Talvolta le scelte di mercato prendono strane traiettorie. E quelli che pensavi potessero rappresentare acquisti funzionali a rinforzare l’organico si rivelano in concreto degli autentici “pacchi”. Un pò quello che è successo al Napoli, che tra sessione estiva e autunnale sembra aver sperperato un mucchio di quattrini, aggiungendo in rosa risorse incapaci poi di spostare gli equilibri della squadra partenopea, ogni qual volta sono stati mandati in campo. In un momento storico orientato al contenimento dei costi, con la proprietà che inoltre ha deciso di gestire il post scudetto tagliando notevolmente il monte ingaggi, fallire clamorosamente ben due tornate di calciomercato condiziona notevolmente i risultati degli azzurri. Non a caso, l’attuale progetto tecnico pare aver mancato tutti gli obiettivi stagionali. Al netto di un’affannosa rincorsa per rimanere agganciati alla zona Europa, qualsiasi essa sia: dall’aristocratica Champions alla meno nobile Conference League.

Trascurando (almeno in questa sede…) la strategia della società in merito al mancato rinnovo di Zielinski e all’inspiegabile ostracismo palesato nei confronti di Demme, entrambi svincolati a “parametro zero”, salta all’occhio un dato inequivocabile: l’assoluta assenza di pianificazione.

L’esempio più eclatante riguarda proprio il centrocampista che a gennaio è stato preso, mettendo al contempo fuori rosa il pivote tedesco, obbligato a vivere gli ultimi sei mesi della sua avventura all’ombra del Vesuvio sostanzialmente ai margini del gruppo. Piuttosto che sfruttare le caratteristiche di Dendoncker, valorizzandolo appieno, gli allenatori che si sono succeduti sulla panchina dei Campioni d’Italia ne hanno fatto bellamente a meno. In questo scenario, sono davvero miseri i 21′ complessivi. Un minutaggio talmente risicato, da non giustificarne assolutamente il sontuoso stipendio, seppur per soli sei mesi.

Area scouting responsabile

A proposito di centrocampo, lo stesso Cajuste non ha dato risposte positive. Lo svedese doveva fornire una garanzia sicuramente maggiore rispetto al pigro e indolente Ndombele, così da risparmiare i titolari (o presunti tali…), avendoli più lucidi nel momento cruciale della stagione. Alla fine dei conti, scommettere sulla sua capacità di essere subito pronto, è stato un azzardo pagato a caro prezzo. Ne deve mangiare di succose bistecche, prima di poter accampare pretese da titolare in un contesto di alta classifica in Serie A, a Napoli o altrove.

Un discorso a parte meritano Natan e Lindstrom. Il loro caso è emblematico della sponda benevola di cui gode De Laurentiis in certi ambienti giornalistici. Perchè quando Giuntoli è andato via, in molti si sono affrettati a etichettarlo come un mero esecutore di ordini altrui. Un Ministro privo di firma e portafoglio, svuotato dunque da qualsiasi potere decisionale. Gli stornellatori di corte, in ottemperanza al pensiero presidenziale, sostenevano che il diesse era un orpello (quasi…) superfluo. Visto che a scovare talenti dal basso costo, ma dal grande impatto tecnico-tattico, provvedesse la famigerata area scouting.

Ebbene, sarebbe lecito domandare a questi “illuminati”, dalla presunta competenza enciclopedica, come non abbiano visto che nell’Eintracht Francoforte il danese, invece di lavorare in ampiezza, con i piedi sulla linea, occupasse zone di campo interne: i cosiddetti “mezzi spazi”. E soltanto sporadicamente esplorasse l’esterno.

Natan impresentabile

Sul difensore brasiliano bastava fare una riflessione: il Bragantino è un club che appartiene alla Red Bull. Storicamente, il modus operandi di questo universo calcistico prevede di svezzare un giocatore nel contesto di origine, e una volta pronto a salire di livello, favorirne il passaggio ad un’altra società, comunque orbitante nel mondo RB. Una sorta di triangolazione “mercantile”, tipo quella creata con il Liefering, compagine della Serie B austriaca, ed il Salisburgo. Non è raro che tale politica aziendale, orientata alla crescita costante ed al continuo monitoraggio dei margini di crescita del giocatore, sfoci poi nel trasferimento al Lipsia, in Bundesliga.

Forte quindi il sospetto che gravitando nell’orbita del colosso “che mette le ali“, Natan sia stato considerato già al culmine del suo processo di maturazione. E che oltre non potesse andare. Forse solamente così si spiega con quanta facilità il Napoli lo abbia strappato dalle grinfie della multinazionale austriaca, pagandolo un prezzo anche “modesto”, se rapportato alle cifre con cui fino a qualche giorno prima si erano dovuti confrontare gli azzurri, letteralmente scappati dinanzi alle mostruose pretese economiche di Atalanta e Torino per Scalvini e Buongiorno. Fatto sta che, tanto hai pagato, e questo rendimento scadente hai ricevuto in cambio.

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