Come tutte le partite da dentro o fuori, sfide senza un domani, PoloniaArgentina va analizzata da più angolazioni. Allora per raccontare l’acceso della Selección agli Ottavi, va sottolineata la forza emotiva del gruppo di Scaloni, arrivato in Qatar con l’etichetta di favorita, e vicina all’eliminazione.

Ad un passo dal dramma, il rischio che potesse maturare un risultato clamoroso, se gli argentini avessero mollato emotivamente la presa sulla gara, era palpabile. Nondimeno, il secondo tempo rappresenta un inno a intensità e tecnica, in grado di avere la meglio sulla grande organizzazione difensiva.

Argentina emotivamente forte

Pesa come un macigno su Messi l’onere di caricarsi la squadra sulle spalle, come in passato ha fatto Maradona prima di lui ai Mondiali. Un paragone impari, quello con il fantasma di Diego. Ogni quattro anni l’ombra lunga de El Diez si allunga inesorabile sul destino della Pulce. Eppure, il tentativo di confondere il divino con i terreno non trova terreno fertile. Veramente troppo ingombrante il confronto con chi ha riscattato un intero popolo dall’afflizione della guerra alle Malvinas.

A pensarci bene, il rivale per antonomasia è un altro. Una sorta di duello degno del miglior western d’autore con l’altra icona generazionale del pallone globalizzato. Quel Cristiano Ronaldo, diverso per indole comportamentale, fisico ed egocentrismo calcistico elevato all’ennesima potenza.

Stasera Messi ha dimostrato quanta voglia abbia di confutare le precedenti delusioni Mondiali. Una storia costellata da appuntamenti cui arrivava con un mucchio di aspettative, che promettevano chissà quali glorie. Puntualmente incompiute. Al contrario, la prova di maturità al cospetto della Polonia certifica come riesca a compensare una evidente mancanza di centimetri con attributi elefantiaci, che integrano e completano estro e ingegno pedatorio superiore alla media.

Polonia qualificata per un soffio

Probabilmente la Polonia paga a caro prezzo le idee tutt’altro che moderne del suo allenatore, scelto dalla Federazione alla vigilia dei play-off qualificazione contro la Svezia, per ereditare la panchina da Paulo Sousa. Il 52enne Czesław Michniewicz, infatti, ha speso malamente l’opportunità della vita, dopo una onesta carriera in patria e poco altro. Un tradizionalista, che predilige il calcio diretto e la transizione, pur avendo in squadra giocatori di indiscusso talento. Le qualità offensive di Zielinski e Lewandowski ne avrebbero suggerito di sfruttarne le caratteristiche per attuare un gioco maggiormente propositive.

Anche stasera, invece, la Polonia ha lavorato esclusivamente per bloccare l’Albiceleste. Mai per tentare di vincere davvero. Tenuta letteralmente in vita da uno Szczesny eroico, al di là del penalty neutralizzato in bello stile a Messi. A certificare un atteggiamento timoroso e remissivo della squadra polacca, il baricentro assai basso; oltre a qualsiasi rinuncia nel pressare in avanti.

Insomma, continui lanci lunghi, per stimolare il centravanti del Barcellona, costretto a fare inutili sponde o comunque ricevere sempre spalle alla porta. Senza dimenticare poi l’obbrobrio tattico di relegare un offensive player completo del calibro del “napoletano” all’ala destra, tristemente estromesso dalla centralità della manovra. Un vero suicidio strategico, perchè una volta saltato il centrocampo, attivando Lewandowski dal piede educato del portiere della Juventus, nessuno accorciava o tagliava tra le linee, così da supportare l’attaccante, lasciato desolatamente solo a battagliare con due mastini tipo Otamendi e Romero.

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