Pochi giorni dopo la vittoria dello Scudetto, Luciano Spalletti aveva promesso che si sarebbe preso un anno sabbatico: troppo grande la voglia di recuperare il caleidoscopio di emozioni suscitate dalla Storia scritta con il Napoli. Una cavalcata dominante, capace di esaltare l’universo partenopeo. Ma al contempo, esaurire le energie nervose di chi svolge la sua professione in maniera totalizzante, senza mai staccare la spina. Quindi, il desiderio di riscoprire il micro universo della normalità, il lento scandire della vita quotidiana accanto a moglie e figli nella tenuta di Montaione, piuttosto che lavorando sul campo, sembrava l’unica strada percorribile per sfuggire ai demoni dello stress post trionfo.

Poi sono arrivate le traumatiche dimissioni ferragostane di Mancini e la richiesta di Gravina, quasi obbligato a giocarsi la carta dell’allenatore Campione d’Italia per risollevare le sorti della Nazionale. Unica mossa plausibile per tranquillizzare i tifosi di Azzurra. Nonchè calmierare gli animi di sponsor vari e stockholder assortiti, assai preoccupati dal rischio di un’altra mancata qualificazione. Oltre, ovviamente, a salvare la poltrona di presidente federale, sempre più traballante. Insomma, se uno strisciante malcontento accompagnava la torrida estate dell’italico pallone, facendo da corollario allo spettro dell’ennesimo fallimento della gestione Gravina, pare che Spalletti abbia fatto da collante un pò a tutti.

Una cosa è certa: esaurito lo spirito di Wembley, serviva una scossa. Ecco perchè l’ex allenatore del Napoli è stato chiamato a furor di popolo. Ha il carisma e le idee per interpretare il ruolo salvifico del Demiurgo, destinato a intervenire sul caos originario, affinchè si possa conferire poi ordine alle cose.

Stasera, dunque, accomodandosi per la prima volta sulla panchina dell’Italia contro la Macedonia, l’Uomo di Certaldo cambia ruolo. Da allenatore a Commissario Tecnico, partendo dalle galline del Cioni fino ad arrivare a Fratelli d’Italia, è stato un viaggio lungo. Allegoria di una parabola professionale bellissima, che certifica la circolarità della vita, non solo calcistica di Lucianone.

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