Ormai è guerra, seppur mai dichiarata apertamente, tra la Serie A ed il Ministro Andrea Abodi. Il titolare del Dicastero per lo Sport e per i Giovani, infatti, sta sostenendo a spada tratta il progetto di abolire la Covisoc, cioè la commissione di vigilanza dei club, sostituendola con un’agenzia indipendente, appositamente creata attraverso un decreto legge, per vigilare sui conti delle società sportive professionistiche. Ovviamente, la Lega Calcio fa muro contro la proposta avanzata dal Governo. Nonostante da Palazzo Chigi si siano affrettati a chiarire che nulla verrebbe toccato circa la decisione di chi si potrà iscrivere ai campionati, che rimane in capo alla FIGC.  

Nondimeno, uno scenario apocalittico si prospetta all’orizzonte per presidenti vari e proprietari assortiti, letteralmente terrorizzati dall’obbligo di portare i libri contabili direttamente al vaglio di una commissione tecnica d’ispirazione e nomina politica. Con tutto ciò che ne conseguirebbe in materia di rispetto dei parametri, nonché degli equilibri gestionali, imprescindibili poi per le iscrizioni ai campionati.

La Lega di A si compatta

Perché al netto della autorevolezza della Covisoc, che nessuno ha mai messo in dubbio, alle Istituzioni preme avere un organo che non ricada nell’alveo federale. Quindi, nient’affatto interessato a tappare le falle di un sistema in perenne crisi di liquidità, costantemente sull’orlo di un irreversibile stato di decozione. Del resto, le ultime stagioni sono piene di società cancellate causa debiti. O peggio, salvate sul filo di lana, in virtù di scorciatoie contabili, date posticipate, proroghe inderogabili esclusivamente a chiacchiere.   

I 20 club di Serie A, dunque, fanno fronte comune, rivendicando l’autonomia dell’ordinamento sportivo rispetto a qualsivoglia ingerenza della politica. Peccato che finora i padroni del vapore calcistico nulla abbiano fatto affinché il “Sistema” fosse sostenibile sul piano finanziario. Tantomeno per rendere i controlli sui loro bilanci maggiormente trasparenti. Sostanzialmente, il calcio italiano fatica terribilmente a trasformarsi in un’azienda sana. Anzi, da troppi anni annaspa in una profonda crisi economica, imbarcando corpose perdite ogni esercizio amministrativo.

Le reazioni di Gravina e Malagò

E poco importa che il presidente della Figc, Gabriele Gravina, si arrampichi sugli specchi, tentando di difendere a spada tratta l’indifendibile: “La Covisoc storicamente ha una funzione assegnata per legge, quella di assicurare che una società parta e arrivi alla fine del campionato. Non ha l’impegno di incidere sul bilancio per farti migliorare o peggiorare, quella è una tua scelta. Deve garantire al nostro sistema che tu parta ed arrivi perché non deve alterare il valore dell’equa competizione…”.

Di ben altro spessore intellettuale l’obiezione del presidente del Coni, Giovanni Malagò, che sottolinea la portata del progetto, potenzialmente in grado di riguardare tutte le altre federazioni sportive. Ma soprattutto, poiché la “nuova Covisoc” sarebbe un unicum solamente italiano, stimola l’attenzione sulle possibili conseguenze in ottica internazionale: “Siamo sicuri che senza aver interpellato Uefa e Fifa questa cosa vada bene?”.

Insomma, nessuno plaude a questa possibile svolta, doverosa per raddrizzare un Titanic lanciato senza alcun controllo verso l’impatto devastante con l’iceberg dell’insolvenza e dei fallimenti. In questo contesto, forse un intervento autoritativo, esterno al “Sistema” è l’unica soluzione per invertire la rotta.

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