Luciano Spalletti è un ottimo allenatore. Assai preparato dal punto di vista tecnico-tattico, che ha ottenuto in carriera ottimi risultati, con Top Club italiani o europei.
Nondimeno, sulle sue spalle pesa come un macigno una sorta di condanna. Perché nel calcio come nella vita, le etichette, una volta che te le appiccicano addosso, difficilmente riesci poi a togliertele.
E l’uomo di Certaldo ha sempre esibito orgogliosamente vizi e virtù tipici del toscanaccio doc. Ovvero, quella naturale sagacia, condita da battute al vetriolo, capaci di fornire spunti polemici.
Accompagnando la discussione con comportamenti nient’affatto inibiti e linguaggio colorito. Specialmente davanti alle telecamere.
La pacatezza dialettica non gli appartiene
Forse solo nei cinque anni passati a San Pietroburgo, la sua visione del calcio e della vita, per ovvie ragioni legate alle difficoltà linguistiche, pur non riuscendo a modificarne geneticamente l’indole comunque ironica, gli hanno suggerito pacatezza dialettica.
Appare evidente che, nel momento in cui dovesse rientrare in attività, il suo beffardo sarcasmo tornerà prepotentemente ad animare i postpartita. Al momento, orientati al grigiore generalizzato.
Al netto dei luoghi comuni e considerando le caratteristiche del personaggio, la piazza di Napoli, tutt’altro che soporifera, sarebbe dunque ideale per tornare nuovamente ad allenare.
Una opportunità professionale potenzialmente intrigante, quindi, sedersi sulla panchina degli azzurri.
La reale curiosità, legata senza ombra di dubbio alla destinazione partenopea, è capire innanzitutto se nel suo buen retiro al centro della Val d’Elsa, dove ha continuato a percepire il lauto stipendio dell’Inter, Spalletti abbia alimentato il sacro fuoco della rinascita calcistica, coltivando il silenzio.
Nondimeno, pronto a divampare, in quanto facilmente infiammabile, se provocato.
Incuriositi dallo Spalletti che ritroveremo
Sostanzialmente, capire che tipo di allenatore ritroveremmo veramente dopo la forzata inattività.
Quello arguto, votato tassativamente alla ricerca del gioco elegante ed armonioso. Novello portatore di Estetica Trascendentale all’ombra del Vesuvio, come già qualche anno orsono ha fatto un altro toscano dalla lingua abrasiva.
Oppure l’altro, maggiormente scontroso, scottato dalla lezione che ha cercato inutilmente di dargli Roma. Cioè, che certe bandiere non si possono ammainare, senza pagarne in qualche maniera un conto salatissimo.
Nella Capitale, Luciano ha scelto consapevolmente di mettersi contro Francesco Totti, inimicandosi la stragrande maggioranza della tifoseria giallorossa.
E se Gennaro Gattuso s’è lamentato per le ingerenze dei media napoletani, probabilmente non conosce la tracotanza con cui radio e tivvù private, oltre alla carta stampata, trattano quotidianamente ciò che accade dalle parti di Trigoria. Nonché la pervicace invadenza dell’ambiente romano, caratterizzato dalle opinioni (non richieste…) di attori, cantanti, politici. Una pletora di Vip, tutti simpatizzanti della Magica.
Neanche la bellona l’ha zittito
A proposito di Top Player (presunti o reali…), con avvenentissima accompagnatrice, nella doppia veste di moglie invadente e procuratrice attaccabrighe: Spalletti è uscito indenne anche dalla tarantella meneghina imbastita dalla premiata coppia Mauro Icardi/Wanda Nara. Panchinando lui, evitando di arrivare allo scontro dialettico con lei.
Insomma, la Serie A è in astinenza da un personaggio mediatico come Spalletti, tanto quanto il pallone presumibilmente manchi al tecnico toscano.
E poco importa se il prossimo campionato i napoletani dovranno sopportarne gli umori, a tratti permaloso. Spesso e volentieri, però, spiritosissimo. Del resto, stiamo semplicemente parlando di “hose di halcio…”.
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