Sembrava che andasse tutto bene in casa Napoli. Un legame solido e stabile, quello tra Antonio Conte con l’ambiente partenopeo, tranquillizzato proprio dall’arrivo del tecnico salentino. Per i tifosi, unico garante del progetto teso a rinnovare le ambizioni della proprietà in chiave alta classifica. Ma come il più classico flirt estivo, è bastata la prima sconfitta per far emergere qualche crepa nell’idillio col nuovo allenatore. Almeno è quello che traspare stamattina dal racconto mediatico veicolato da giornali, televisioni e social ai napoletani, spaparanzati sotto l’ombrellone al mare.

Che il Napoli fosse un cantiere lo sapeva innanzitutto Conte, consapevole della necessità di continuare a lavorare, senza lasciarsi prendere dai facili entusiasmi. Tantomeno, dallo sconforto prematuro. Nessuna tragedia, quindi, per il test match col Girona. Che va analizzata con equilibrio, evitando isterismi collettivi o prematuri strappamenti di capelli. Mentre c’è già chi si adopera per creare sterili dualismi, puntando il dito verso alcuni giocatori. Stabilendo arbitrariamente i confini tra giusto e sbagliato. Una sorta di buoni contro cattivi. Inammissibile in questa fase della stagione.

Ancora errori coi piedi

Fino a qualche giorno fa il Napoli appariva brillante e propositivo. Ieri, invece, ha sofferto terribilmente il ritmo impresso alla gara dall’avversario. Ma da qui a parlare di passi indietro nella prova generale in vista dell’esordio di sabato prossimo in Coppa Italia contro il Modena, se non addirittura, di squadra inceppata, ce ne corre. A destare qualche perplessità, comunque, il contesto in cui è maturata la sconfitta. Perché dentro lo 0-2 con gli spagnoli ci sono piccoli granelli di sabbia finiti negli ingranaggi tattici che l’Uomo del Salento sta cercando di implementare in queste settimane di ritiro.

A partire dalla giocata da incubo di Meret, che provoca il vantaggio di Van de Beek, troppo simile al gol preso lo scorso anno dal Frosinone, per cominciare a non essere un problema: ipnotizzato dal pressing di Soulè, si lasciò scippare il pallone, regalandolo praticamente a Cheddira per l’1-1. E contribuisce ad alimentare la domanda che aleggia all’ombra del Vesuvio. In sostanza, quanto incide l’Airone nelle fortune del Napoli, se l’orientamento rimane quello di insistere pedissequamente sulla costruzione dal basso. Un dilemma sempre attuale. O meglio, dalla tragicomica trasferta di Empoli, primo capitolo della gestione Spalletti. Quando un medesimo errore di Meret nella risalita da dietro su Pinamonti estromise de facto gli azzurri dalla rincorsa alle due milanesi, lanciate vero lo scudetto.

Insomma, sussiste la percezione che il portiere coi piedi faccia bene, ma non benissimo. E inevitabilmente, talvolta, compia qualche frittatone fantozziano, senza Birra Peroni gelata e rutto libero ad accompagnarlo. Nondimeno, pur venendo messo continuamente in discussione da una fetta consistente di opinionisti, il giudizio condiziona la gente. Ma non il tecnico. Che al momento non si cura dei giudizi della critica e va dritto per la sua strada, considerando Meret il titolare della “numero uno”.

Spazio in mezzo e poca profondità

Nel frattempo il Napoli ha pagato anche il palleggio degli spagnoli, funzionale a dilatare le distanze tra Lobotka e Anguissa. Quando lo spazio tra i due centrocampisti si apre troppo, conseguenza dell’atteggiamento del camerunese, che si alza assieme ai laterali a tuttafascia ed in aiuto ai trequartisti offensivi per invadere la trequarti altrui, gli azzurri perdono ovviamente compattezza. Tuttavia, se la squadra non rimane stretta e corta, offre il fianco alle imbucate, o agli inserimenti in verticale degli avversari, che poi costringono lo slovacco a scappare all’indietro in situazione di inferiorità numerica. Così, gli uomini di Conte fanno una fatica del diavolo, nel mantenere gli equilibri a livello difensivo.

Infine, resta il problema dell’attaccante. Raspadori si muove bene, cuce il gioco con grande efficacia. Ma non garantisce assolutamente la profondità. Una dote che potrebbe assicurare esclusivamente un centravanti posizionale. Una punta con certe caratteristiche, dunque, che al netto delle suggestioni sensazionalistiche di mercato, può essere solo Simeone (oppure Osimhen, ad oggi un tesserato della società…).

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