Sconcerto e indignazione. Sono i primi sentimenti che si provano guardando ciò che sono stati capaci di fare Carmine Sinigaglia e Mohamed Keita, entrambi giocatori (di calcio o arti marziali?) della Nuova Napoli Nord, squadra che langue desolatamente in fondo alla classifica, scenario che non ci sorprende più di tanto perché la prima cosa che bisogna fare per giocare a calcio è, appunto, giocare a calcio. Sembra banale ma, a quanto pare, non lo è affatto.

A pensar male si fa peccato

Andiamo per gradi. Una settimana fa, durante Napoli United-Nuova Napoli Nord, il capitano della squadra delocalizzata a Pianura, Carmine Sinigaglia (cioè, questo sarebbe anche capitano…roba da matti), si è avvicinato al difensore della squadra allenata da Maradona Junior, Aaron Akrapovic, apparentemente per contrastarlo, invece, gli ha sferrato un violentissimo pugno in pieno volto procurandogli la frattura del setto nasale. Roba da prendere questa sottospecie di capitano e affidarlo seduta stante ai servizi sociali. Anche perché, due anni fa, questo campione, che tra l’altro gioca sempre in squadre con il padre a ricoprire il ruolo di presidente (una aggravante visto che dovrebbe dare l’esempio), si è reso autore di un altro episodio increscioso avendo picchiato il proprio allenatore, reo di averlo sostituito.

La società, a conduzione familiare, cosa fece in quell’occasione? Esonerò l’allenatore, del resto come si era permesso di infastidire quel fenomeno? Come definire questo soggetto se non un pericolo pubblico? Cosa si aspetta a fermarlo prima che sia troppo tardi? Uno che picchia il proprio allenatore e sferra un cazzotto di inaudita violenza contro un avversario durante la partita dovrebbe essere bandito non solo da tutti i campi di calcio, ma da ogni luogo di aggregazione, non sia mai gli vengono i cinque minuti e si mette a menare a destra e a manca.

Arbitri “distratti”

Un altro aspetto inquietante della vicenda è che, essendosi beccato solo una semplice ammonizione da un arbitro che si spera più distratto che pavido, la settimana successiva era regolarmente in campo con la fascia di capitano al braccio, quasi come un atto di sfida e strafottenza. L’impunità, infatti, questo produce: ulteriore prepotenza. Nessun pentimento da parte sua, evidentemente è abituato ad agire così, gliel’avranno insegnato chissà dove. Nella gara successiva, giocatasi domenica scorsa al “Simpatia” di Pianura contro l’Albanova, un altro giocatore della Nuova Napoli Nord, Mohamed Keita, ha fatto parlare di sé sferrando una gomitata killer (sanzionata con doppio giallo e conseguente rosso) a Scarparo, costretto a recarsi in ospedale.

Ma questi atteggiamenti criminali di cosa sono figli? Della casella zero alla voce punti conquistati dopo ben nove giornate? Non sarebbe una giustificazione credibile perché, in alcuni casi, c’è recidività e poi un conto sono i falli di frustrazione, un altro conto è la violenza gratuita e reiterata quasi come se fosse una disposizione cui attenersi. Visto che a questa squadra viene ancora concesso di scendere in campo, cosa dobbiamo aspettarci nella prossima gara? Dobbiamo ricordare che un campo di calcio non è un ring? Speriamo che non ci sia un prossimo giocatore a cui verrà riservato un trattamento da cintura nera.

Ci piacerebbe tanto che arrivassero delle scuse, perché questi sono gli articoli che un giornalista non vorrebbe mai scrivere. Sarebbe bello, per esempio, se venisse pubblicata una foto con Sinigaglia che abbraccia Akrapovic dopo essere andato a fargli visita. Ci piace pensare che a prevalere sia sempre il bene e che non ci siano più minacce, intimidazioni, prevaricazioni, soprusi. Lo sport è uno dei mezzi su cui costruire una società migliore, più sana, pulita e civile.

Presidenti pentiti

Tutti possiamo sbagliare, come ha sbagliato (senza ombra di dubbio) il presidente dell’Afragolese, Raffaele Niutta, che durante un parapiglia alla fine di Afragolese-Giugliano, è entrato in campo per fare da paciere – lo si vede mentre allontana i propri giocatori – ma le telecamere l’hanno beccato a rifilare uno schiaffo. Un gesto inqualificabile a cui, però, sono seguite scuse immediate con tanto di parole come “non ho dormito ripensando a ciò che ho fatto… non mi do pace… mi vergogno”.

Ecco, patron Niutta è consapevole di aver sbagliato e sa bene di non potersi permettere una recidiva, magari da ora in poi farà più attenzione a moderare la sua impulsività e cercherà di cancellare la brutta immagine che ha dato di sé con gesti nobili, quelli che molti riconoscono far parte del suo modo di essere. Che il calcio sia un veicolo di buoni esempi e non rappresenti mai più la parte peggiore del nostro territorio. Chi ha sbagliato e ora si trova esposto al pubblico ludibrio, si penta pubblicamente e provi a riscattarsi con gesti di educazione e correttezza, quelli che appartengono ai veri uomini.

Maurizio Longhi