Ci sono alcune cose che funzionano bene se fatte in un determinato momento della vita stessa delle persone. La bellezza del calcio si distingue invece perchè funziona indifferentemente dall’età delle persone e dal ceto sociale delle stesse. Nonostante la tecnologia ed i molteplici cambiamenti di regole, il fascino del calcio resta intatto, non lascia scampo, trasformando i cuori nonchè le vite stesse delle persone. Il calcio è interessante nonostante che ci siano tecnici, educatori, dirigenti noiosi o divertenti, che ci siano o meno presidenti privi di passione rivolti soltanto all’utile di bilancio, il vil denaro non debella nulla nell’animo di un calciofilo, perchè il calcio ad un pallone ci porta dentro le sue vicissitudini senza l’obbligo di essere rappresentato con scenografie o effetti speciali. Difficile parlare di settori giovanili italiani se non si fa una disamina dettagliata di quel che succede in Europa e si fa un sincero confronto obiettivo.
La UEFA considera giocatori formati dal club tutti quei ragazzi che sono tesserati per almeno tre anni tra i 15 e i 21 anni d’età. Fino a pochi mesi fa era l’Ajax a guidare la classifica a livello europeo che aveva cresciuto più giocatori per la prima squadra (71 giocatori cresciuti) ed ora in giro per l’Europa a rafforzare le varie squadre europee. Al secondo posto troviamo la Dinamo Zagabria con circa 67 giocatori cresciuti nel proprio vivaio. Se invece valutiamo la classifica di chi produce più giocatori nei settori giovanili tra i maggiori campionati europei, in testa alla classifica troviamo il Real Madrid con 41 giocatori ed al secondo posto il Barcellona con 34 giocatori. Se lo sguardo lo proiettiamo ai settori giovanili italiani rispetto a quelli europei la classifica langue, è rappresentata dall’Inter al 39 posto, male male. Riepilogando se il raffronto dei settori giovanili lo si fa con quelli europei ci si imbatte in un’Italia da terzo mondo, con strutture fatiscenti ed obsolete. Per fortuna in Italia dei modelli da seguire ci sono vedi: Juventus, Roma, Inter, Milan, Atalanta. Sono società quest’ultime che credono ed investono molto nei loro settori giovanili, anche se qualcuna di loro mi lascia perplesso in quanto fa selezione sulla prontezza attuale del ragazzo traendo benefici nell’immediato dalle attitudini psico/fisiche del momento, trascurando inesorabilmente i ragazzi ed i loro bisogni trovandosi quest’ultimi ai margini di ogni reale progetto di sviluppo, il tutto perchè secondo questa aberrante filosofia conta vincere anche tra queste categorie ed affermare il blasone della società. “CHE TRISTEZZA”.
Ma quanto spendono le società di serie A italiane nei propri settori giovanili? Già, quando avemmo quella famosa bastonata in Sud Africa e mi riferisco alla nazionale di Lippi dove non si riuscì oltre che andare avanti nella competizione ma nemmeno a mettere in evidenza nessun giovane, fu dato un primo monito dai vertici alle società di serie A di investire di più nei settori giovanili ed eravamo nel 2011 quando l’Inter metteva in bilancio 5 milioni di euro per il vivaio a pari merito con Juventus, Milan e Roma. Sampdoria 1,5 milioni e Palermo 1 milione di euro. Cosa che faceva rabbrividire e siamo nel 2011 era il Napoli, stupiva in senso negativo con circa 350 mila euro. Ad oggi nel 2018 la Juventus investe circa 10 milioni di euro, Inter e Milan circa 8 milioni di euro, l’Atalanta circa 6 ed il Napoli poco più di 1 milione d’euro con nessuna infrastruttura di proprietà, passano gli anni ma la famosa scugnizzeria del patron Adl non si intravede ed il futuro non prospetta nessuna novità, nonostante l’abnegazione e la professionalità del responsabile del settore giovanile Gianluca Grava con tutto il suo staff.
Andando a dare uno sguardo molto da vicino al settore giovanile del Napoli, la situazione si fa alquanto drammatica, basti pensare che fino a pochi mesi tutte le squadre del settore (8) esclusa la Primavera si allenavano su un solo campo a 11 e due campi di calcetto a 5. La primavera si allenava a Lusciano in una struttura fatiscente ed obsoleta per non parlare del terreno del rettangolo di gioco. Per quanto concerne invece il resto delle squadre del settore giovanile che si allenavano a Sant’Antimo,(ovviamente il centro sportivo era in affitto al Napoli) si poteva constatare come sull’unico campo a 11 spesso erano dislocate due squadre quindi circa 50 tesserati tra giocatori e tecnici. Aneddoto: ho visto con i miei occhi più tecnici abbandonare il Napoli perchè non potevano esprimere un buon lavoro su un campo a 11 occupato da così tanti tesserati, come non comprendere i colleghi e tributare loro un applauso. Quando qualche “esperto di calcio” si riempie la bocca parlando di PROGETTO, di giovani ed investimenti, sappiate che dovrete fare uno sconto a queste parole che dice, del 90% perchè i dati quelli si sono reali gli daranno torto inesorabilmente. I settori giovanili dovrebbero essere la linfa delle società professionistiche, forse sarebbe il caso di approvare delle regole rigide riguardante l’obbligatorietà da parte delle società ad investire nei settori giovanili in percentuale al loro fatturato e dico forse, ripeto forse potremmo iniziare a credere nella famosa frase di cui il presidente di calcio si vanta.     ” Abbiamo un progetto” (il problema resta la verifica dello stesso).

Le vittime di questa catastrofe sono: 1) la nazionale che viene esclusa dal mondiale perchè il nostro sistema non riesce a far crescere giovani talenti da ben figurare in Europa e nel mondo. 2) i ragazzi, quegli adolescenti, che vivono l’età delle grandi cose, dove si matura la vocazione ed il posto da occupare nel loro sogno più bello, quello di diventare calciatore, ai quali viene presentato un mondo fatto di ipocrisia e senza valori in cui credere, un mondo quello calcistico fatto e contornato da gente ipocrita e molti tecnici e dirigenti anche senza le necessarie competenze sia tecniche che comportamentali, perchè le competenze quelle importanti, quelle indispensabili per affrontare ed aiutare i giovani ad un percorso formativo qualificato vanno retribuite non con i rimborsi spese da fame per 10 mesi all’anno ed accettati da molti di noi tecnici pur di vestire la casacca della società professionistica.
Ha ragione il Maestro Sarri quando dice: “Che la tecnica e la tattica sono il pane quotidiano ma poi ci devi mettere qualcosa di tuo” mi permetto di aggiungere, mettiamoci qualcosa di nostro, del nostro territorio, un bacino d’utenza pieno di giovani talenti che società professionistiche del centro/nord continuano ad estirparci dalla nostra città giorno dopo giorno, in attesa che nasca una scugnizzeria napoletana che sia lo specchio di un top club, il fiore all’occhiello della nostra meravigliosa città di Napoli e l’orgoglio di una tifoseria quella azzurra che ci invidia il mondo intero.

Luciano Tarallo

Lascia un commento