In questo periodo la Serie A, derubricata troppo in fretta dalla critica a Lega secondaria se confrontata con Premier, Liga o Bundesliga, si sta convertendo progressivamente in un meraviglioso laboratorio, ricco di strategie alternative. Innovazioni che stravolgono il campionato, influenzando notevolmente il concetto legato al gioco di posizione, nonché il vantaggio generato dalla costruzione bassa.

Senza scomodare per forza Antonio Conte, da sempre sostenitore di un principio anch’esso identitario, aderente però a un modello più diretto e verticale, l’Inter che si appresta a vincere lo Scudetto è lontanissima dal controllare l’avversario per 90 minuti, chiudendolo nell’ultimo terzo di campo.

Spesso Simone Inzaghi “suggerisce” ai suoi uomini di sacrificarsi sottopalla, difendendo in maniera decisamente superiore rispetto a quanto avessero immaginato di dover fare. Concedendo comunque qualcosina in termini di pericolosità offensiva alla controparte.

Un atteggiamento simile a quello dell’Atalanta. Che non equivale assolutamente a puntare sulla rigidità difensiva, associata a rapide transizioni. Perché Gasperini ha contribuito a plasmare una squadra comunque dotata di grande qualità. 

Serie A: rinnovi oppure arretri

Insomma, bisogna partire da un presupposto fondamentale: sta emergendo un’altra filosofia calcistica, anch’essa contemporanea e moderna, al pari del tiki-taka. Così da evidenziare l’idea che sviluppare un altro calcio è possibile. Ci sono quindi squadre e allenatori che stanno destrutturando il possesso come totem, cui sacrificare ogni movimento collettivo, abiurando gli aspetti più deteriori di un sistema eccessivamente integralista.

Ormai non soltanto chi deve salvarsi punta su un gioco concreto ed efficace, funzionale ad accorciare notevolmente i tempi che intercorrono tra la prima costruzione e la rifinitura negli ultimi sedici metri altrui, sfruttando le doti in campo aperto dei contropiedisti. Per esempio, Marco Baroni oppure Di Francesco stanno cercando di normalizzare la classifica di Verona e Frosinone attraverso la costante ricerca del “terzo uomo”, abbinandola alla riaggressione immediata nella metà campo avversaria dopo la perdita del pallone.

In questo scenario, Maurizio Sarri appare addirittura prigioniero di sé stesso: la formazione dei triangoli in fase di possesso, strumento privilegiato per risalire velocemente il campo; la ricerca della verticalità esplorata sfruttando le catene laterali e i tagli dei due esterni offensivi, gli avevano permesso di sedersi alla tavola dei principali tecnici europei. Oggi tuttavia il Comandante sembra impantanato in un limbo, alla continua ricerca di un compromesso, tra la necessità quasi fisiologica di voler costruire il gioco con la palla a terra fin dalle retrovie, e l’onda lunga del cambiamento. Che finisce con lo snaturarne le idee, se la sua ultima Lazio sembrava avesse un’anima maggiormente verticale e reattiva, piuttosto che votata al calcio manovrato.  

In fin dei conti, non esiste un’unica interpretazione tattica. Oggi il campionato italiano offre varie sfaccettature. E’ quello con la gamma più ampia di allenatori che sperimentano strade nuove. O meno battute. Che azzardano cambiamenti per adattarsi.

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