Di tanto in tanto c’è qualcuno che si propone di dare la maglia numero 10 a Insigne, prima ancora a Higuain, prima a Lavezzi. Chiariamoci: ritirare la maglia dei grandi atleti non è un’idea italiana, ma un’americanata. Il problema è che c’è una differenza di base tra lo sport americano ed il calcio. In America da sempre i numeri delle maglie non hanno alcun valore. Ognuno sceglie il proprio. Non ci sono numeri simbolici. Nel calcio non è così. Non lo è stato fino ad una ventina di anni fa quando, per un motivi commerciali, si è cambiato criterio di assegnazione dei numeri.
Nel calcio ci sono alcune maglie che restano simboliche, e tutto sommato la cosa fa parte del fascino di questo sport: la 10 su tutte, ma poi anche la 9 e la numero 1. Fantasista, centravanti e portiere sono i ruoli che affascinano di più i ragazzini.
Per questo motivo non è giusto nel calcio ritirarle. In questo modo si nega ad un ragazzino la possibilità di sognare.
Il problema della maglia azzurra numero 10 è diverso. Perché quella è la maglia di Maradona, il più grande di sempre, del passato, del presente e con buona pace delle prossime generazioni, anche del futuro. La 10 del Napoli sarebbe un qualcosa di terribilmente pesante da indossare. Per altro se questa “americanata” fosse stata in uso anche in passato, probabilmente Maradona a Napoli non avrebbe mai potuto indossare la maglia che era stata di Sivori…
Insigne è assolutamente degno di indossare quella maglia, ma il tutto va fatto con una cerimonia. Con Maradona che pone la sua scarpa sinistra da gioco sulla testa del Magnifico, come si faceva per i cavalieri della Tavola Rotonda. Cerimonia da fare a Piazza del Plebiscito (gratis, non vorrei che venisse qualche strana idea a De Laurentiis), coram populo. Pronunciando le stesse parole che disse Bruscolotti nel momento di cedere la fascia a Diego: “Te la consegno a patto che mi porti lo scudetto”.

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