Non comincia bene l’avventura di Kvicha Kvaratskhelia a Euro 2024: la “sua” Georgia perde la gara inaugurale del gruppo F contro la Turchia di Montella, nella sfida tutta qualità e colpi di genio con il talento del Real Madrid, Arda Guler. E poco importa che il risultato sia stato in bilico fino al colpo del ko definitivo siglato in pieno recupero, con l’estremo difensore Mamardshvili che aveva lasciato la porta incustodita per andare a saltare sull’ultimo angolo a favore. La squadra di Willy Sagnol è rimasta in partita fino all’ultimo, dimostrando buone qualità e spirito di sacrificio. In effetti, dopo il 2-1, i georgiani colpiscono un palo e una traversa. Sbagliano anche clamorosamente il 2-2. Quindi, vengono puniti in contropiede.

Insomma, pare che a Kvara non si possa rimproverare nulla. Non gli si può mica fargliene una colpa se il suo talento ipercinetico generi aspettative troppo grandi per una nazionale forse incapace di sostenerlo adeguatamente. A questo punto la domanda è: avremo il privilegio di vederlo imporsi in questa rassegna continentale?

Non bisogna trascurare un “piccolo” particolare tattico. Mentre nel Napoli ha giocato esclusivamente sulla fascia, nella Georgia fa le veci della seconda punta, all’interno di un 3-5-2 abbastanza scolastico. Assecondando, dunque, la tendenza a stringere la posizione. Comunque, la zona di partenza rimane la sinistra: perchè a piede invertito, venendo dentro al campo e utilizzando l’arto dominante, aumenta in maniera esponenziale la pericolosità offensiva, occupando il mezzo spazio o aggredendo centralmente la profondità.

Tracce di “fenomeno” generazionale

In questo scenario, spostando il discorso sul sistema in cui meglio esprime il suo vero potenziale, lecito interrogarsi su cosa aspettarsi da lui nel prossimo futuro. Certo, nella stagione terribile del post scudetto non tutto è andato come nelle favole. Agli azzurri è mancato costantemente qualcosa, in termini emotivi e calcistici. Eppure non basta la prolungata assenza di Osimhen, o tre cambi di allenatore, a giustificare il fallimento dei Campioni d’Italia.

L’accusa mossa da tifosi e addetti ai lavori al numero 77 rimane sempre la stessa: se accampa la pretesa di essere considerato (e pagato…) alla stregua di un Top Player, dovrebbe poi comportarsi da giocatore di primissima fascia. La scarsa brillantezza che a tratti ne ha caratterizzato il rendimento suona come uno sgradevole campanello d’allarme all’ombra del Vesuvio. Al punto da dubitare sul reale valore dell’MVP del campionato 2022/23. Gli haters in servizio permanente effettivo dimenticano che Kvicha ha compiuto 23 anni lo scorso febbraio. La giovane età, ovviamente, non deve essere un pretesto per tentare di ridimensionarlo. Senza contare il fatto che è appena alla seconda stagione in Serie A, forse le difficoltà individuali sono il frutto di un contesto scarsamente competitivo. Il Napoli è incappato in un’annata negativa verosimilmente irripetibile. Nient’affatto all’altezza del tricolore cucito sulle maglie.

Al momento, resta in primis un esterno arrogante. Che quando si isola a sinistra diventa letteralmente immarcabile nell’uno contro uno: talvolta basta concedergli un briciolo di spazio, per trasformarlo d’incanto nella classica ala vecchio stampo, come George Best o Gigi Meroni. Proprio là, lateralmente, strappa e punta l’avversario diretto, facendolo indietreggiare. Lo costringe a temporeggiare, o peggio, correre all’indietro – situazione mai comoda per chi difende -, aspettando solo l’attimo giusto per spostare la palla. Diventando praticamente indifendibile, poiché il rapporto invisibile che connette gli scarpini all’attrezzo è così intenso, da impedire a chiunque di decodificarne in anticipo le intenzioni. Del resto, usando entrambi i piedi, può mettere morbidi cross al centro dell’area col mancino oppure andare al tiro di destro.

Frustrato se privo di sostegno

Queste abilità, però, non fanno ancora di Kvaratskhelia un offensive player completo e polivalente, in grado di essere decisivo con una semplice giocata, tipo Mbappé o Vinícius Júnior. Insomma, per adesso Kvara sembra più un giocatore di sistema, assai creativo nell’ambito di una precisa comfort zone, lungo la linea. Ovvero, tagliato per esprimersi compiutamente nel 4-3-3. Piuttosto che un devastante “uomo-franchigia”. Sempreché, sia ben inteso, abbia un contesto adatto intorno a lui.

Altrimenti, diventa ripetitivo. Pure un pochino prevedibile. Specialmente se non viene supportato dalla spinta di un terzino efficace. Nell’anno nello scudetto, Mario Rui appariva indemoniato: garantiva opzioni di passaggio, sovrapponendosi continuamente, operando sostanzialmente come un moltiplicatore di spazi. Al contrario di Mathías Olivera, talmente timido e poco propositivo, da obbligarlo a ricevere maggiormente spalle alla porta, disegnando idealmente un bersaglio sulla schiena del georgiano. Ogni squadra opposta al Napoli, infatti, marcava Kvaratskhelia con feroce aggressività: lo raddoppiava se non addirittura triplicava, lasciandogli come unica soluzione un frustrante scarico all’indietro.  

In definitiva, Kvicha è veloce, dotato di esplosività, quando accelera correndo sulle punte e gli viene concesso spazio per portare palla in verticale veicola davvero l’impressione di essere nato per giocare a calcio ad altissimi livelli. A Napoli sperano di goderselo sino alla scadenza naturale del contratto, nel 2027. Ma un Europeo da protagonista potrebbe rimettere tutto in discussione.

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