Per il Napoli, quella contro la Juventus non sarà mai una partita qualsiasi. Perché ogni volta che azzurri e bianconeri si incontrano, assume un significato sempre diverso.
E se in passato ha rappresentato un vero scontro sul piano ideologico, opponendo la ricca squadra del Nord industriale a quella del Sud, attardato nello sviluppo economico, ieri sera, invece, il match era pregno di significati prettamente calcistici.
Mettendo a confronto la capolista contro la sua diretta inseguitrice, alla vigilia, (quasi…) tutti gli addetti ai lavori gongolavano per l’occasione offerta alla Vecchia Signora di accorciare le distanze dal primo posto, pronosticando un risultato che avrebbe sostanzialmente riaperto il campionato.
Ebbene, nell’ottica della corsa verso l’Obiettivo, per il gruppo di Spalletti non cambia assolutamente nulla aver (stra)vinto lo scontro diretto. Mancano ancora un mucchio di gare per cominciare a gongolare, pensando di mettere già in ghiaccio lo champagne.
Però il tecnico di Certaldo può guardare al futuro con maggiore serenità, avendo ritrovato sia fisicamente che emotivamente un mucchio di certezze. Magari un tantino minate dalla sconfitta con l’Inter, immediatamente dopo la ripresa post Mondiale.


Dinamismo e intensità
Oggi, tuttavia, il Napoli è pienamente consapevole di quanto pesino i tre punti conquistati contro un avversario che sta comunque attraversando il suo momento di forma migliore.
La Juventus aveva la miglior difesa della Serie A, non prendeva gol da una vita. Ma più in generale, dimostrava di saper colpire i difetti degli avversari, sfruttandone ampiamente le debolezze. In questo scenario, ne è venuta fuori una gara che gli azzurri hanno inclinato dalla loro parte in virtù della solita strategia.
Quella proverbiale capacità di alternare fasi di aggressività ad altre maggiormente posizionali. Un calcio sornione, dunque, che irretisce la controparte, finendo per inaridirne le idee, non lasciandogli mai la gestione del pallone. Un solido possesso, che improvvisamente si trasforma in ciniche folate offensive.
Del resto, la scelta di Spalletti era chiara sin dall’inizio: imporre piuttosto che snaturarsi. E quindi non cercare alcuna una soluzione specifica per limitare il sistema di Allegri. Quel tradizionale 3-5-2, in cui i “braccetti” creano i presupposti per mettere in difficoltà l’avversario, cercando con insistenza il cambio campo verso gli esterni, specialmente Kostic. Un gioco troppo simile a quello di Simone Inzaghi per non avere un minimo di preoccupazione.
A cambiare rispetto alla sfida con l’Inter è stato il grande dinamismo che ha accompagnato la capolista per novanta e passa minuti. Certificando un luogo comune, forse trascurato nelle analisi post San Siro: quando le gambe girano, diventa complicatissimo tenerle testa.


Brillantezza ritrovata
In effetti, al cospetto della Juventus, gli azzurri non hanno abbassato il baricentro, schiacciandosi passivamente nella loro trequarti. Al contrario, l’atteggiamento marcatamente proattivo ha favorito una fase di non possesso attenta, eppure aggressiva.
Che non equivale affatto a giocare di rimessa. Anzi, nonostante la pressione bianconera, il Napoli ha costruito prevalentemente dal basso. Uscendo poi con la palla tra i piedi.
Segno tangibile di quanto gli uomini di Spalletti siano ormai condizionati mentalmente a esplorare gli spazi dietro le spalle degli avversari. Determinando – a tratti addirittura dominando – in virtù di reattività e letture preventive.
D’altronde, smaltite le tossine del carico dovuto al richiamo di preparazione, la “pesantezza” degli arti inferiori lascia il posto ad una rinnovata brillantezza. Ed è risaputo che gambe toniche supportano un pensiero tattico evoluto.


© RIPRODUZIONE RISERVATA
RESTA AGGIORNATO SUL NAPOLI:
Rileggi le pagelle di Napoli-Juve, approfondisci voti e giudizi degli azzurri
SEGUICI SUI PRINCIPALI SOCIAL:





