Al netto di come finirà il campionato del Napoli, la sconfitta con la Fiorentina testimonia quanto gli azzurri abbiano pieno titolo a stare tra le Big Four della Serie A. Ma tutt’altro che pronti a misurarsi legittimamente per un livello superiore. Indubbiamente più alto rispetto alla mera esigenza economico-finanziaria di qualificarsi per la Champions League. D’altronde, la Coppa dalle Grandi Orecchie rappresenta quel tonico rivitalizzante imprescindibile, affinchè la virtuosa gestione societaria continui ad essere compatibile con le mutate esigenze post Covid del “Sistema-calcio”.
Mai come quest’anno, la squadra partenopea aveva l’opportunità di scrivere una Storia (doverosa la maiuscola…) diversa e bellissima. Nondimeno, un andamento casalingo ondivago ha posto le basi per rigettare il Grande Sogno. Che doveva venire necessariamente sussurrato con taluni protagonisti, pavidi e tremebondi. Perchè qualsiasi cosa più forte di un alito di vento avrebbe potuto privarli di ogni certezza. Facendo smarrire loro e svanire il sogno. Circostanza concretizzatasi poi con disarmante puntualità…
Zieliński una piaga
Al di là della spasmodica ricerca del tradizionale capro espiatorio, che paghi per tutti, scontando magari anche le responsabilità dell’intero collettivo agli occhi dei tifosi delusi, appare evidente quanto sia sfiorito nelle ultime uscite degli azzurri il talento di Zieliński.
Avevamo dimenticato quanto il polacco potesse dare l’impressione di smarrirsi in certe partite. Un atteggiamento abulico, come quello palesato contro la Viola, ai limiti del menefreghismo, davvero inspiegabile per un giocatore con le sue qualità.
Probabilmente, in questi mesi l’errore di fondo è stato proprio quello di averlo considerato maturo: un centrocampista – tecnicamente e caratterialmente – capace di trasformare le sue elefantiache potenzialità in qualcosa di ben più concreto rispetto al classico giocatorino dai piedi buoni e poco altro.
Una sopravvalutazione commessa un pò da tutti nel valutare Piotr alla stregua di un Top Player realmente completo e strutturato, che però fa letteralmente a cazzotti con la sua attuale dimensione emotiva. Quella sorta di corrente alternata che da sempre ne contraddistingue il rendimento. Obbligando la critica a derubricarlo allo status di calciatore sostanzialmente incompleto, che talvolta esce dalla condizione di torpore quasi narcolettico, per dare prova di giocate sontuose. Ma soltanto a sprazzi. E quando la voglia l’assiste o lo supporta.
Spalletti corresponsabile
Ovviamente, esentare Spalletti dalla sua buona dose di colpe per la situazione maturata al cospetto dei gigliati sarebbe ingiusto. Come, del resto, gettare la croce addosso esclusivamente a Zieliński.
Al contempo, tuttavia, urge sottolineare la costanza con cui l’uomo di Certaldo abbia continuato a mettere il polacco al centro del suo progetto tattico. Anche quando forse era il caso di optare per scelte diverse rispetto alla sacralità di una maglia da titolare (quasi…) mai messa in discussione per il buon Piotr.
Tatticamente l’allenatore del Napoli ha fatto diventare Zieliński un pilastro all’interno di un sistema ibrido, oscillante tra i due pivote e la doppia linea offensiva, composta da tre midfielder, a sostegno del tridente d’attacco.
In questo contesto, anche la posizione che il polacco ricopre in mezzo al campo può essere interpretata in maniera ibrida. Perchè, a seconda dell’atteggiamento assunto dall’avversario, Spalletti pretende che il 20 in maglia azzurra si muova in ogni direzione da sottopunta, alle spalle di Osimhen. Oppure abbassandosi e facendo da collante con la mediana.
Eppure, questa situazione teoricamente idilliaca s’è scontrata con la grande sagacia strategica nel preparare la partita di Vincenzo Italiano, abile nello sfruttare l’indolenza di Piotr. Oltre all’ottusa cecità dell’allenatore partenopeo.
Napoli, errori già visti
Paradossalmente, il Napoli l’ha persa nel momento in cui i viola sono riusciti a leggere la progressione offensiva predisposta dai padroni di casa. Lo sviluppo di un calcio diretto, funzionale a saltare il centrocampo e attivare immediatamente Osimhen, esplorando la profondità, è stato disinnescato de facto dalla pigrizia di Zieliński nell’accorciare verso la palla. La distanza siderale dal nigeriano ne ha pregiudicato le sponde, rendendo vani i tentativi di conquistare “rimbalzi” in attacco.
Ogni seconda palla lasciata lì dal polacco determinava tempo e spazio favorevoli alla Fiorentina per attivare rapide ripartenze, perfettamente orchestrate da Amrabat e lucidamente rifinite da Nicolás González.
Il riferimento all’argentino, veramente immarcabile al Maradona, non è casuale. Indubbiamente ogni partita fa storia a sé. In ogni caso, la tendenza di chiunque affronti il Napoli è evidentissima: sfruttare la mismatch con Mario Rui. Mettere palla lunga alle spalle del portoghese. Costringerlo a correre all’indietro e contemporaneamente marcare l’esterno che gli taglia alle spalle. Giocate che il terzino sinistro degli azzurri soffre terribilmente.
Ma pure questa (purtroppo…) è una cosa risaputa!
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