Dal quotidianonapoli.it

El Barba, questa volta, lo ha “convocato” davvero… Più di una volta, nella sua vita spericolata, Maradona era stato lì lì per andarci e tutte le volte che si è tirato fuori da situazioni gravissime amava dire: “El Barba non mi ha ancora voluto da Lui”.
Stavolta El Barba se l’è preso, portandocelo via, in una giornata non comune per altre coincidenze che, a questo punto, faccio fatica a dire casuali se è vero che esiste un disegno superiore. 25 novembre, una data da ricordare anche per Best finito nel 2005 e Fidel Castro morto appena quattro anni fa. Altri geni, a modo loro diversi, che hanno vissuto l’esistenza come Diego, attraversandola in modo diretto, senza scorciatoie né indugi. Nel bene come nel male. Perché Maradona è sempre stato se stesso. Anche nella morte. Morte di chi, di cosa? Si sprecano giudizi, epinicii e peana, anche di coloro che lo hanno detestato. Lui se n’è sempre fregato dei giudizi altrui, figurarsi adesso…
Perché giudicare l’uomo Maradona senza il calciatore è impossibile, ma ancora di più lo è giudicare il calciatore senza l’uomo. Sono un unicum impossibile da dividere perché è dalla somma di queste due personalità che è nato il dio del calcio e poi il mito.
Ma se lui era e resterà il dio del calcio, il mito, per me, è quello dell’uomo che ha cavalcato due epoche a cavallo di due millenni. C’era un calcio negli anni sessanta, ottanta, c’è un calcio negli anni duemila. E poi c’è Maradona che è “tutta n ata storia”, come canta(va) Pino Daniele.
Perché il dio del calcio è in quel piede sinistro divino in un fisico “nato” per giocare a calcio, ma il Mito va ben oltre quei 100 metri per 70 che gli hanno dato gioia, ricchezza, ma anche dolori e sofferenze pur di far gioire con lui milioni di persone. E il Mito-Maradona sta nel suo aver rappresentato sempre se stesso senza falsità, senza menzogne per ingannare gli altri, ma ingannando, sapendolo, solo se stesso e pagando sempre in prima persona. Voleva solo giocare a calcio e sembrava che solo questo gli interessasse e interessasse gli altri. Vero, finché non avevi la possibilità di ascoltarlo e cercare di capire quali segreti e da quali angosce voleva scappare l’uomo per rifugiarsi nell’oblio totale.
Era intelligente, di un’intelligenza diversa, frutto di un istinto geniale recapitatogli da chissà dove, da quale parte dello spazio. Forse, direttamente dal Barba che pure era sempre al centro dei suoi pensieri come la mamma “Donna Tota”, nonostante le debolezze e le “birichinate” dell’ uomo, della sua parte umana. Perché sono convinto, lo sono da sempre, che i Geni non sono creature normali ma esseri proiettati chissà perché tra noi mortali. Leonardo, Caravaggio, Padre Pio, Mozart, Van Gogh, Beethoven, Einstein e anche lui, Maradona. Tutti così diversi eppure tutti così simili accomunati da quel fattore X che li porta avanti di secoli. In tutti loro c’è qualcosa di divino, di misterioso che li rende immortali a noi umani e che ci deve convertire a pensare che “sì, c’ è qualcosa prima di nascere ma soprattutto dopo la morte”. Un modo come un altro, con la musica, l’arte, le scienze, con il calcio, per avvertire noi, comuni mortali “Guardate che siamo qui per dirvi che l’eternità esiste”. Diego Armando Maradona, questa idea ce l’ha data e non solo con un pallone. Parlare di Napoli, della sua napoletanità e della sua napolitudine, delle sue battaglie contro i poteri forti e arroganti, delle sue vittorie, dei suoi drammi e dei suoi errori, mi sembra riduttivo, limitante per un genio che, con una sfera, ha attraversato 60 anni di storia, facendola a modo suo, dando un senso non solo alla sua vita ma a milioni di persone che ne hanno fatto il loro Mito, seguendo come discepoli il suo credo. Un credo universale che parlava di pace, di giustizia sociale di generosità verso i più sfortunati. Grande anche negli errori, negli eccessi, anche quando erano gli altri ad indurlo in tentazione. Perché rimasto sempre fedele a se stesso senza rinnegare niente. Come un Cristo o come un martire votato al sacrificio. L’uomo è morto il 25 novembre 2020, il Genio, l’immortale che era in lui, s’ è finalmente liberato di un abito, il corpo, che non gli apparteneva più da diverso tempo. El Barba lo avrà convocato anche per questo. Gli farà fare un po’ di panchina. Non per farlo soffrire o punirlo, ma per redimerlo dalle sue debolezze di uomo. Poi lo libererà su quel campo infinito dove i geni non hanno limiti e tornerà a correre con una palla al piede…