Mio padre ha sempre amato il teatro, passione che ha trasmesso ai suoi due figli. Anche se è un ingegnere, categoria professionale notoriamente di poche parole, vedi sublime descrizione di Luciano De Crescenso, mi ha raccontato che, da giovane, ha potuto ammirare i grandi artisti esibirsi sui palcoscenici dei teatri di Napoli. Spesso alcuni di loro, in particolare il grande Eduardo, dopo lo spettacolo si intrattenevano con il pubblico, dando vita ad una sorta di terzo tempo artistico. L’improvvisata era addirittura “superiore” alla performance ufficiale.

Un’esperienza del tutto simile l’hanno vissuta i tifosi e gli addetti ai lavori che negli anni passati hanno frequentato il centro sportivo Paradiso di Soccavo, soprattutto nel periodo in cui sgambettava un certo Diego Armando Maradona. Perché a sentire i numerosi racconti, se Diego la domenica incantava con magie mirabolanti, durante gli allenamenti le moltiplicava.

No Men’s Land

Da oltre tre lustri, purtroppo, lo storico centro sportivo degli Azzurri è chiuso e versa in uno stato di abbandono mortificante. Potrebbero girare il seguito di Io sono leggenda senza dover spendere un dollaro per le scenografie o gli effetti speciali. Un autentico strazio al cuore. La prematura e dolorosa morte del Pibe de Oro ha riportato alla cronaca l’annosa questione del recupero del centro Paradiso (divenuto, al pari dello stadio San Paolo, immediatamente meta di pellegrinaggio da parte di tifosi ed ex compagni di squadra).

Più facile a dirsi che a realizzarsi, vista la situazione particolarmente intrigata (e confusa) relativa alla proprietà della struttura. Ma procediamo con ordine. Innanzitutto è doveroso ricordare che il centro Paradiso non è rientrato nel fallimento della SSC Napoli del 2004, anche per questo motivo non è stato acquistato dall’attuale presidente Aurelio De Laurentis. Il primo passo sarebbe scoprire – finalmente – chi siano gli attuali proprietari, perché tra cessioni (la prima fu proprio ad opera di Corrado Ferlaino in favore della SSC Napoli), mutui, mancati riscatti, leasing e insolvenze varie, pare che siano interessate quattro società (due di Brescia, una di Roma e una di Napoli), oltre ad alcuni istituti di credito. In aggiunta, andrebbe risolto un contenzioso tra lo stesso Ferlaino e Giorgio Corbelli, presidente del Napoli dal 2000 al 2002.

Questioni senza dubbio spinose, ma risolvibili. Alla fine servono principalmente tre fattori: la volontà di venire a capo del problema, un buon avvocato fallimentare e il giusto assegno. Lasciare il Centro in questo progressivo stato di degrado non è soltanto una ferita sanguinante, ma una piaga sociale (attualmente il terreno è un ricettacolo per topi e spacciatori).

Una casa per le giovani promesse

Una volta acquistato, il centro sportivo andrebbe ristrutturato (radicalmente!) e riqualificato in modo funzionale e innovativo. Nessuna cattedrale nel deserto (in Italia abbondano e non sentiamo l’esigenza di aggiungerne un’altra), ma un piccolo punto di riferimento sportivo e sociale. Dato lo spazio a disposizione, appare evidente che si possa realizzare soltanto un terreno di gioco regolamentare.

È impensabile, quindi, che il neo centro Paradiso diventi la sede della prima squadra, anche perché AurelioDe Laurentis, fin da subito, ha preferito portare il suo Napoli ben lontano dalla città. Più plausibile (e utile) vederlo utilizzato come la casa della squadra Primavera che da anni è costretta a girovagare per la Provincia. Discorso totalmente diverso per quanto riguarda le strutture come la foresteria, una palestra, gli spogliatoi, un piccolo ufficio e una sala conferenza polifunzionale. Lo spazio c’è (potenzialmente anche sotto le tribunette), si tratta di capire se sia più conveniente ristrutturare quelle esistenti (fatiscenti) o costruirle ex novo.

Personalmente, ritengo che sarebbe particolarmente evocativo dedicare, finalmente, uno spazio al Museo Maradona della famiglia Vignati.

Napoli è mille colori

Fin qui nulla di nuovo. Detta così il centro sportivo Paradiso non sarebbe altro che l’ennesimo campo di pallone con annessi e connessi. L’idea, invece, è di trasformarlo in un piccolo punto di riferimento, oso scrivere culturale, con un ricco calendario di incontri. Diciamo uno a settimana, con ospiti provenienti dal mondo della musica, cinema, teatro, arte, letteratura, giornalismo, senza dimenticare di chi si impegna nel sociale.

Che bello sarebbe vedere, settimanalmente, le vecchie glorie del passato (Brusolotti, Giordano, Krol, ecc.) palleggiare e chiacchierare con gli Azzurrini. Immaginate che carica darebbero ai ragazzi, e quanti insegnamenti. E forse anche i nostri campioni qualche emozione la proverebbero.

Ma non mi fermo, perché inviterei calciatori di altre squadre (primo tra tutti Francesco Totti) o atleti di altre discipline, da Adriano Panatta a Federica Pellegrini, da Oscar a Sara Simeoni, da Valentina Vezzali a Lorenzo Bernardi, passando per Jury Cechi e Franco Porzio. In attesa di riabbracciare l’immenso Alex Zanardi. Sono solo alcuni esempi, perché l’invito sarebbe aperto a tutti gli sportivi che avrebbero voglia di raccontarsi e trasmettere la loro esperienza ai ragazzi. Ma ho osato scrivere la parola cultura, perché la tanto bistrattata Napoli ha un immenso (e invidiabile) patrimonio di tifosi celebri che spazia dal premio Oscar Paolo Sorrentino al musicista britannico Robert Del Naja.

Ma anche qui l’elenco è lungo e variegato: ascoltare Marisa Laurito o Silvio Orlando raccontare il loro rapporto con la squadra del cuore sarebbe uno spettacolo nello spettacolo. Insomma, la sala conferenze non vedrebbe solo l’allenatore spiegare ai ragazzi tattica e sistemi di gioco, ma anche mostre fotografiche, presentazioni di libri (pare assurdo ma Napoli se ne scrivono, e non solo di calcio) e, non ultimo, incontri con i giornalisti.

Magari in futuro, anche grazie ad una narrazione più onesta, non avremo i Dybala che crollano rovinosamente a terra quando incrociano una corrente d’aria fredda.

Another Day in Paradise

Queste sono le mie idee, le mie umili proposte. Magari non sono sfavillanti come quelle alla base degli sterminati centri sportivi delle squadre inglesi (che necessitano di ingenti investimenti), ma sono oneste, fattibili e soprattutto fortemente identitarie (tra tradizione e innovazione). Fin dal suo insediamento, il presidente Aurelio De Laurentis ha scelto di portare il suo Napoli lontano dal capoluogo per tenerlo al riparo da pericolose contaminazioni sociali. Ha fatto bene. La sua gestione aziendale è un straordinario esempio di equilibrio finanziario ed etica sportiva (che poi nel calcio italiano questo non conti, anzi, è un’altra storia).

Poco, troppo poco, si è fatto per conservare (e rafforzare) la memoria storica del Calcio Napoli. Con l’operazione centro Paradiso Aurelio De Laurentis sanerebbe una dolorosa ferita, e lascerebbe un segno indelebile del suo operato. Se non è interessato, lo dichiari apertamente, ma lui ha le capacità per realizzare questa impresa. In caso contrario, la città dimostri che l’amore per gli Azzurri si manifesta non solo in chiacchiere.

Pare che il Napoli abbia oltre ottanta milioni di supporter sparsi in giro per il mondo. Il numero, tra l’altro, cresce di dichiarazione in dichiarazione (e potrebbe addirittura essere sottostimato). È una splendida notizia (specie in funzione di succosi futuri dritti televisivi). Per quanto mi riguarda che sia De Laurentis,o un altro soggetto, apprezzerei molto che qualcuno pensasse anche ai pochi tifosi locali e (ri)desse una casa al Napoli. Il Paradiso mi sembra un ottima prospettiva.