Victor Osimhen è diventato uno degli attaccanti più devastanti d’Europa, una minaccia costante per le difese altrui. Ci ha messo un po’ ad affermarsi, causa infortuni vari ed assortiti, che ne hanno frenato l’ascesa.
Era una gemma grezza, appena arrivato a Napoli, che lasciava intravedere delle innegabili qualità. Una miscela esplosiva, fatta di corse ipercinetiche e gol. Tuttavia, limitato negli spostamenti, con e senza palla. Dunque, ancora alla ricerca di una precisa identità tattica. Specialmente quando non poteva sviluppare quelle spiccate propensioni al gioco verticale, che gli consentivano di percorrere le sue proverbiali tracce in profondità.
Adesso che ha aggiunto nuovi asset al suo modo di interpretare il ruolo, le sue prestazioni sono migliorate partita dopo partita. E finalmente sembra aver trovato la formula giusta, in grado di trasformarlo in un preziosissimo diamante, dal valore inestimabile.
I meriti di Spalletti
Merito anche di Luciano Spalletti, che ha messo il nigeriano nelle condizioni per esprimersi al meglio, sdoganando il 4-2-3-1, in cui il centravanti non solo agiva da unica punta. Ma doveva pure sobbarcarsi un surplus di lavoro nella fase di non possesso.
L’allenatore toscano ha lavorato e investito tanto su questo aspetto, cucendogli praticamente addosso un sistema comunque funzionale ad esaltarne le caratteristiche fisiche, in tema di esplosività e puro atletismo.


Calato all’interno del 4-3-3, Osimhen sta esplorando una dimensione che trascende la mera velocità d’esecuzione ed i tempi di reazione con cui aggredisce gli spazi o taglia dietro la linea difensiva.
Se prima, quindi, esprimeva compiutamente il suo stile privilegiando un calcio diretto e immediato, attualmente ogni movimento viene finalizzato a prendere la postura ideale, per poi concludere verso la porta.
Potenza e coordinazione
Gli ultimi due gol, in ordine cronologico, alla Roma ed allo Spezia, testimoniano la completezza del bagaglio calcistico a disposizione del numero nove in maglia azzurra.
Contro i giallorossi, sfrutta tutta la sua coordinazione nello stretto per aggiustarsi il cross e tirare immediatamente. Gesti ridotti all’essenziale, prima di scagliare un destro potentissimo sul primo palo, talmente preciso, da lasciare Rui Patricio letteralmente esterrefatto.


Clamoroso, invece, il balzo da fermo con cui ruba il tempo a Dragowski e colpisce di testa. Una nonchalance nell’intercettare un grossolano rinvio della difesa e andare su forte, degno di un rimbalzista della NBA.
Il futuro è di Osimhen
Insomma, la centralità tattica ed emotiva di Osimhen nelle fortune del Napoli capolista appare ormai evidente. Lo certificano i suoi numeri: le 16 reti messe a segno in campionato lo issano (momentaneamente…) sul trono dei bomber.
Sono lo specchio di una innegabile crescita individuale e restituiscono in maniera tangibile un riscontro in termini numerici sulla sua definitiva ascesa al ristrettissimo rango di Top Player generazionale, nella categoria degli attaccanti.
Oggigiorno, come lui, ci sono soltanto Haaland e Mbappé capaci spostare gli equilibri di squadra a loro piacimento.
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