La Dea Bendata ha dato una gran mano al Napoli, nel debutto stagionale in Champions League. E’ risaputo che nel calcio la fiducia rimane una condizione imprescindibile, specialmente se il gruppo o l’allenatore non stanno attraversando un momento semplice. Ma la vittoria in Portogallo lascia comunque un retrogusto amaro. La consapevolezza di aver strappato in un finale adrenalinico, con le unghie e i denti, tre punti importantissimi. Concedendo però tre nitide palle gol per pareggiare al Braga. Dotato di una gran volontà, associata a una buona organizzazione. E poco altro, in termini qualitativi.
Vedere i campioni d’Italia così sofferenti al cospetto di un avversario tutto sommato mediocre ricorda agli azzurri che in seno alla squadra albergano dei problemi strutturali ancora irrisolti. Fa male riconoscerlo, ma mercoledì sera la fase difensiva dei partenopei per lunghi tratti è stata veramente imbarazzante. Una vulnerabilità complessiva, che esula responsabilità specifiche, da attribuire esclusivamente ai centrali.
Lo stato di forma di Juan Jesus, già nella parte finale dello scorso campionato, lo rende più simile a un ex calciatore che al titolare affidabile e inamovibile schierato con continuità da Garcia. Anche Ostigard talvolta palesa preoccupanti vuoti mentali. Una mancanza di concentrazione che ne ha determinato clamorosi svarioni, in marcatura e uscita con la palla. Si percepisce nettamente che possono interpretare efficacemente il ruolo di cambio e poco altro.
Comprensibile, invece, al netto dell’infortunio a gara in corso di Rrahmani, l’idea di preservare Natan, inserendolo in maniera graduale nei meccanismi di gioco. Incauto, quindi, gettarlo nella mischia nel momento peggiore del match. Con il Braga alla disperata ricerca del pareggio. Ed il Napoli schierato con una inguardabile linea a cinque.
Dubbi e perplessità
In ogni caso, al di là dei singoli, l’incognita maggiore riguarda solamente in modo marginale la retroguardia. E’ l’atteggiamento complessivo sotto la linea della palla a generare dubbi amletici in tifosi e addetti ai lavori circa la bontà dei principi sostenuti finora da Garcia.
Il Napoli del secondo tempo contro i portoghesi è sostanzialmente incapace di leggere la situazione: abbassa il baricentro, cala di intensità con l’evidente intenzione di controllare il vantaggio, giocando al ritmo dell’avversario, al punto da rimetterlo in partita. Insomma, si porta il pericolo fin dentro la propria area di rigore.
Ma poi non riparte in transizione, impantanandosi in una statica difesa posizionale. Veicolando la sgradevole sensazione che una squadra maggiormente aggressiva, con un pizzico di qualità in più, avrebbe fatto faticare le proverbiali sette camicie agli azzurri.
Pure in mezzo al campo sbandiamo. In costruzione, è ormai un lontano ricordo il centrocampo minuziosamente organizzato da Lobotka. A surrogare la sapiente costruzione del pivote slovacco, una manovra sterile e improduttiva, caratterizzata da un mero possesso perimetrale. Tra l’altro, condotto con cadenza monotematica, tipica del Torneo Intersociale.
Involuzione Napoli
Spogliata di quella gagliarda voglia di pressare in avanti e riaggredire immediatamente all’atto della perdita di possesso, il Napoli sembra orfano dei suoi talenti offensivi. Poco o nulla è rimasto del Kvaratskhelia ipecinetico, letteralmente immarcabile quando puntava l’uomo, isolandosi in situazione di uno contro uno, risolto puntualmente a suo favore in virtù di piede educatissimo e sterzate assassine. Vero è che lo raddoppiano costantemente, ma il, georgiano ha smarrito sorriso e dribbling.
Impoverito pure il pattern di Osimhen. Garcia intende stimolarne l’abilità in campo aperto. Innescarlo sulla profondità, nella vana speranza che la velocità del centravanti nigeriano sia risolutiva negli ultimi sedici metri. Nondimeno, le distanze dilatate tra i reparti impediscono ai compagni di supportarlo adeguatamente, accompagnandone gli strappi, oppure inserendosi negli spazi creati ad arte dai suoi movimenti, funzionali a svuotare e riempire la zona d’attacco.
In definitiva, tira una brutta aria dalle parti di Castelvolturno, perché attualmente ci si affida al caso o alla giocata individuale. Urge dunque ritrovarsi.
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