Uno scontro drammatico, forte e a tratti ironico tra due uomini dalla spiccata e differente personalità, ma paradossalmente simili nella loro sostanziale “diversità”.
Uno struggente lavoro teatrale: “Deep Blue” il cui esordio è stato magistralmente interpretato da Antonio Buonanno nelle vesti di Bianco, un professore cinico e ateo che disgustato dalla vita terrena tenta il suicidio in una stazione ferroviaria. Per una fortuita coincidenza, viene tratto in salvo dal grottesco Nero, ex detenuto e fervente credente, interpretato dall’esilarante Pietro Tammaro. Come in un film la cui trama vede come protagonisti due “amici” che viaggiano sullo stesso treno che deragliando li condurrà in un tragico destino: la sconfitta.
Un‘avventura azzardata, resa possibile grazie alla genialità dei registi: Alberto Mele e Marco Montecatini che prendendo spunto dal celebre romanzo drammatico di MC. Carthy: ”Sunset Limited” lo riadattano in chiave partenopea.
Una scena scarna e dai contorni quasi deprimenti: un dormitorio pubblico in prossimità di una stazione ferroviaria; una porta sigillata da 5 serrature; un tavolo con due sedie, un poster dell’ex pugile Patrizio Oliva, diverse catene, una Bibbia ed una bottiglia d’acqua utilizzata per preparare un caffè la cui gradevole fragranza raggiunge la platea presente in sala.
Elementi spartani, scelti per sottolineare un concetto fondamentale: l’importanza della vita e non le futilità dell’essere umano, sovente prigioniero di sé stesso perchè incatenato dalla paura; dalle vicissitudini della propria esistenza. Un libero arbitrio che induce a scegliere come unica via d’uscita o la morte per seppellire il proprio disagio interiore e i ricordi di un passato burrascoso oppure la salvezza dell’anima riposta nella fede religiosa, per superare i ricordi. Una vera diatriba tra intelletto e sentimento.
La scelta del Bene o del Male. Lo spasmodico desiderio di aggrapparsi ad una luce, per non scivolare nelle tenebre di un’oscurità devastante che spalanca le porte al tormento, al pessimismo anziché all’ottimismo, all’umiliazione, all’illusione che spegne i sogni facendo riemergere un dolore asfissiante di una sopravvivenza inutile. Un vero incubo.
Due “binari” che convergono verso un unico bivio: un viaggio virtuale in un mondo reale calpestato da “lavori forzati”. Così il professore delle tenebre lo definisce. Una “trattativa” che nonostante i reiterati sforzi e la lotte ha come esito finale l’inesorabile perdita.
Una toccante pièce che ha catturato il pubblico in un religioso silenzio, interrotto da un interminabile applauso finale.

Imma Amato

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