunque sembra granitico, in grado di abbinare il pragmatismo all’estetica.

Non difettando feroce determinazione e indubbie qualità tecniche, probabilmente le scelte iniziali, associate alle errate letture del “manico”, in questo momento, pregiudicano una squadra che ancora non ha palesato tutte le sue potenzialità.

Meret: 6,5

Con il mercato che incombe sulla sua titolarità, per l’Airone prepararsi alla partita deve essere una specie di incubo. Invece svolge l’ordinaria amministrazione con sicurezza. Si esalta sul rigore, andando giù rapidissimo, a deviare il pallone incrociato da Colombo. Francamente impossibile arrivare sul tracciate scagliato dall’attaccante del Lecce, che va a morire là dove il portiere friulano si protende vanamente in tuffo. Una piccola indecisione su un cross innocuo, sul finire del tempo, non ne pregiudica il prosieguo dell’incontro.

Di Lorenzo: 6

Raramente s’è visto così in difficoltà. Gli tocca controllare Banda, un cliente certamente sgradevole. Lo zambiano gli sfugge da tutte le parti, lasciandolo sul posto con disarmante puntualità. Meglio, dunque, in fase di spinta. Imprescindibile per garantire ampiezza alla manovra, percepisce quanto possa essere prezioso, lavorando in coppia con Politano (e poi Lozano), sovraccaricando il lato destro. Senza, però, cavare nulla di positivo.

Ostigard: 5,5

Roccioso in marcatura. Una presenza fisica tale da incutere timore negli avanti giallorossi. A pregiudicarne la sufficienza completa l’amnesia che determina il pareggio del Lecce: troppo lo spazio concesso a Colombo. L’unica occasione in cui temporeggia piuttosto che “cacciare” la palla.

Kim: 5,5

Lo stesso discorso vale per il coreano. Se davvero vuole diventare un leader emotivamente credibile, certi passaggi a vuoto vanno necessariamente accantonati.

Olivera: 6

Si presenta con una pallaccia; un passaggio in orizzontale, dall’esterno all’interno, che poteva rivelarsi sanguinoso. Poi cambia registro, interpretando il ruolo alla maniera tipica dei laterali sudamericani. Corsa fluida e conduzione accattivante, si alza tantissimo, proponendosi costantemente nella metà campo altrui. Sfacciato nell’uno contro uno, confeziona cross che avrebbero meritato epilogo diverso. Unica pecca, talvolta stringe la posizione, venendo dentro al campo, perdendo palla nella densità centrale creata dai salentini

Anguissa: 6,5

Era apparso evidente sin dalla prima uscita stagionale che, complice lo spazio lasciato da Fabiàn Ruiz, volesse calarsi con rinnovata personalità al centro del nuovo progetto tattico. Se la mediana azzurra riesce a rovesciare continuamente il triangolo di costruzione, passando dal 4-2-3-1 al 4-3-3 e viceversa, senza che i tasselli del mosaico si sgretolino, confondendo le idee alla coppia di metodisti, grande merito va ascritto alla padronanza del camerunese.  

(dal 85’ Simeone: s.v.)

Partecipa al forcing finale, senza beccarla mai.

Ndombele: 5

C’è qualcuno che aveva rinfacciato alla società di aver preso il classico giocatore altrove in sovrannumero, non pronto a dare immediatamente il suo contributo. Non difetta in dinamismo. Inoltre gestisce l’attrezzo con intelligenza, rischi pochi e trasmissione soltanto in sicurezza, sul breve. Nondimeno, cala vistosamente e progressivamente alla distanza.

(dal 46’ Lobotka: 6)

Per lo slovacco si sono scomodati illustri paragoni. Effettivamente, entra lui e la squadra “mangia” il campo, conquistando terreno. Grazie pure all’intensità che impone al possesso, fino al suo ingresso abbastanza monocorde e sotto ritmo  

Politano: 6,5

Semina leccesi sia sul binario di competenza, che le volte in cui si accentra e calcia. Pericoloso in un paio di circostanze, tenta di scalfire la sensazione di assoluta sterilità manifestata da un giropalla perimetrale condotto con colpevole pigrizia. Almeno nella prima frazione di gioco.

(dal 70’ Lozano: s.v.)

Difficile immaginare che possa essere sempre la soluzione a tutti i problemi di sterilità offensiva. Lui ci mette del suo, con un paio di interpretazioni confuse e tiri sconclusionati.

Raspadori: 5

Spalletti lo imprigiona in un limbo. Deve abbassarsi per cucire il gioco, ma lo fa esclusivamente spalle alla porta. Scivola fuori dalla partita, sbattendosi senza costrutto, da trequartista o sottopunta. Un po’ tutto e un po’ niente.

(dal 46’ Zielinski: 5,5)

Tarda a trovare la giusta posizione in campo. Gli manca il colpo di genio per raccogliere le macerie generate da scelte cervellotiche altrui.   

Elmas: 6,5

I giocatori ideali per qualsiasi allenatore esistono e generalmente hanno le sembianze tipo il macedone. Sa fare tutto benino. Un giudizio che comincia a sentire con insistenza. Una sorta di paradosso, che lo racchiude in una bolla, per cui sa essere martellante, ed al contempo, tremendamente normale nell’accantonare l’egocentrismo, in funzione dell’utilità collettiva.

(dal 55’ Kvaratskhelia: 5,5)

Che sia un talento nessuno lo mette in dubbio. Tantomeno si discute l’abilità nel puntare il dirimpettaio. Ma a questi livelli, i fondamentali individuali devono sposarsi con un’indole associativa. Altrimenti rischia di trasformarsi nella brutta copia di Ounas, con la necessità di utilizzare due palloni: uno per lui, l’altro per la squadra.

Osimhen: 5

Lo straordinario rendimento quando gli concedono spazi da sbranare, attaccando la profondità, è inversamente proporzionale a quello che produce quando gli viene chiesto di fare il centravanti posizionale. Deve sgrezzarsi, se veramente Spalletti pretende che si comporti alla stregua della boa, idoneo a stoppare il pallone e consentire ai compagni di accorciare velocemente nella trequarti avversaria.

Allenatore Spalletti: 5

Apparentemente incomprensibile la volontà dell’uomo di Certaldo. All’orizzonte della serata si addensavano nuvole di pessimismo per aver stravolto quasi interamente la formazione che stava cominciando a conoscersi, e cambiato sistema di gioco. La volontà di mettere alla prova le gambe dei nuovi acquisti non s’è rivelata affatto azzeccata. Anzi, l’occasione di presentarsi al pubblico di Fuorigrotta è andata sprecata. Per l’ennesima volta durante il suo mandato, pasticcia con i cambi ed il Napoli tradisce in casa le aspettative che aveva creato nei suoi tifosi.

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