Il Napoli ha fatto un mercato reputato da molti deludente e non ha rischiato, come al solito in questi anni.
In attacco sono stati aggiunti Verdi e Younes (già preso a gennaio) mentre si punta sulla tenuta di Milik, calciatore importantissimo se in buone condizioni.
A centrocampo Jorginho non è stato sostituito con un omologo (è stato preso Fabian Ruiz per 30 milioni, il quale ha caratteristiche diverse) e questa strategia ha sollevato polemiche.
Vogliamo tuttavia porre l’accento su un punto: compreso Ancelotti, il monte ingaggi del Napoli è arrivato a 108 milioni ed è destinato ad aumentare, con gli adeguamenti di alcuni calciatori, tra cui Zielinski. Gli stipendi degli azzurri supereranno quindi quota 110 milioni di euro.
Per carità, nulla di folle, visto che il fatturato, plusvalenze escluse, sarà superiore ai 200 milioni e considerato che gli azzurri sono destinati a entrare ancora in Champions.
Ad ogni modo sono costi fissi che non possono essere trascurati.
ADL sarà un personaggio sui generis e spesso inopportuno nelle dichiarazioni, ma sa fare bene i conti e, grazie a questa gestione, gli azzurri non hanno l’obbligo di vendere. La società si autofinanzia con una cessione maxi ogni due anni (in media) per poi investire con più profili giovani e di valore.
Il presidente sa che, senza stadio di proprietà e con un merchandising ben inferiore rispetto ad altri club italiani, l’aumento del fatturato dipende tantissimo da risultati e plusvalenze, ragion per cui la strategia va in questo senso, visto e considerato che per essere competitivi il monte ingaggi deve essere superiore ai 100 milioni di euro.
Non possiamo tuttavia trascurare il rovescio della medaglia, ovvero la stucchevole querelle con il comune per la questione stadio e gli insuccessi sul fronte dello sviluppo del brand. In questo senso non possiamo non osservare che nei negozi esteri le maglie del Napoli manchino quasi totalmente. Questo nonostante la squadra abbia fatto grandissime cose in Italia e stia in un’ottima posizione nel ranking UEFA.
A cura di Vincenzo Di Maso
Giornalista