Vanno in scena stati d’animo profondamente differenti al “Castellani”. Il Napoli deve cancellare il passo falso casalingo col Frosinone. Per i Campioni d’Italia tornare a vincere equivarrebbe ad alimentare la flebile speranza di conquistare un posto in Europa per il quindicesimo anno consecutivo. Sbarcare in una delle Coppe resta la condizione non negoziabile per considerare non del tutto fallimentare una stagione finora tremendamente complicata. L’Empoli, invece, reduce da ben cinque sconfitte nelle ultime sei gare di campionato, va a caccia di punti fondamentali in chiave salvezza. Ecco com’è andata…

Meret: 6

Le discussioni intorno al friulano si polarizzano tra chi continua a credere possa fare la differenza in un Top Club e chi pensa sia soltanto un buon portiere, in grado di tenere il campo in A, ma non a difesa dei pali di squadre ambiziosissime. Eppure ben altri azzurri meriterebbero la gogna, per rendimento e approccio all’evento agonistico, che una certa critica prevenuta nei suoi confronti non è disposta ad ammettere. Paradossalmente, oggi inoperoso, tranne una buona uscita di pugno, su un calcio d’angolo.

Di Lorenzo: 4,5

Se c’è una cosa che i napoletani hanno dovuto imparare in quest’annata maledetta è la peggior versione del capitano. Solidità e attenzione si vedono solamente a sprazzi, ricordo lontano di quando testa e gambe erano a pieno regime. D’altronde, Cerri lo sovrasta in occasione del vantaggio empolese. Però quando ha la forza di andare le sue sovrapposizioni raccontano ancora l’abilità con cui genera la superiorità numerica. E obbliga Pezzella, che ha gamba tonica e voglia di andare, a tenere un contegno conservativo. Gli interscambi di posizione con Politano sono il modo peculiare attraverso cui il Napoli sfrutta la catena di destra. Ma ormai è la controfigura di sé stesso.  

Østigård: 5

Contro Cerri, un attaccante enorme, con le spalle larghe come un buttafuori, la sua versione ideale: roccioso, inscalfibile in marcatura, nonostante l’avversario diretto nasconda egregiamente il pallone, coprendolo con la sua fisicità debordante. Il norvegese non si lascia travolgere. Non sbaglia un intervento di testa, avendo l’accortezza di indirizzare il pallone in aree meno rischiose. Quando entra Niang, assai più mobile, va in difficoltà. Indeciso nel decodificare situazioni interlocutorie, ovvero quando accorciare ferocemente in avanti o scappare in maniera reattiva a coprire la profondità. Sostanzialmente, una gara piena di difetti, con la palla e senza.

Juan Jesus: 4,5

Al netto di qualche amnesia che ne ha caratterizzato il rendimento stagionale, è il difensore di grande esperienza necessario a fare da alter ego a una linea spesso distratta. Gestisce la retroguardia ma le idee non sono chiare, interpretando con poco sangue freddo i vari momenti del match. Balla paurosamente, scegliendo quando amministrare la situazione o spazzare lontano il pallone senza tanti complimenti per il gusto dell’estetica. Purtroppo, le continue titubanze di Natan, preso in mezzo tra Gyasi e Fazzini, gli “consigliano” di dare un occhio particolare a quella situazione. Facendo però pendere pericolosamente la linea da quel lato. Anche sul palo di Cambiaghi si lascia saltare da Niang con troppa facilità. In generale, veicola una sgradevole sensazione di precarietà.   

Natan: 4

Causa l’assenza di entrambi i mancini in rosa, salta fuori dalla soffitta l’oggetto misterioso del mercato estivo. Giocare dopo un mucchio di tempo a guardare gli altri dalla panchina è una situazione mentalmente penalizzate. Così, pronti via e fa la prima fesseria, saltando a vuoto su Gyasi, che avvia l’azione dell’1-0. Rispolverarlo si è rivelata una mossa azzardata. Il ghanese non gli ha dato tregua, impedendogli di coprire lo slot di laterale sinistro efficacemente. Una fatica aggravata dal passo pachidermico con cui accorciava in fascia. Con la conseguenza pratica di farsi prendere in mezzo, al cospetto degli inserimenti di Fazzini alle sue spalle. Un giorno la famigerata area scouting del Napoli spiegherà cosa ha visto in lui per caldeggiarne l’acquisto.

(dal 46’ Mazzocchi: 6)

Confinato nel dimenticatoio immediatamente dopo l’esonero di Mazzarri, che pare ne avesse caldeggiato l’arrivo all’ombra del Vesuvio. Sfrutta l’emergenza per dimostrare a Calzona di poter fornire il suo contributo in termini di capacità nel ribaltare il campo rapidamente in ripartenza. Innegabile che con lui in campo il Napoli sviluppi i propri possessi in maniera più fluida.

Anguissa: 5

Fondamentale il suo dinamismo. L’atteggiamento dei padroni di casa impedisce la verticalizzazione immediata su Osimhen. Allora il camerunese stabilizzava il possesso, evitando il rischio che il centrocampo venisse schiacciato verso il basso, dilatando gli spazi col palleggio e risalendo il campo con combinazioni corte. Ovviamente, ad agevolarlo, la disponibilità dei compagni di reparto, bravi a creare le condizioni per dialogare nello stretto. Decisivi, in queste combinazioni, proprio i movimenti senza palla di Zambo. Con tagli dietro Maleh che garantivano appoggi in sovrannumero. Senza alcuna personalità e con attributi come le palline del Subbuteo, davanti a Caprile, preferisce scaricare la responsabilità su Osimhen, piuttosto di calciare in porta.

(dal 88’ Simeone: s.v.)

Mortificante garbage time, una consuetudine inspiegabile da quando il commissario tecnico della Slovacchia occupa la panchina azzurra.

Lobotka: 5,5

Dai suoi piedi si perfeziona l’uscita dal basso. Governa con saggezza lo spazio davanti alla difesa, leggendo i tentativi di aggressione da parte dei trequartisti di Nicola, deputati a togliergli la supremazia territoriale nella fase di costruzione. Dimostrando una lucidità diversa rispetto al resto degli azzurri, costantemente sull’orlo di una crisi di nervi quando vengono aggrediti alle spalle. Proverbiali i passaggi sul breve, che un occhio superficiale etichetta come interlocutori. Invece sono funzionali proprio a “chiamare” fuori posizione i centrocampisti avversari, orientati con il loro approccio a fare densità in zona palla. Peccato che predichi nel deserto.

Zielinski: 4,5

Checché ne pensino gli odiatori seriali, i giocatori non sono affatto robot. Pure il polacco, dunque, ha risentito della condizione precaria legata al mancato rinnovo. Nondimeno, vedendolo muoversi, pesante nei piedi, forse inconsapevole dei suoi fondamentali fuori scala, incapace di sottrarsi alla pressione di Fazzini, rimane la sensazione palpabile che pur sapendosi associare come poche altre mezzali in Serie A, il suo tempo sia scaduto. Si accontenta del tocchettino, ha timore di sbagliare. Non riesce a scacciare i fantasmi di una prestazione inguardabile. Un vero e proprio atto di autodistruzione.

Politano: 5,5

Per tutta la gara Pezzella prova a bloccarlo, contenendone gli strappi. Tuttavia Matteo ha scovato le idonee contromisure grazie alla sua versatilità. Esaltando le due anime che compongono la sua natura. A seconda dell’altezza del campo, destrutturava le attenzioni del “quinto” di sinistra, cambiando posizione. Cercando l’ampiezza, puntando il dirimpettaio, e arrivando direttamente sul fondo. O stringendo, dato che a piede invertito mantiene facilmente il pallone, potendosi orientare verso l’interno. Favorendo così la sovrapposizione del capitano o l’inserimento tra le linee di Anguissa. Con una risorsa ipercinetica posizionata in fascia, il Napoli ha tentato di minacciare sul lato forte, facendo stazionare il pallone in porzioni avanzate di campo. Ma senza il sostegno di Di Lorenzo e gli inserimenti di Anguissa, improbabile spuntarla. E aggirare l’ordinata difesa a cinque dei toscani.

(dal 71’ Ngonge: s.v.)

Dovrebbe dare profondità sull’esterno, saltare l’uomo e creare pericoli. Nulla di tutto questo.

Osimhen: 5

Un centravanti che promette di essere qualcosa di diverso del mero finalizzatore. Spauracchio per qualsiasi difesa, la sua sola presenza dovrebbe trasmettere un magnetismo offensivo da mettere in serio imbarazzo la retroguardia empolese. Decide da sé come e dove associarsi, defilandosi lateralmente, per disorientare la cura di Walukiewicz. E da lì, se adeguatamente assistito, potrebbe favorire la progressione dell’azione con un passaggio chiave. Ma i compagni camminano e non lo supportano mai. Forse avrebbe dovuto venire a ricevere nel cerchio di centrocampo, a dialogare sul breve col compagno. Dopodiché eseguire un movimento di smarcamento “a mezza luna” per farsi restituire palla e aggredire la linea. Invece si accontenta di svolgere la sua classica partita, manco fosse una semplice formalità burocratica.

Kvaratskhelia: 5,5

Se c’è un giocatore iconico per cui vale(va) la pena guardare una partita del Napoli, quello è lui. Scontato ammirarlo per le qualità tecniche. C’è sempre un’idea ambiziosa dietro le sue scelte, al cospetto di uno Bereszynski indiavolato, chiamato a oscillare tra la marcatura diretta di Khvicha e all’occorrenza, alzarsi su Zielinski. Coraggioso, il georgiano, quando insiste a dribblare nel traffico. Magari talvolta porta a errori grossolani. Ma determina anche giocate uniche. Come al 66’, quando obbliga Caprile alla deviazione salvifica sopra la traversa. Nicola ringrazia quando Calzona lo sostituisce.

(dal 71’ Raspadori: s.v.)

In teoria, chiamato a illuminante nell’ultimo terzo di campo, nel vano tentativo di mandare in porta un compagno o provvedere in prima persona. Praticamente, il fumo con la manovella.

Allenatore Calzona: 4

Forte l’impressione che il suo lavoro non sia stato capace di far rendere al massimo questi uomini. Avrebbe dovuto spingerli al limite delle loro potenzialità, che a tratti sono evidenti. Ma anche mostrare loro come uscire dall’apatia di chi soffre della sindrome da vacanza anticipata. Con una maggiore rotazione poteva coinvolgere tutto l’organico. Ma se i cambi sono del calibro di Natan, meglio utilizzare i “soliti noti”. Però assiste impalato allo strapotere territoriale dell’Empoli senza battere ciglio, incapace di trovare il bandolo della matassa. Monza non gli ha insegnato niente. E lui diventa corresponsabile dello scempio, al pari dei suoi imbarazzanti giocatori. Eppure immaginare l’Empoli strategicamente costruito per compattarsi aggressivo e poi ripartire in transizione, non era missione complicata. Certi assedi vanno preparati dettagliatamente. Presumibile che non sia all’altezza.

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