Probabilmente il momento emotivamente più duro di Napoli-Lecce sarà quello degli addii, immediatamente dopo il triplice fischio. Il risultato conterà esclusivamente per le pagine degli almanacchi. A piegare il cuore di alcuni giocatori, invece, la tensione generata dalla consapevolezza che le luci del “Maradona” si stanno inesorabilmente spegnendo sulla loro esperienza in azzurro. Nessuno starà peggio di chi ormai da tempo ha maturato l’idea di proseguire altrove la propria carriera.

Se n’è già fatta una ragione Zileinski. Ma è presumibile che anche altri stiano riflettendo sulla medesima scelta. Sicuramente Osimhen. Forse Di Lorenzo, che pare abbia fatto trapelare un’insofferenza dolorosa per non aver confermato i picchi di rendimento altissimi raggiunti durante il biennio spallettiano. Magari qualche altro protagonista della cavalcata scudetto, timidamente, valuterà nei prossimi giorni se valga davvero la pena continuare a fidarsi di De Laurentiis. Nient’affatto interessati a scoprire cosa farà in futuro il presidente: se intende ritrovare entusiasmo o ridimensionare il progetto. Insomma, sembra che gli uomini che compongono questo gruppo siano veramente giunti alla fine naturale del ciclo, consumati dai loro stessi errori tecnici; nonché dalla superbia gestionale della proprietà.   

Spogliatoio Napoli, il peso del titolo

Del resto, i risultati fallimentari legittimano la contestazione dei tifosi. Da settimane a muso duro con la squadra. Un malumore condivisibile. Nondimeno, al termine del match sarebbe comunque bello concedere ai calciatori il rituale giro di campo, tributandogli un saluto finale. Qualcuno non lo merita. Ma potrebbe essere l’ultima occasione per pacificare un ambiente reso ostile da una stagione a tratti imbarazzante. E’ chiaro che qualora si alzassero applausi, piuttosto che cori ostili, la situazione si addolcirebbe.

Ovviamente, gli occhi lucidi sarebbero una magra consolazione per un’annata mesta e priva di acuti. Nonostante in troppi hanno perso credibilità, esprimendosi a un livello prestativo almeno accettabile, rimane il legane profondo e inscindibile con i Campioni di d’Italia. Quindi, potrebbe essere la cosa più giusta da fare abbracciare idealmente chi è giunto al capolinea, all’ultima presenza con addosso la maglia azzurra. In effetti, tralasciando la retorica di certi discorsi, lecito chiedersi in quanti, nello spogliatoio, abbiano percepito il peso del titolo. Chi s’è fatto onestamente carico della responsabilità legata al tricolore cucito sul petto. Quel senso di appartenenza che determina un significato speciale al rapporto che si crea all’ombra del Vesuvio tra tifosi e giocatori.   

Perciò un senso di gratitudine per chi ha scritto un pezzo di Storia (doverosamente in maiuscolo…), trasformando in realtà il sogno di una città intera, assumerebbe un valore assai simbolico. Pure se difficile da accettare per tutti un rituale che lordi i loro comportamenti detergendone la coscienza. E poco importa che poi una grandezza appena conquistata sia andata perduta nell’arco di un solo campionato senza nemmeno rendersene conto. Congelando una grandeur che poteva essere, ma non è diventata tale.

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