Meret: 7
Assolutamente mostruosa, la doppia parata al 23’, che non ha permesso ad un Torino battagliero di agganciare momentaneamente il pari. A riguardare la dinamica dell’azione, nata però da un atteggiamento pigro della squadra in fase di non possesso, che permette ai granata di correre in campo aperto, e stimolare il rimorchio al tiro da posizione centrale, l’Airone è reattivo su Ricci, ma quasi innaturale nel rialzarsi celermente e stoppare Sanabria. Senza dimenticare come si era allungato al 14’ sulla conclusione di Vlasic. Nella ripresa si limita a giostrare da sweeper-keeper, partecipando alla manovra come se fosse un giocatore di movimento.
Di Lorenzo: 7
Lecito cominciare a discutere, magari sottovoce, di come il capitano possa essere considerato il miglior terzino destro d’Europa. Questa iperbole, che ovviamente, tale non è, parte dall’analisi del suo modo di svolgere il ruolo, che non desta alcuna perplessità né in fase difensiva, tantomeno quando si propone. A certificare che il suo rendimento non è un fenomeno temporaneo, destinato ad affievolirsi con il trascorrere della stagione, il fatto che gli allenatori avversari cerchino di comprimerne il raggio di azione, cercando contromisure idonee. Ma Di Lorenzo si adatta inevitabilmente, agendo da “finto terzino”, alla Guardiola. Cioè, stringendo tanto la posizione, manco fosse una mezzala di tocco.
Kim: 7
Generalmente, nell’immaginario collettivo, il bagaglio tecnico di un eccellente difensore centrale prevede il giusto mix di astuzia, intelligenza e cattiveria. Una necessità, quest’ultima, se ogni maledetta domenica devi fare a sportellate con attaccanti grandi e grossi. Ebbene, il coreano sta riscrivendo la letteratura calcistica, mortificando le velleità offensive con una disarmante pulizia negli interventi. Surreale nelle letture, che gli permettono di scegliere con giustezza quando rompere la linea e andare a prendere Sanabria altissimo, piuttosto che staccarsi in copertura del compagno di reparto. Un muro invalicabile, che si esalta nella battaglia, accompagnato dal coro ritmato dagli spalti. La ripetizione ossessiva del suo cognome equivale al grido dell’arena – “Ispanico… ispanico… ispanico” -, che santifica Massimo Decimo Meridio nel film “Il Gladiatore”.
Rrahmani: 6,5
Impeccabile nella marcatura, diretta o preventiva del centravanti granata. Sanabria si sbatte tanto, accorcia verso i suoi centrocampisti oppure prova ad allungarsi nello spazio profondo. Ma il kosovaro, assai democraticamente, ne assorbe movimenti e velleità, annullandolo in entrambe le circostanze. Questa tranquillità nel gestire le situazioni di uno contro uno e lavorare di reparto, in funzione delle scelte di Kim, fa capire abbastanza facilmente l’importanza assunta da Rrahmani del primato della squadra partenopea.
(dal 71’ Østigård: s.v.)
Entra bene in partita, senza commettere l’errore di distrarsi, con il risultato ormai acquisito, al cospetto di un Sanabria nient’affatto domo. Infatti, il norvegese è impeccabile di testa, visto che Milinkovic cerca continuamente l’attaccante paraguaiano con il lancio a scavalcare la zona nevralgica.
Olivera: 7
Terzino con gamba tonica e cervello fino. Quando si propone in fascia genera numerosi problemi interpretativi al braccetto destro, incapace di assorbirne le volate. Singo ha polmoni per stare al passo con la velocità dell’uruguagio. Però, quando il mancino azzurro cambia passo, aumentando la frequenza dei giri, non c’è tempo per recuperarlo. Inoltre, bisogna stare molto attenti quando alza la testa, e connette direttamente la linea arretrata con il taglio là davanti di Osimhen. Tutte giocate che hanno fatto vivere un pomeriggio da incubi al dirimpettaio.
Anguissa: 7
Con quella fisicità, spesso preponderante, talvolta sgraziata, veicola la sensazione di poter garantire con egual efficacia lotta e governo. Un archetipo che si adatto tantissimo al camerunese, che non fonda esclusivamente su forza e potenza il suo contributo. Anzi, esercita un’ansia costante nella mediana del Torino, sopra e sotto la linea di pressione portata dagli uomini di Juric. Se Vlasic tentava di estromettere dalla centralità della manovra Lobotka, era proprio Anguissa ad abbassarsi e assumere l’onere di favorire la risalita dal basso. Dopo, ribaltava il fronte, scambiandosi la posizione con Zielinski dietro la coppia di centrocampisti granata.
Lobotka: 6,5
Meno passaggi chiave del solito. Juric gli incolla alle caviglie Vlasic e lo slovacco fa di necessità virtù. Esprimendo la sua regia equilibrata e priva di inutili fronzoli con gioco posizionale, gestione del ritmo e recuperi. Magari potrebbe sembrare una esagerazione; attualmente è uno dei migliori metodisti dei cinque principali campionati europei.
(dal 84’ Gaetano: s.v.)
Garbage time e poco altro. Tenta comunque di farsi vedere in zona luce, accettando di ricevere gli appoggi con personalità.
Zielinski: 6,5
Pare che Spalletti gli abbia davvero disegnato il Napoli addosso. D’altronde, il polacco si esalta quando si riesce a smarcare alle spalle di Ricci e Linetty. E con tanto campo davanti, strappare rapidamente in conduzione. Quando il Torino abbassa il baricentro, allora Piotr si abbassa e partecipa alla rotazione in mediana, partecipando attivamente al dominio del giropalla. Mai precipitoso al cospetto dell’aggressività torinista. Una gioia per gli occhi, quando imbuca in verticale, con piedi decisamente da Top Player. Peccato, talvolta, si appiattisca su momenti di pigrizia difensiva.
(dal 65’ Ndombele: 6)
Visione di gioco, tempi di passaggio, qualità tecnica nel ripulire l’azione, senza mai buttare il pallone. Come testimonia la rifinitura tra le gambe di Milinkovic. Insomma, avrebbe tutto per candidarsi a qualcosa in più della semplice comparsata dalla panchina. A fregarlo, uno stile sin troppo barocco. Frutto indubbiamente di una discreta creatività. Ma se fosse più asciutto, correrebbe meno rischi inutili.
Lozano: 6
Giocando a destra, sulla corsia naturale, la sua utilità è strettamente connessa al lavoro in ampiezza, condito da ricezioni e discese sul fondo. Dribbla meglio se riceve in corsa. L’atteggiamento difensivo del Toro, al contrario, lo obbliga a partire da fermo. Così Rodriguez lo disinnesca con facilità, chiudendogli il binario. A quel punto, dovrebbe riciclarsi, venendo dentro al campo: una possibilità che gli procura una evidente orticaria. Sotto porta denota un certo ritardo, nel chiudere le assistenze dei compagni. Nondimeno, le volte che può puntare la linea, soprattutto prendendo vantaggio sul dirimpettaio, tiene in ansia la catena mancina di Juric, con accelerazioni e cross.
(dal 65’ Elmas: 6)
Meno elettrico del messicano. Interpreta il ruolo alla stregua dell’esterno di concetto, sostanza e coperture. Tuttavia, non disdegna di andare negli spazi stretti. Tiene la zona, favorisce il consolidamento del possesso, stringe verso il centro, favorendo le sovrapposizioni di un Di Lorenzo veramente instancabile.
Osimhen: 8
Ha acquisito l’abilità nel proteggere l’attrezzo, che ricorda quella dei centravanti classici, buoni a muoversi spalle alla porta, fare le sponde e poco altro. Invece, il nigeriano associa questa nuova core competence alla tradizionale velocità ipercinetica, che gli consente di aggredire lo spazio profondo. Una volta ricevuto il pallone, la frequenza di tocchi ed i cambi di direzione tengono costantemente in apprensione la retroguardia di casa. Segna una doppietta di testa da ogni angolo possibile. Il primo, con l’uomo appiccicato; l’altro creando separazione, e smarcandosi sul palo lontano. E poi scippa letteralmente la palla dai piedi di Schuurs, dando il là per connettere Kvara con Ndombele, per il 4-0 finale.
(dal 71’ Simeone: s.v.)
La giocata finale con cui mette in ghiaccio la partita, copertura della palla e fallo conquistato su Schuurs, certifica la feroce determinazione che mette sempre in campo.
Kvaratskhelia: 8
Dribbla chiunque gli si pari davanti. Interno, esterno e suola, per il georgiano, la superficie di impatto non fa differenza: salta gli avversari come birilli, pettinando il pallone con tocchi raffinatissimi. Una caratteristica che usa per rendersi immarcabile negli ultimi metri, nonché permettere al Napoli di risalire il campo con grandissima qualità. Ha mandato talmente tante volte per terra Gravillon, con il primo controllo orientato, seguito da accelerazione mortifera, da suggerirne la sostituzione. Preferisce appoggiare un succoso cioccolatino a Ndombele, piuttosto che andare personalmente alla conclusione. Impeccabile dagli undici metri.
Allenatore Spalletti 7
Se il Napoli ha scelto talvolta di ridimensionare il suo possesso, per favorire gli inserimenti dietro la linea difensiva avversaria di Osimhen, oppure gli strappi in verticale delle catene laterali, dando un senso differente al concetto di calcio diretto, è innegabile che sia merito dell’Uomo di Certaldo. Senza trascurare il dinamismo e le rotazioni del terzetto di centrocampisti. Uno scenario non secondario, la densità con cui in certe situazioni, la squadra si predisponga al sacrificio difensivo, alla stregua del pugile che si appoggia alle corde, per rifiatare nei momenti di difficoltà. Una flessibilità tattica che sta producendo enormi dividendi, in termini di classifica e soddisfazioni personali.
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