Iperattività da impegno infrasettimanale: senza Europa, il Napoli aveva perso un pò l’abitudine a non giocare solo nel weekend. E invece la Coppa Italia “obbliga” gli azzurri a tornare subito in campo per gli ottavi, contro la Lazio. Il match dell’Olimpico offre una chance dal primo minuto a chi finora s’è dovuto accontentare di un utilizzo risicato. Previsto, infatti, un discreto turnover, come già annunciato da Conte nella conferenza stampa post Torino.
“L’ho fatto col Palermo e lo farò anche giovedì, con l’obiettivo di passare il turno. E’ il minimo per capire i miglioramenti che stanno facendo tutti quelli della rosa. Mi fa piacere dare il giusto spazio a chi finora non l’ha trovato, ma questo non significa che snobberemo la Coppa“.
Insomma, il tecnico salentino ha mandato un messaggio chiaro: pur considerando seriamente la manifestazione, offrirà comunque una golosa opportunità alle (presunte) seconde linee. Presumibile che lo stesso farà anche Marco Baroni.
Baroni sta stupendo un pò tutti
Nonostante la sconfitta di Parma ne abbia rallentato la rincorsa in classifica, la sua squadra resta nel gruppone che punta a un posto in Champions. Del resto, i punti di distacco dalla capolista Napoli sono solo quattro. Non c’è che dire, un bel salto in avanti rispetto a pochi mesi fa, quando la proprietà aveva deciso di cambiare completamente rotta, operando un profondo rinnovamento. Tra l’altro affidando la ricostruzione a un nuovo diesse (Angelo Fabiani), dopo la fine dell’era Tare.
E invece l’ex allenatore del Verona sta stupendo un po’ tutti con una rosa magari meno ricca di qualità, ma un atletismo e una verticalità che al momento fanno la differenza. Le sue idee stanno garantendo al gruppo riferimenti tecnico-tattici diversi rispetto al recente passato. Contribuendo a veicolare nei biancocelesti un modello alternativo, fatto di pressing aggressivo e sfrenate transizioni. Insomma, dalle parti di Formello, il calcio posizionale di Sarri sembra sia finito repentinamente in soffitta.
Densità e doppio centravanti
Baroni si affida al 4-4-2. La sua strategia in fase di possesso si traduce nella voglia di fare grande densità, così da attirare la squadra avversaria nella zona della palla. E dopo, bucarla sul lato debole con un cambio di gioco. Sul piano statistico, la Lazio attacca come quasi nessuno attraverso i cross. In effetti, supera tutte le altre squadre del campionato per numero totale di traversoni in area. L’insistenza con cui costruisce passando per i corridoi laterali, sovraccaricando le catene – ed al contempo, riempiendo l’area, accompagnando con tanti uomini l’azione – è funzionale a sfruttare le abilità nell’uno contro uno, oltre alle sovrapposizioni dei terzini. Merito, dunque, del talento nel dribblare di Mattia Zaccagni e Nuno Tavares (attualmente, il mancino più dominante della Serie A) a sinistra, nonché di Isaksen sul lato opposto.
In questo scenario si inserisce la scelta decisamente controintuitiva di puntare su una coppia di attaccanti come Castellanos e Boulaye Dia, che però non si spostano orizzontalmente, coprendo l’intero fronte offensivo. Bensì lavorano in verticale. Quindi, si assumono la responsabilità di venire incontro e fare da raccordo. In sostanza, cucire la manovra, associandosi coi compagni tra le linee, per facilitare il palleggio. Soltanto in tal modo la convivenza era possibile. Entrambi hanno compreso la necessità di distribuire equamente le competenze, scambiandosi continuamente di ruolo. Tendenzialmente, il franco-senegalese esce fuori e partecipa alla rifinitura, mentre il “Taty” si muove in profondità, alle spalle della linea difensiva. Mantenendo tuttavia l’obiettivo principale: riempire insieme l’area di rigore.
Cosa nient’affatto trascurabile, a turno una delle due punte si assume l’onere di schermare la primaria fonte di gioco altrui. Un piccolo particolare che genera conseguenze potenzialmente negative in fase di non possesso.
Qualche rischio in difesa
La Lazio dimostra comunque di avere qualche limite. Perché accetta consapevolmente di correre un mucchio di rischi giocando sempre a ritmi vorticosi. Talvolta sfiorando addirittura l’incoscienza. Non è raro, infatti, vedere i biancocelesti tentare di recuperare palla scoprendosi pericolosamente. O comunque accettando situazioni di parità numerica.
D’altronde, la struttura predisposta da Baroni per esercitare pressione prevede che quando il pallone viene giocato dal portiere, gli attaccanti aggrediscano a uomo i centrali. Alle loro spalle Rovella o Guendouzi si stacca dalla mediana e sporca immediatamente eventuali passaggi verso il pivote altrui. A quel punto, scatta il meccanismo delle scalate di reparto, che spostano in maniera rischiosa il baricentro della squadra in avanti. Con i difensori che scivolano in avanti a coprire lo spazio.
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