Un’unica esigenza, tante soluzioni. Il Napoli ha prearato il match contro il Lecce consapevole di non poter assolutamente sottovalutare l’impegno odierno. Ed al contempo, gestire le forze in vista del tour de force previsto dal calendario: tre grandi sfide, con Milan, Atalanta e Inter in tredici giorni, prima della nuova sosta. Si comincia martedì a San Siro coi rossoneri. Cosa ci può essere dunque di più intrigante? Il fatto che la situazione di classifica non ammetta alcuna distrazione, un passo falso e gli azzurri rischiano di essere ripresi dalle inseguitrici. Significativo che il futuro rimanga sullo sfondo e si pensi innanzitutto ai salentini. Perché conquistare i tre punti segna il confine tra felicità e delusione. Vediamo allora com’è andata…
Meret: 6,5
Si è dovuto fermare nel suo momento migliore. Al rientro dall’infortunio consente al Napoli di rimanere in vita volando a disinnescare la capocciata di Baschirotto. Poi ordinaria amministrazione. E qualche uscita a ripulire l’area piccola.
Di Lorenzo: 7
Risale il campo con la consueta precisione chirurgica. E quando il Napoli muove la palla con qualità, liberando lo spazio interno, trova il corridoio giusto. Spunta alle spalle dei difensori e sblocca una gara scorbutica con un rabbioso tap-in. Urge non dimenticare che nelle more degli equilibri tattici tiene a bada Banda.
Rrahmani: 6
Un attaccante non può dirsi mai a suo agio se finisce nel radar del kosovaro. Quando è concentrato, Amir non concede spazi. E ferma Krstovic con personalità, lasciandogli le briciole. Sbattendo un portone in faccia a tutte le sue velleità offensive. Non contento, una volta anticipato, sgasa per impostare la manovra. In definitiva, contribuisce a mantenere la stabilità in fase difensiva.
Buongiorno: 7
Che avesse margini di sicurezza quasi sovraumani era noto. Adesso aggiunge doti da sgobbone, difensivamente parlando, ovvero per indole portato a non tirarsi indietro – per via della stazza – se l’avversario intende fare a sportellate. Imbrigliare Krstovic, invece, poteva essere meno scontato. Un attaccante amante della verticalità, che usa bene il corpo. Ergo, si esalta quando l’ex capitano del Toro gli si appiccica alle caviglie. Un paio di diagonali a pochi metri da Meret sono provvidenziali
Olivera: 6
Rendimento come al solito contraddittorio. Talvolta sembra semplicemente non capire se deve andare lungo il binario con la palla o assumere un atteggiamento conservativo, teso a presidiare la zona di competenza. Perché Pierotti è portato naturalmente a leggere la situazione e comportarsi di conseguenza, lavorando in funzione degli smarcamenti da compiere. Là l’uruguagio pare poco reattivo. Non è colpa sua: evidenti i limiti strutturali. Non è velocissimo, tantomeno fisicamente dominante. Pur non essendo lento o leggero. Però dovrebbe azzardare e non accontentarsi della sufficienza.
Anguissa: 6,5
Centrocampista completo, veicola l’impressione di averla messa sul piano personale nel confronto con Rafia. In effetti, ha fatto una partita di intensità atletica impressionante. Conte è consapevole che basta affidarsi al camerunese per spaccare in due il centrocampo di Gotti. In effetti, Zambo si è caricato letteralmente i compagni sulle spalle, soprattutto nella ripresa: se Gilmour veniva messo in ombra, a seconda della disposizione del Lecce e di come pressava, si apriva lateralmente o si abbassava, favorendo una uscita pulita del pallone.
Gilmour: 6
L’urgenza di sostituire Lobotka, assieme al primo tempo di Empoli abbastanza timido, hanno generato un certo scetticismo. In tanti si chiedevano se fosse all’altezza delle aspettative. Essere pronto, cioè in grado di guidare la manovra, non è affatto una qualità banale. Avere il pallone tra i piedi gli permette di acquisire convinzione, dimostrando quantomeno di saper gestire le pressioni derivanti da un compito simile. Giusto riconoscere che al contempo i compagni si muovano meglio intorno a lui per ricevere lo scarico.
McTominay: 6,5
Si accende improvvisamente appena riceve il pallone sulla trequarti. Aggredisce la verticalità, a caccia dello spazio dietro Coulibaly, come un assetato cercherebbe una minerale appena uscita dal frigo. Quando si alza da punta, riduce la possibilità di assorbirne gli strappi. E se uno dei centrali rompeva la linea, aggredendo forte in avanti Lukaku, era l’ex Manchester Utd a rimpiazzare il belga in prima linea, obbligando Gaspar a giocarsi l’uno contro uno. Quando poi ha dovuto compensare l’uscita di Gilmour in mediana, consolida un mucchio di certezze relative alla sua consistenza, esprimendosi compiutamente in situazione di doppio pivote.
(dal 71‘ Raspadori: s.v.)
Sembra che con Conte sia entrato in una nuovo fase della sua carriera: oggi è un attaccante utile in tante piccole cose. Magari passano sottotraccia agli occhi di un osservatore superficiale.
Ngonge: 5,5
Appartiene a pieno titolo a quel gruppo ristretto di risorse che all’interno di una rosa devono esserci, perché non cambiano l’impegno, a prescindere se la prospettiva li vede partire dall’inizio oppure no. Ha voglia di proporsi in avanti e anche di imporre la giocata a Dorgu. Nondimeno, la sua energia ipercinetica a tratti non lo favorisce, manco lasciasse il pallone dietro di sé, quasi dimenticandosene. In ogni caso, nel primo tempo è l’unico che stimola Falcone a una doppia bella parata.
(dal 57’ Politano: 6)
E’ una delle anime della squadra partenopea. Parte e poi si accentra progressivamente palla al piede, mettendo in ansia il Lecce con la sua qualità nell’uno contro uno. Conduzioni e passaggi filtranti ne identificano l’importanza nel gioco di questo Napoli. D’altronde, una delle maggiori criticità emerse nel primo tempo riguardava la dimensione relativa all’ampiezza. Inevitabilmente riconquistata nella ripresa in virtù del suo ingresso.
Lukaku: 5,5
Su Big Rom si sta sviluppando una idea preconcetta: è un centravanti statico. Ragionevole pensare invece che Conte voglia utilizzarlo proprio così, in qualità di raccordo. Del resto, nella fase di possesso, aiuta moltissimo come strumento per risalire il campo. È una questione di contesto. Spinge in alto le difese, fermando la palla e proteggendola, al cospetto di Baschirotto che sul piano muscolare non si tira certamente indietro. Se gli capita un’occasione, è difficile che la manchi. Eppure oggi l’ha avuta nella ripresa, fallendola. Ma il lavoro oscuro che svolge su precise istanze dell’allenatore è importantissimo.
(dal 84‘ Folorunsho: s.v.)
Tiene sempre il campo con gran dignità, approfittando di ogni occasione per guadagnare minutaggio, manco fosse un uomo in missione, in cerca di momenti speciali con questa maglia addosso. Non deve stupire, dunque, la fiducia che gli concede Conte, abbondantemente conquistata con impegno, sudore e sacrificio nell’assalto convulso ordinato da Gotti nei minuti finali.
Neres: 5,5
Specialista degli ingressi a gara in corso, vale a dire nel momento in cui è in grado di sfruttare la stanchezza altrui coi cambi di rimo ed i dribbling avvolgenti. Un enigma, al contrario, se veramente era in grado di bilanciare l’anarchia tattica del suo calcio elettrico ed ipercinetico, rendendosi utile pure sottopalla. Lui coglie un po’ tutti di sorpresa, a cominciare da Pelmard, scovando spazi dove infilarsi là che non avrebbero dovuto esserci. Peccato che si accenda solo a tratti. Forse perché Conte gli chiede di stringere molto la posizione piuttosto di aprirsi in ampiezza.
(dal 71‘ Kvaratskhelia: 6)
Ormai non riusciamo a comprendere se a Dorgu tremino le gambe all’idea di contrastarlo, oppure sia il georgiano a esprimersi su standard tecnici superiori alla media, incutendo un innegabile timore reverenziale nell’avversario. C’è un senso di ineluttabilità quando ti punta. Ad alimentare questa narrazione ai limiti del mistico provvedono sterzate e finte di corpo ubriacanti, che gli aprono il campo nonostante i tentativi di raddoppio portati. Utile come un coltellino svizzero per sgasare e tenere palla nella baraonda finale.
Allenatore Conte: 6
Nella prima frazione di gioco non funziona la fluidità posizionale: il Lecce fa grande densità centrale, schierato sottopalla con un ermetico e compattissimo 4-1-4-1 ma il Napoli non va sugli esterni. Anzi, Neres e Ngonge si ostinano a venire dentro al campo pur andando a sbattere contro il muro giallorosso. Il Lecce chiude ogni spazio vitale, incardinato nella propria metà campo, obbligando il giropalla azzurro a ristagnare da una parte all’altra del campo, tipo hockey. Forse in questa situazione ci volevano gli inserimenti senza palla delle mezzali. Un po’ statiche e piatte nei primi 45’. I cambi permettono di individuare i correttivi da apportare in corso d’opera per sbrogliare la matassa salentina, comunque mai arrendevole. Sugli esterni ha volutamente cercato una rifinitura nient’affatto monocorde, grazie a uno sviluppo asimmetrico. A destra, attraverso l’interazione tra Di Lorenzo e Politano, mentre sul lato opposto c’era meno gioco in catena e più situazioni di uno contro uno.
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