Victor Osimhen sa bene che arrivati all’ultimo giorno di calciomercato spesso la volontà delle parti non è sufficiente per far riuscire una operazione. Il tempo è tiranno, con le lancette che corrono inesorabilmente verso il gong. Diventa impossibile temporeggiare, specialmente se devi rilanciare, affinché la trattativa non ristagni. Evitando poi che fallisca clamorosamente.

Deve essere un po’ quello che ha pensato Roberto Calenda, il suo agente, che ha sempre risposto in maniera glaciale alle proposte della Premier. Almeno in prossimità del fotofinish. Anche perché il nigeriano voleva andare solo al PSG. Così, Arsenal e soprattutto Chelsea, sfibrate nell’attesa di un guizzo che infiammasse l’affare, pur avendo assoluta necessita di un centravanti capace di spostare gli equilibri, hanno dovuto battere in ritirata.

Calenda su più piatti

A causa di questa testardaggine, la situazione non si è sbloccata nemmeno quando finalmente i Blues rilanciano disperatamente, a poche ore dalla chiusura del mercato, stoppati però sul nascere dalle pretese di Osimhen. Restio a prendere solamente in considerazione un ingaggio pari a sei milioni all’anno. Del resto, a Cobham hanno inaugurato un nuovo corso, teso al ridimensionamento delle spese folli. C’è un salary cap da rispettare. Impossibile dunque proseguire. Meglio rinunciare definitivamente all’eleganza felina di un attaccante che si infila nel cuore dell’area avversaria come la pantera a caccia nella savana.

Allora Calenda tenta il coup de théâtre. E apre nuovamente ai petrodollari dell’Al Ahli. A quel punto sembra davvero che il nigeriano possa tornare a lavorare sul campo, piuttosto di godersi un surplus di vacanza, concessogli dalla società partenopea, mentre i suoi compagni di squadra imparavano i principi di gioco impostati da Conte.

In effetti, sopportare la pochezza tecnico-tattica della Saudi Pro League in cambio di un quadriennale da 40 milioni a stagione, è decisamente consolatorio. Soprattutto se gli arabi arricchiscono il contratto con una clausola rescissoria, utile per tornare appena possibile nel calcio “vero”, quello delle principali Leghe d’Europa. Tutto bello e funzionale. Ovviamente, per il centravanti mascherato e nessun altro.

ADL non si lascia intimorire

Infatti De Laurentiis rimette il Napoli al centro di ogni cosa. Non vuole assolutamente finire alle corde. Quindi, forte del vincolo contrattuale, al presidente azzurro non basta una offerta di 70/80 milioni. Vuole (giustamente…) dettare le condizioni, essere padrone del proprio destino, dopo mesi di stallo. In cui Calenda ha messo in mostra una lentezza a tratti insopportabile. Impossibile che il cineproduttore accetti supinamente di concludere questo braccio di ferro, calandosi sostanzialmente le braghe. De facto, ricattato dal Gatto (Osimhen) & la Volpe (Calenda).

La ricostruzione non lascia troppi dubbi. ADL non appare per nulla turbato. Anzi, sembra mandare un messaggio trasversale a chiunque abbia la faccia tosta di tirarlo per la giacchetta. Talvolta è un personaggio assai vulcanico, pure un pizzico megalomane. Ma l’incoerenza non gli appartiene. Il guizzo istrionico, quello sì.

Come interpretare una decisione simile, se non come il gesto provocatorio di chi non accetta imposizioni da terzi. Tutti pensavano che il suo diniego fosse soltanto passeggero. Invece, DeLa ha cambiato idea. Rigettando un accordo di massima disegnato da altri, dove a lui ed al Napoli veniva attribuita la parte dei comprimari. Insomma, prendere o lasciare!  

Osimhen nel limbo

Sappiamo com’è finita. Adesso la carriera di Osimhen danza pericolosamente su un filo teso al di sopra di un canyon. Victor e il suo entourage sono finiti sull’orlo del baratro, letteralmente travolti dagli eventi. Generati però dal loro stesso comportamento, orientato alla cupidigia. Una bramosia di danaro che gli si è ritorta contro. E che forse li accomuna pure al proprietario del club azzurro.

In questo scenario, nessuno (Don Aurelio, Osimhen e Calanda) ha tenuto conto della profondissima crisi di liquidità del “Sistema”, che ormai si risolve in operazioni low cost e poco altro. Un mucchio di prestiti last minute, senza nemmeno l’obbligo di riscatto, certificano la bolla che attanaglia il calcio. D’altronde, alla luce del rendimento del nigeriano all’ombra del Vesuvio, fatta eccezione nell’anno dello scudetto, appare francamente ingiustificato il considerevole aumento del suo cartellino. Così, si concretizzano 130 buoni motivi per farne un perfetto capro espiatorio. Dimenticando la regola per antonomasia nelle operazioni che muovono grandi capitali: in taluni casi lo speculatore resta col cerino in mano.

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