Ieri è partita l’avventura dell’Italia in vista dell’Europeo. Mancano ancora un paio di settimane all’inizio del torneo e Luciano Spalletti comincia a lavorare con il gruppone dei preconvocati, in attesa di definire la rosa che prenderà ufficialmente parte a Germania 2024. Da qui al 6 giugno, quando dovrà essere inviata alla Uefa la lista coi nomi dei 26 prescelti, tifosi o semplici appassionati potranno sbizzarrirsi, azzardando conferme clamorose o illustri esclusioni.

Nel frattempo, il Commissario Tecnico lavorerà per instillare nella testa degli Azzurri senso di appartenenza e orgoglio nell’indossare la maglia della Nazionale. Perfetta sintesi della filosofia spallettina, che misura le aspettative in simbiosi con la crescita del gruppo, mentale prim’ancora che tattica.   

Scamacca, l’unicorno della Nazionale

Specialmente in attacco non ci sono state grandi sorprese. Era facilmente immaginabile che Ciro Immobile non sarebbe entrato nel listone dei 30. Da mesi, ormai, il bomber della Lazio era finito ai margini dell’Italia, perdendo lo status di appetibile per il ct. Solo apparentemente semplice accantonare il 34, uno dei simboli della vittoriosa spedizione in Inghilterra, nella scorsa rassegna continentale. Una decisione che ha costretto Spalletti a rivedere i suoi piani là davanti. Niente icona biancoceleste, allora: prepariamoci a dare il benvenuto, per il ruolo di centravanti, al terzetto composto da Giacomo Raspadori (Napoli), Mateo Retegui (Genoa) e Gianluca Scamacca (Atalanta).

Spulciando le statistiche stagionali, la sensazione è che il talento offensivo di questa generazione non sia così abbondante. Evidente, spulciando le prime posizioni della classifica marcatori in Serie A, che l’abbiano letteralmente monopolizzata gli stranieri. In vetta c’è Lautaro con 24 gol, davanti a Vlahovic con 16 e la coppia formata da Osimhen e Giroud a 15. Primo eleggibile tra le punte nostrane, Scamacca, a quota 12. Bottino arricchito da 6 reti in Europa League e 1 in Coppa Italia.

Proprio l’attaccante della Dea sembra destinato ai galloni di titolare. Non fosse altro che gioca in una delle squadre più eccitanti dell’anno. Tra le meglio organizzate in Italia e in Europa. Il punto di riferimento offensivo di Gasperini, capace di dare perfettamente forma alle idee dell’allenatore, con una versione inedita del centravanti, tra il pivot e il trequartista. Finalizzatore ed al contempo fulcro della manovra negli ultimi sedici metri. Una sorta di unicorno calcistico, insomma: creatura mitologica che esiste solamente in certi racconti fantastici. Fisicamente scolpito nella pietra, novello Ercole dell’area di rigore. Ma con un piede educatissimo, cui aggiunge letture talvolta addirittura visionarie.  

Jolly Raspadori, istinto Retegui

Diverso invece il rendimento di Raspadori. Un apolide nella stagione fallimentare del Napoli. Non ha mai dato l’impressione di potersi ritagliare una reale dimensione all’interno della fase offensiva dei Campioni d’Italia. Del resto, a leggere le cifre (5 reti in A e 1 nella “Coppa dalle Grandi Orecchie”) come si potrebbe non pensare che la sua sia stata una stagione nata e proseguita sotto una cattiva stella. Utilizzato dai tre allenatori che si sono alternati sulla panchina della squadra partenopea in una posizione ibrida, tra esterno e mezzala. Forse perché possiede un controllo palla da videogioco, pur non essendo prevalentemente un dribblatore. All’occorrenza si abbassa per legare il gioco oppure si smarca in zona di rifinitura, svuotando il cono di luce centrale e defilandosi lateralmente nei mezzi spazi. Muovendosi tra le linee, garantisce quell’esplosione di tecnica virtuosa capace di smuovere e far collassare il sistema difensivo altrui.

A differenza di Jack, in grado di crearsi dal nulla una giocata determinante, Retegui è utile allo scopo se messo nella condizione di guardare soltanto la porta. Una sentenza dentro l’area, in virtù di un innato istinto, un po’ ruvido, che gli consente di reagire immediatamente agli stimoli offensivi, ricevendo e amministrando pure assist imprecisi. La classica giocata sporca da convertire in azioni potenzialmente letali, frutto dell’intuito con cui segue l’azione, calamitando in pochi metri respinte e palloni vaganti. Una caratteristica che ne nobilita pienamente il fiuto per il gol. 

E’ su questi tre centravanti, assai diversi per abilità pedarorie e peculiarità morfologiche, che Spalletti intende nobilitare la fase offensiva della Nazionale, cucendogli addosso un sistema che consenta alla squadra di sopportarne le carenze, integrandole con le loro virtù.

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