Massimiliano Esposito ha vissuto almeno tre vite, calcisticamente parlando. Da Materdei dove, giocando per strada, ha iniziato il suo lungo viaggio, inseguendo l’ispirazione per il dribbling ubriacante. Passando, poi, tra i salotti buoni e la tranquilla provincia dell’italico pallone. Sbarcando, infine, sulle spiagge soleggiate del beach-soccer. Dove la sua immensa passione per il calcio s’è sposata con le estati pallonare. Esposito è stato uno dei protagonisti della famosa partita Perugia-Juventus del 14 maggio 2000. Una data funesta per la maggior parte dei tifosi juventini. La sconfitta con gli umbri, maturata sotto un nubifragio epocale e la concomitante vittoria della Lazio, all’Olimpico, con la Reggina, consegnò sul filo di lana ai biancazzurri il campionato 1999-2000. “Si è parlato tanto di quella gara. Del fatto che giocammo praticamente sotto un acquazzone. Ma fu anche una prestazione magistrale di tutta la squadra. La Juventus era fisicamente in fase calante, mentre noi eravamo in crescita costante. Non a caso, proprio vincendo con i bianconeri, riuscimmo a conquistare l’accesso all’Intertoto”. Un aneddoto su tutti, a distanza di tanti anni. “La tensione tra noi era altissima, a partire già dalle ore precedenti l’inizio della partita. Così io e alcuni compagni, tra cui Marco Materazzi, simpatizzante laziale, cercammo di alleggerire la pressione, scherzando con il resto del gruppo. Cosa che in effetti, ebbe i suoi frutti…”.
“Lotta scudetto entusiasmante. Il Napoli terrà testa alla Juventus fino alla fine”
Testimone di quella giornata storica, con Massimiliano Esposito, vogliamo parlare di un altro testa a testa. Sicuramente più attuale. E vicino al suo cuore di napoletano e tifoso del Napoli. “La lotta scudetto è stata entusiasmante, e credo che fino alla fine il Napoli potrà tenere testa alla Juventus. Quest’anno gli azzurri hanno dimostrato una certa maturità. Specialmente cambiando il modo di interpretare le gare. Prima, il Napoli era una squadra che palleggiava tantissimo. Adesso è abile pure nel cambiare in corsa, adattandosi all’avversario. Non solo possesso-palla. Ma anche grande capacità di corsa e immediate verticalizzazioni”. Dalle sue parole, emerge chiaramente la stima di Esposito per l’allenatore del Napoli. “Se consideriamo la rosa a disposizione di Maurizio Sarri e la compariamo con quella della Juventus, è innegabile quanto Sarri stia facendo un lavoro eccezionale. L’eliminazione prematura dalle Coppe non può mettere in dubbio la bontà del suo lavoro. Sicuramente la coperta è un po’ corta, anche alla luce degli infortuni che hanno messo fuori causa Ghoulam e Milik”. Il riferimento al mercato di riparazione non appare neanche tanto velato. Sull’argomento, però, Esposito ha le idee abbastanza chiare. “Ritengo che la costruzione di una squadra vada programmata. Da questo punto di vista, la Juventus appare più attrezzata, avendo speso sicuramente di più in estate e potendo quindi contare su una panchina assai più lunga. D’altra parte, conoscendo il modo di lavorare di Sarri e il fatto che un calciatore possa entrare nei suoi meccanismi di gioco solo dopo aver assimilato determinati movimenti e sincronismi, penso che a gennaio si potesse fare ben poco per rafforzare una squadra, che comunque sta reggendo alla pari il confronto con la Juventus”. Sulla volata scudetto, Esposito ha una certezza: la tenuta mentale avrà un ruolo determinante. “Le motivazioni saranno importantissime e conteranno quanto la condizione fisica. Non bisogna trascurare il fatto che il Napoli potrà concentrarsi solo sul campionato. Mentre la Juventus deve affrontare il doppio impegno. La sfida con il Real Madrid, in Champions League, potrebbe distrarre i bianconeri, che, qualora venissero eliminati, ne subirebbero in negativo il contraccolpo”.
Il Napoli di Simoni e la Coppa Italia persa in finale con il Vicenza
Quanto possa essere condizionante, in negativo, su una squadra di calcio, l’aspetto psicologico, Massimiliano Esposito l’ha pagato sulla sua pelle. E proprio a Napoli. La stagione 1996-97 appare il crocevia di quello che poteva essere e invece non s’è concretizzato. Per gli azzurri. E pure per lo stesso tornante di Materdei. La finale di Coppa Italia persa con il Vicenza diventa il simbolo del vorrei, ma non posso. Uno degli ultimi sussulti della gestione targata Corrado Ferlaino. “Avevamo costruito un gruppo fantastico. In cui la qualità dei giocatori andava di pari passo con il valore degli uomini, fuori dal campo. Eravamo affiatatissimi, sia noi napoletani, che i sudamericani: Beto, Ayala, Cruz. Uno dei segreti di quella squadra erano proprio le cene settimanali. A turno ci riunivamo a casa di uno di noi, e cementavamo il gruppo a tavola, tra le mozzarelle di bufala che portava Altomare e l’asado che preparava Cruz”. Le deroghe al regime alimentare di un atleta professionista pare avessero prodotto gli effetti sperati, smentendo così le tradizionali tabelle nutrizionali di dietologi e preparatori atletici. Non a caso, quel Napoli, prima della sosta natalizia, si issò fino al secondo posto in classifica. Il girone di ritorno, però, deluse fortemente le aspettative. L’esonero di Gigi Simoni scatenò un effetto domino, in negativo. Ed il Napoli concluse quella stagione con un modesto dodicesimo posto. Seppur condito dalla finale della Coppa Italia. Esposito ha una sua idea, circa quello che effettivamente successe. “Credo che non ci fosse unità di vedute tra Ferlaino e Simoni. Quella era una squadra cui bastava davvero poco per rafforzarsi considerevolmente e fare il salto di qualità definitivo. Oltre ai giocatori già citati, c’erano Taglialatela in porta, Colonnese e Milanese in difesa, Boghossian a centrocampo”. Le titubanze di un presidente ormai economicamente inidoneo a supportare le velleità dei tifosi e le ambizioni del proprio allenatore, convinsero Simoni ad accettare la corte serrata dell’Inter. A quel punto Ferlaino, non si sa bene se per gelosia piuttosto che per ripicca, esonerò Simoni, impedendogli di disputare la doppia finale con il Vicenza. Il resto è Storia…
L’esordio in serie A con la Reggiana e la Lazio di Zeman
La carriera di Massimiliano Esposito è tutta costellata da gioie calcistiche, inframezzate a qualche delusione profonda. Due in particolare, i momenti esaltanti, da ricordare: la Reggiana e la Lazio. “Alla Reggiana ho avuto la possibilità di esordire in serie A. Venivo dal Catanzaro, in serie C, e la società gestì benissimo questo grande salto di categoria. Mi diedero la possibilità di crescere con serenità, senza grosse responsabilità sulle spalle, alternando tribuna e panchina, a qualche apparizione in prima squadra. Il girone di ritorno, invece, fu esaltante, tanto per me, quanto per la squadra. Nelle ultime sette partite di campionato, segnai ben cinque reti, fondamentali per la salvezza. Di cui una, a San Siro, contro il Milan, che già si era laureato Campione d’Italia. Proprio quella vittoria ci permise di sorpassare il Piacenza, che retrocesse in B”. La sponda biancazzurra di Roma, tuttavia, un po’ di amaro in bocca l’ha lasciato. “Alla Lazio mi volle fortissimamente Zeman, che già mi voleva a Foggia, quando stavo al Catanzaro. Prima sembrava che dovessi andare alla Sampdoria. Si parlava del sottoscritto come dell’erede di Attilio Lombardo. Poi invece la spuntò la Lazio. All’inizio andai in ballottaggio per una maglia da titolare con Rambaudi. All’esordio segnai una doppietta. Si vociferava addirittura di una mia possibile chiamata in Nazionale. Poi le cose si complicarono. Anche a causa di qualche infortunio. Ma forse quell’anno pagai di più il passaggio da un ambiente familiare come quello di Reggio Emilia, ad uno più complesso come quello romano…”.
Una passione mai sopita per il calcio: dalla strada alla spiaggia
Oggi Massimiliano Esposito non ha smarrito l’amore incondizionato per il pallone. La sua passione, però, s’è evoluta. Sotto certi punti di vista, anche trasformata. La scoperta del beach-soccer ha accompagnato la fase finale della sua carriera. Prima come giocatore. Dopo come C.T. della Nazionale. Senza dimenticare la costruzione di una solida base dottrinale e metodologica, con l’acquisizione, sui banchi di Coverciano, del patentino Uefa A. “Giocare a calcio sulla spiaggia è solo un altro aspetto della mia profonda passione per il calcio. All’inizio era solo un divertimento. Ma poi ho scoperto tutte le sfaccettature del gioco, che è più complicato, perché la palla rimbalza in maniera diversa e quindi devi sempre anticipare la giocata. Senza dimenticare, la bellezza dei gesti tecnici spettacolari, come lo stop seguito dalla rovesciata…”. Quante giocate estemporanee ha fatto Esposito. Sin da bambino. Però, mai fini a sé stesse. Anzi, sempre funzionali alla necessità di creare superiorità numerica e finalizzare in rete. Le stesse che oggi prova a trasmettere ai suoi ragazzi, nel settore giovanile della Polisportiva Sacra Famiglia di Padova, una delle migliori realtà giovanili dilettantistiche della zona. “Oggi si è perso il gusto di giocare per strada, dove si imparava a gestire il pallone in regime di continua difficoltà, dovuta alle auto in sosta e ad altre asperità. Eppure, si migliorava proprio così. Magari imparando a dialogare, per chiudere un triangolo, con l’auto in sosta oppure con il marciapiede…”. Proprio alla strada è legato un ricordo indelebile della sua infanzia calcistica. “Non vedevo l’ora di terminare i compiti, per scendere in strada e giocare a pallone. Una volta, però, spaccai uno specchietto retrovisore di un auto in sosta. E mio padre, per farmi ripagare il danno, mi obbligò a lavorare qualche settimana come garzone di una salumeria…”. A quel punto, padre e figlio presero piena consapevolezza che così non poteva continuare. Ecco, dunque, la scuola calcio a Posillipo. E dopo, Catanzaro. Dove tutto ha avuto inizio!!!
Francesco Infranca