Una meravigliosa exit strategy.
La consacrazione Eterna o il passo che ti brucia per sempre.
“Chi nun ten curagg non conosce belle Esperienze” dice, moderatamente, il detto antico.
Il Campione d’Italia che va a dirigere la Nazionale italiana. La cosa è così romantica che quasi stona.
Dalla campagna toscana direttamente a Coverciano.
Tutto gira intorno alla regione di Dante. Luciano Spalletti è il più serio candidato alla panchina lasciata libera da Roberto Mancini.
Sarebbe quel posto in cui nulla potrebbe considerarsi “mancanza”.
Della serie avevo promesso anno sabbatico e riposo ma la Nazionale è altro.
Una specie di chiamata alle armi che non ammette rifiuti.
Non c’è obiettore di coscienza che tenga.
Detto questo alcuni quesiti, per gioco, conviene porceli.
Luciano è allenatore da Nazionale? Gli allenatori di campo possono diventare C.T.?
Quelli che come Spalletti amano il rapporto viscerale e personale, quotidiano, possono far buona figura in Nazionale?
È un lavoro difficile e differente. Lo abbiamo capito in questi anni. Più che allenare calciatori, si tratta di “arredare” ambienti. Amalgamare uomini diversi, di ambienti differenti e farli coesistere.
Di più, il tutto, nei ritagli di tempo di una stagione stracolma di impegni e molto spesso con interpreti saturi, sazi e poco motivati.
Fatta eccezione per le manifestazioni finali, il lungo periodo di qualificazione, è stato in questi anni da più parti attaccato e vilipeso.
De Laurentiis è uno di quelli che mai ha fatto eccezione di critiche ed invettive.
Nel frattempo, Luciano ci pensa.
In bocca al lupo Mister.