La vittoria con la Lazio ha diradato d’improvviso il pessimismo cosmico sorto attorno al Napoli di Spalletti, immediatamente dopo il doppio pareggio consecutivo inanellato in campionato con Fiorentina e Lecce.

In città, dunque, tifosi calorosi e addetti ai lavori tremendamente esigenti si domandano quale sia il reale valore della squadra allenata dall’uomo di Certaldo. Quella sofferente al cospetto della Viola. Oppure l’undici martellante, in grado di ribaltare con personalità l’iniziale svantaggio dell’Olimpico, al punto tale da par pensare che le ambizioni stagionali possano travalicare il mero piazzamento tra le Fab Four.

Così, domani sera, a Fuorigrotta sbarca il Liverpool. Prima che cominci il match, la distanza tra le due squadre appare maggiore di quella che potrebbe immaginarsi sulla carta.

Tuttavia all’ombra del Vesuvio, dove sanno essere orgogliosamente calorosi come pochi, incendiano la vigilia dell’esordio in Europa, aspettando i Vice Campioni con rispetto, ma senza alcun timore reverenziale. Consapevoli che intensità nel gioco collettivo e qualità individuali certamente non mancano pure agli azzurri.

Spalletti psicologo

Siamo solo all’inizio dell’avventura in Champions League, eppure non sembra campato in aria immaginare poter etichettare la sfida ai Reds tra le partite dell’anno, da cui trarre forza propulsiva per il prosieguo del girone.

La rinnovata fiducia nasce da una semplice considerazione: anche i più strenui detrattori dei partenopei devono riconoscere a questo gruppo la capacità di rigenerarsi dopo una (mezza…) battuta d’arresto. Lavorando sul piano emotivo, oltre, ovviamente, dal punto di vista tecnico.  

Bravo Spalletti, quindi, a intervenire nella testa dei suoi uomini, nonché sulle loro posizioni in mezzo al campo.

A tal proposito, se davvero il Napoli vorrà uscire indenne dall’impari confronto con il Liverpool, dovrà necessariamente sottrarsi al cd. gegenpressing, nitido marchio di fabbrica del calcio di Jürgen Klopp. Funzionale a contrastare, all’origine, l’impostazione dell’altrui manovra offensiva.

In concreto, l’allenatore tedesco pretende dai suoi un atteggiamento assai dinamico ed aggressivo: nel momento immediatamente successivo alla perdita della palla, piuttosto che scivolare all’indietro per riorganizzarsi, la squadra puntualmente, si alza sul portatore, con l’uomo più vicino. Mentre i compagni accorciano sugli eventuali appoggi, provando a intercettare le linee di passaggio.

I terzini come arma in più

Uno scenario tattico in cui, presumibilmente, gli ospiti sceglieranno di pressare la costruzione bassa del Napoli, tenendo in zona palla i due esterni offensivi – Salah e Luis Diaz – di fianco a Darwin Núñez, mandandoli subito ad attaccare il primo possessore. Che sia esso Meret o uno dei centrali difensivi.

Nel frattempo, l’abbinamento avrebbe uno sviluppo abbastanza naturale. Con Lobotka preso in consegna da Fabinho. E i due interni ai suoi fianchi –  Elliott e Milner – a chiudere le traiettorie di uscita, per tentare concretamente di rubare il pallone.

Se Spalletti intende veramente rispondere in maniera adeguata, preparando una contromossa a questo tipo di strategia, potrebbe tenere bloccati, magari accentrandoli, i terzini. Allargando contemporaneamente Anguissa e Zieliński.

In quel caso, ad alimentare il palleggio sarebbero Di Lorenzo e Mario Rui. L’idea di fondo rimane quella di sovraccaricare le fasce, creando superiorità numerica in ampiezza. Che garantirebbe poi la possibilità di cambiare campo, esplorando rapidamente il lato opposto.   

Questo perché gli azzurri basano il loro calcio sul controllo del pallone. Tuttavia, potrebbe esserci un futuro diverso. Perché, in ultima istanza, a rendere la costruzione dell’azione quanto meno complicata possibile, in presenza di avversari dall’indole decisamente aggressiva, arriva in soccorso la possibilità di stimolare direttamente Osimhen o Kvaratskhelia.

Brutalmente sfacciati nell’allungare le difese, aggredendo la profondità: una caratteristica ormai nota, che gli avversari faticano comunque a digerire.

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