Alla il Napoli ha cannato la partita chiave di un post scudetto fallimentare, e in uno scenario da tutto o niente non è riuscito a sovvertire i pronostici, sbagliando clamorosamente l’approccio alla gara. Al di là della mancata qualificazione ai quarti di Champions, che poteva dare ancora un senso alle aspettative di questa squadra, la sconfitta contro il Barcellona allunga l’ombra lunga della rivoluzione. L’eliminazione, infatti, sbarra la strada verso il ricchissimo Mondiale per club del 2025 in America, col giro di milioni annessi. L’ultimo appiglio rimasto agli azzurri per tentare di salvare la stagione, in termini economici e sportivi.  

Irreale dunque pretendere il passaggio del turno dai Campioni d’Italia. Perché i blaugrana, nonostante tutti i problemi sorti durante quest’ultimo anno dell’amministrazione Xavi, rimangono nettamente più forti. Non bastasse il dislivello sul piano squisitamente qualitativo, il Barça ha messo a nudo molte delle lacune strutturali degli uomini di Calzona.   

Tiki-taka e aggressività

Come immaginato alla vigilia, il Barcellona ha cominciato il match con il classico atteggiamento iperaggressivo. Una scelta tattica radicale, che significava innanzitutto alzare il pressing sulla prima costruzione avversaria. Evidente quindi l’idea di venire a prendere altissimo il Napoli, cercando di disinnescarne la costruzione bassa. Fare giocare meno possibile il pallone agli ospiti, bloccandone de facto il possesso.

Paradossalmente, le contromisure pensate da Calzona per arginare l’efficacissima pressione dei catalani si traduceva in una spregiudicatezza difensiva – alzare la linea per mettere in difficoltà l’avversario, portando la retroguardia vicina al cerchio di centrocampo -, che però ha generato situazioni di palla scoperta, convertite in nitide occasioni per battere liberamente verso la porta di Meret (tra l’altro, uno dei migliori in campo…), pagate a caro prezzo. Fatali nell’arco di un paio di minuti le verticalizzazioni, che pescavano smarcati il taglio in profondità dietro la retroguardia di Raphinha. Semplice poi il tap-in di Fermin Lopez per l’1-0 e di Cancelo in occasione del raddoppio.

Insomma, a fare la differenza il tradizionale tiki-taka. Un raffinatissimo palleggio, con la quale la squadra di Xavi si è aperta letteralmente il campo, sciamando nella trequarti degli ospiti con devastanti ripartenze. Peccato che, specialmente nella mezz’ora iniziale, siano venute meno le proverbiali letture tattiche di Lobotka. Alzandosi tantissimo su Christensen, che agiva da vertice basso, il pivote slovacco svuotava la zona centrale del centrocampo. Tenendo presente che anche Anguissa e Traoré accorciavano verso Gundogan e Fermin Lopez, il risultato è stato che il Barcellona ha girato in suo favore questa specifica giocata.  

Napoli in partita, per lunghi tratti

La strategia, non priva di rischi per un Napoli che quest’anno ha sofferto tremendamente sia in transizione, che a difesa schierata (il 3-1 di Lewandowski docet…), ha prodotto un mucchio di affanni tutte le volte in cui il Barcellona spingeva sull’acceleratore, alzando ritmo e intensità. Forse se gli azzurri avessero avuto almeno un difensore veloce ed esplosivo sul primo passo avrebbero potuto mettere maggiormente in discussione la qualificazione.

Del resto, prima che la rete del centravanti polacco spazzasse via ogni preoccupazione, la squadra partenopea era rimasta per lungo tempo in vita, grazie al gol di Rrahmani, arrivato a battere a rete al culmine di una tipica azione di un Napoli d’altri tempi. A testimonianza che, pur avendo cambiato ben tre allenatori, i principi del calcio propositivo sono ormai interiorizzati nella squadra. Peccato che un paio di gestioni tecniche inadeguate l’abbiano costretta a reinterpretarli in maniera improduttiva. Ma questo è un altro discorso…  

Cosa salvare, allora, oltre all’onore delle armi, dalla trasferta spagnola? Sicuramente la sovrapposizione di Politano, decisiva nell’aprire il corridoio in cui si è infilato il centrale kosovaro per accorciare le distanze. Nondimeno, il dibattito che alimenterà questa sconfitta non deve perdere di vista almeno un paio di ammissioni sincere intorno al valore assoluto del Napoli attuale. Innanzitutto, c’è comunque un divario abissale con un Barcellona incerottato e pieno di “ragazzini” della Masia. Inoltre, ne devono mangiare di bistecche Osimhen e Kvara per essere davvero competitivi ai massimi livelli europei.   

Una considerazione che cozza con la narrazione portata avanti dalla proprietà, spalleggiata da una fetta consistente di critica benevola, per cui, con questi giocatori, era possibile aprire un ciclo destinato a durare nel tempo.

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