Tradizionalmente l’ultimo dell’anno è l’occasione propizia per fare un consuntivo. Per il Napoli, l’analisi del girone d’andata deve essere necessariamente legata a quanto accaduto all’interno del campo. Tralasciando, dunque, le chiacchiere sul ridimensionamento degli investimenti, che hanno soltanto avvelenato l’ambiente. Contribuendo ad incancrenire una situazione già precaria, a causa dei deludenti risultati maturati nell’ultimo mese.
Sin troppo breve, il passo dalla solidità alla fragilità. Ovviamente, durante questa pausa, lo spazio generalmente destinato alle riflessioni prodotte dal campionato, è stato occupato dalle voci incontrollate di mercato. Che non hanno certamente facilitato le cose, all’ombra del Vesuvio.
Comprendere per ripartire
Tuttavia, riuscire a capire i motivi per cui, da un certo momento in poi, gli azzurri abbiano avuto un disequilibrio, dal punto di vista individuale e collettivo, appare doveroso. Innanzitutto, per salvaguardare il lavoro svolto finora dall’allenatore.
Al netto di qualche passaggio a vuoto, è innegabile che Luciano Spalletti stia tentando di far esprimere ai suoi giocatori un calcio funzionale alle loro caratteristiche tecniche. Con l’evidente intenzione di costruire una identità ben riconoscibile.
Offrendo la miglior strada da percorre, tatticamente parlando, ad un gruppo ricco di qualità. Orientato a sviluppare un gioco propositivo, fatto sì di costruzione dal basso e possesso prolungato, quasi a sfinire l’avversario. Senza comunque trascurare le immediate verticalizzazioni. Uno scenario talmente evoluto, da mixare il dominio dell’attrezzo, con la voglia di esplorare la profondità.
In effetti, la grandezza di certi allenatori consiste nel fatto che i giocatori si getterebbero nel fuoco per loro. Ma è ancora più grande il tecnico capace di convincere la squadra a buttarsi tra le fiamme per le sue idee.
Un rammarico che resta vivo
Peccato, però, che soprattutto a questi livelli, i calciatori facciano la differenza rispetto alla semplice teoria. Quindi, la semplicità e la chiarezza di quello che è accaduto al Napoli, letteralmente smantellato nella sua idea da assenze varie ed assortite, apre scenari in grado di decodificare subito il trend che stanno attraversando gli azzurri.
Specialmente se la squadra originariamente dava una certa intensità ai passaggi utili e alle giocate vantaggiose. Mentre adesso, esprimendosi sostanzialmente sottoritmo, s’è appiattita verso soluzioni prive di efficacia. E nient’affatto emozionanti.
Perché una dottrina filosofica, privata del supporto garantito da interpreti di assoluto spessore, nonché in condizioni fisiche ottimali, non porta da nessuna parte.
Tantomeno, consente di mantenere la vetta della classifica per un periodo superiore a qualche settimana. Anzi, genera un flusso negativo, che costringe le ambizioni a spostarsi verso lidi differenti. Allontanando inesorabilmente la squadra di Spalletti dalle spiagge dorate dello scudetto.