Nemmeno la Nazionale funziona con Giovanni Di Lorenzo. Altro che balsamo ricostituente: l’equivoco tattico generato dalla scelta del commissario tecnico, infatti, pare aver sviscerato ancor di più tutte la difficoltà a trovare continuità nella stagione post scudetto dal capitano del Napoli.

Infatti, contro il Venezuela, nella prima gara della tournée in Usa, Spalletti l’ha schierato più centrale, da “braccetto” destro nella difesa a tre. L’idea era quella di dare spazio a due laterali “di gamba”, sfruttando le rotazioni posizionali con Cambiaso, così da stimolare la predisposizione naturale di entrambi al gioco in appoggio, nella fase di possesso. Peccato, però, che la strategia non sia decollata. Evidente l’incapacità di coprire le spalle allo juventino ed al contempo mantenere determinate distanze.

Anche perché eseguire continue sovrapposizioni in maniera efficiente richiede un’intensità fisica, oltre che mentale, che forse in questo momento il terzino napoletano non riesce a garantire. Ovviamente, le (presunte…) responsabilità del C.T. nell’utilizzarlo o meno al meglio rispetto agli standard altissimi cui aveva abituato tifosi e addetti ai lavori prescinde dal ruolo.

Come disinnescare Di Lorenzo

Proprio il rendimento palesato finora da Di Lorenzo lo mette inevitabilmente sotto la lente d’ingrandimento della critica. Nel Napoli è ancora il primo riferimento in uscita dal basso. Quando abbandona la linea per alzarsi in fascia, consente sempre ai centrocampisti di avere uno scarico libero in ampiezza. Tuttavia, i suoi scivolamenti sono talmente flessibili, da fornire un’ulteriore possibilità al giropalla partenopeo, specialmente le volte che rompe l’ordine geometrico della manovra, accentrandosi alla stregua di una mezzala. Il classico “finto terzino” del calcio contemporaneo, letteralmente inventato da Guardiola.

Al di là della stanchezza, sembra che gli allenatori avversari abbiano cominciato a decodificare gli strappi di Di Lorenzo, trovando le giuste contromisure per assorbirne i movimenti. Non è raro che la punta altrui schermi il centro, sulla costruzione di Lobotka, oppure con il pallone nella disponibilità dei centrali difensivi di Calzona. A quel punto, basta avanzare nella trequarti partenopea una mezzala per negare la linea di passaggio in verticale. Nel frattempo, l’esterno di parte sale, aggredendo forte la zona, schermando di fatto ogni tentativo di ricezione.  

Chiaramente, non è uno spot contro la costruzione bassa. Perché se gli altri sono bravi a “montarti addosso” (cit. Spalletti, nella consueta conferenza stampa della vigilia con l’Ecuador…), urge affidarsi alle letture. E magari cercare l’uomo più vicino alla porta avversaria. Col Venezuela, Retegui l’ha fatto in modo egregio. Ma anche nel bagaglio tecnico-tattico di Osimhen c’è questa giocata.

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