Sarri vince a distanza

Diciamo la verità, la sconfitta di Marassi ha un nome preciso: Carlo Ancelotti. Ed un vincitore sia pure a distanza, Maurizio Sarri. Estremizziamo, ovvio. Ancelotti ha sbagliato, ma fino ad un certo punto. Ed anche la vittoria di Sarri lascia il tempo che trova. L’ex tecnico azzurro le sue vittorie, quelle sì pesanti, le sta ottenendo in Premier. Ieri sera una vittoria morale, di cui magari avrebbe fatto volentieri a meno. Per l’affetto che nutre per i tifosi e certamente per i giocatori: certo che se pensa al presidente…

Ancelotti per la prima volta ha provato ad incidere sulla squadra. Sin qui ha sostanzialmente mandato in campo il Napoli di Sarri, negli uomini e nelle idee. Un Napoli accusato di essere sempre uguale a se stesso, ma che in tre anni aveva fatto quasi 260 punti. Quando ha provato a mettere qualcosa di suo è arrivata la mazzata, inattesa e terrificante.

Diciamo la verità: ieri non c’era alcun bisogno di fare turnover. La squadra aveva giocato 8 giorni prima, e alle viste c’era la sosta per le nazionali. Non c’era bisogno di far rifiatare nessuno. Eppure Ancelotti ha voluto cambiare, e non si è trattato di cambi normali. Fuori Hamsik e Callejon, quei due che con Sarri avevano sempre giocato. Non sapremo mai se la cosa è stata casuale o voluta. Se il tecnico ha messo in campo le due alternative più pronte, o se piuttosto ha voluto dare una scossa. Sta di fatto che il Napoli è sceso in campo senza anima, quell’anima incarnata dai due sempre presenti. E ad inizio ripresa altre due mosse simboliche (o magari no, non lo sapremo mai). Fuori Insigne, altro intoccabile, dentro Ounas, il giocatore che Sarri non vedeva e che Adl avrebbe voluto vedere più spesso.

Gli errori di un mercato “avventato”

Per la prima volta, dopo tre anni in cui si procedeva col pilota automatico, alla squadra sono venuti meno determinati meccanismi. Ed i risultati sono stati pessimi. Due gol assurdi, i primi due, sul terzo bisogna solo alzarsi a plaudire Quagliarella. Dall’altra parte nessuna conclusione degna di questo nome. Inevitabile a questo punto pensare che tutto sommato aveva ragione Sarri che si fidava solo dei suoi titolarissimi.

Non è così, non può essere così. O per meglio dire non è solo così. Sarri aveva le sue ragioni a far giocare sempre gli stessi, ma Ancelotti ha il dovere di cambiare qualcosa. Quella squadra aveva chiuso il suo ciclo, giusto cambiare. Magari il rinnovamento avrebbe dovuto essere più capillare. Il mercato più invasivo, i giocatori simbolo dell’ultimo triennio, almeno quelli oltre i 30 anni, andavano venduti, laddove possibile. Ora è tutto difficile: perché c’è la squadra di Sarri ma si deve provare a giocare in altro modo.

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Il “primo” Napoli di Ancelotti crolla a Genova

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