L’emergenza passerà. Progressivamente si tornerà alla normalità sanitaria. Esiste già una data di massima: diciamo verso il 20 aprile. Sarà una ripresa progressiva, non tutti insieme, ovviamente. Il calcio, per dirne una, potrà riprendere gli allenamenti il 3 maggio, per essere in campo (a porte chiuse) da sabato 16. Per le scuole il discorso è diverso. C’è la necessità di portare a termine il percorso formativo. Ma riaprirle porterebbe problemi enormi. Non pensate ai ragazzi che sono in aula, semmai con le mascherine. Immaginateli tutti alla stessa ora nei mezzi di trasporto.
La vera emergenza però quella economica. Oggi chi dice che non ha i soldi per mangiare probabilmente mente. Non siamo ancora a questo. Ma a gioco lungo, senza interventi importanti da parte dello Stato, sarà la catastrofe. Per tutti, non solo per alcune categorie. Oggi vanno fortissimo televisioni e siti internet. La gente è a casa, senza avere nulla da fare. Per essere informati, per distrarsi, anche solo per divertimento può solo vedere la televisione o smanettare su internet. Ma TV e siti si mantengono con la pubblicità. E in tempi di carestia le prime voci di spese che si tagliano solo quelle della pubblicità.
Alla fine anche l’unico settore commerciale che in questo momento va a mille, quello alimentare, andrà in crisi. Se la gente ha meno soldi non rinuncia a mangiare, ma spenderà sempre meno.
E, manco a dirlo, andranno in crisi le casse dello Stato. Se il denaro non circola non si genera ricchezza, non ci sono tasse da pagare. E inizierà la crisi anche dei dipendenti pubblici. Uno scenario apocalittico? Assolutamente no, purtroppo si tratta di uno scenario abbastanza realistico. Senza considerare il crollo del valore delle società che potranno essere rilevate da chi ha disponibilità economica. Nella migliore delle ipotesi possiamo parlare dei fondi stranieri. Ma non dimentichiamo che la criminalità ha liquidità tale che a volte fa anche fatica a riciclarla.
La risposta può essere una sola: soldi, tanti soldi, messi in circolazione dallo Stato. Stampando nuova moneta. Soldi che devono andare a tutti. Nel meridione d’Italia (ma non solo) la gente lavora spesso a nero. Non è una scelta del lavoratore, e in molti casi neanche del datore di lavoro. Se il Bar dovesse mettere a posto tutti i suoi dipendenti il caffè dovrebbe costare 5 euro. Una pizza dovrebbe costarne 20, e così via. Nessuno sceglie di lavorare a nero, e non possiamo certo lasciarli dietro.
Tanti soldi da mettere in circolazione, e chi se ne frega se ci sarà un’impennata dell’inflazione. L’alternativa non esiste


Giornalista