19 Novembre 1995.
Parma-Milan. Fa esordio nel calcio moderno, il più forte portiere italiano.
Gianluigi Buffon. 17 anni. Da quel momento, numero 1 per 25 anni.
“Ero tranquillo dentro” ha raccontato successivamente.
La cosa ci interessa, non certo per fare inadeguati confronti, non certo per porre Meret sotto una lampada da inchiesta.
Ci interessa per provare a spiegare, nei limiti dello studio pedagogico, come il comportamento di un portiere sia legato allo sviluppo della Persona. Molto più di un centrocampista.
Pregi e difetti.
Altezze e limiti.
Nel caso degli atleti molto si crea poco si distrugge. I portieri fanno vita a sé.
Anche per loro, però, c’è limite al limite. Perdonate il gioco di parole.
A Meret si associa di continuo il termine “situazione psicologica”. Dici Meret e tiri fuori gli aspetti reconditi della psiche, tiri fuori i momenti in cui appare “fuori centro”. Dici Meret e ti viene di pensare ad un ragazzo svampito che ogni tot si perde.
A Madrid due interventi importanti poi un errore.
Si ricorderà l’errore, classico.
“Non grida, non si fa sentire, non comanda col piglio, non dà sicurezza.”
Agli Italiani piace l’uomo forte al comando.
Il muscoloso.
Quello che fa la voce grossa. Che esce dai pali gridando mia, insomma.
Nel frattempo, gli stessi, chiedono tecnica dei piedi, visione del calcio e capacità di concentrazione.
Fuori da ogni discussione, Meret non è Reina. Non ha i suoi piedi ed il suo essere un finto libero. Più di Pepe ha, però, la reattività tra i pali. Cosa non secondaria.
Cosa evidente sebbene da profani.
I limiti sono limiti e non si fanno separazioni tra testa e corpo. Siamo quello che facciamo.
Non esistono allenamenti specifici per l’una o l’altra metà della Persona.
Siamo un tutt’uno. Prendere o lasciare.
Meret è un ottimo portiere. Limiti e difetti.
Ci basta?
Il Napoli chiede di meglio?
Si attivi.
Le critiche alla condizione psicologica, usata in stile on-off, di Alex, ha davvero stancato.
È pallone.