Neanche la rotonda vittoria con lo Spezia ha contribuito a svelenire il clima che si è creato intorno al Napoli. La crisi appare tutt’altro che superata. Al di là delle classiche dichiarazioni di facciata, che lasciano il tempo che trovano, i rapporti tra la società e Gennaro Gattuso sembrano davvero ridotti ai minimi termini.
Nondimeno, aver sconfitto i liguri e conquistato le Semifinali di Coppa Italia potrebbe rappresentare una spinta a ripartire con un rinnovato entusiasmo.
E’ innegabile che finora gli azzurri abbiano peccato soprattutto sul piano della continuità. Nei risultati, ma pure dal punto di vista del gioco. Certe volte bello e accattivante. Altre, invece, ai limiti dell’inguardabile.
Un tempo sontuoso, l’altro sonnacchioso
Anche ieri, la squadra partenopea ha dato letteralmente spettacolo, nel primo tempo. A tratti sontuosa, nel palesare finalmente con autorità e determinazione il calcio che Ringhio vorrebbe producesse con costanza. E non solamente in maniera occasionale.
Un secondo tempo sonnacchioso, nel quale il Napoli ha cercato sostanzialmente di amministrare l’andamento del match, forse ha tratto in inganno più di qualche critico. E’ vero, nell’arco di una manciata di minuti, lo Spezia ha trovato due volte la via della rete. Dando comunque l’impressione di poter continuare ad infastidire i padroni di casa.
Probabilmente, i cambi di Gattuso hanno concorso a rivitalizzare la squadra di Vincenzo Italiano. Di per sé, particolarmente raffinata nella gestione del possesso. Nonché, brillante nel riconoscere gli spazi da attaccare, sia con il pallone che senza.
La verità, tuttavia, dovrebbe far riflettere i Soloni del bicchiere sempre mezzo vuoto: gli azzurri avevano abbondantemente tirato i remi in barca. Mollato mentalmente, assodato che risultato e qualificazione erano già in cassaforte.
Insomma, è risaputo che se esci dalla partita, staccando prematuramente la spina della concentrazione, rientrarci non è così semplice.
L’onesta intellettuale, pertanto, suggerisce di limitarsi ad approfondire soltanto la prima frazione di gioco. Quella in cui, al netto delle formazioni schierate, con un occhio ad onorare la manifestazione, e l’altro teso a garantire un’ampia ridistribuzione del minutaggio tra tutti i membri delle rose, Napoli-Spezia è stata gara vera.
Che bel Napoli, quando c’era ancora partita
Sarebbe logico, dunque, guardare al prosieguo della stagione utilizzando come parametro di valutazione comparativa quanto di buono hanno visto gli occhi ieri sera.
Con il pensiero all’imminente trasferta di campionato, domenica a Parma. Senza trascurare, tuttavia, il prossimo impegno infrasettimanale. Il primo atto del doppio confronto con l’Atalanta, dal quale uscirà una delle finaliste di Coppa.
Allora vediamole queste note nient’affatto dolenti. Innanzitutto, l’impalcatura di base.
Ovvero, il 4-3-3. Sicuramente il sistema di gioco ideale ad esaltare la qualità del giropalla napoletano. Una caratteristica capace di gratificare gli azzurri, in entrambe le fasi in cui si articola il gioco.
Specialmente quando ha potuto variare le soluzioni per la risalita, la squadra di Gattuso è stata bravissima a gestire l’attrezzo. Alternando dominio a verticalizzazioni.
Leggendo con pazienza la disposizione degli spezzini. Attendendo il momento giusto nel ribaltare velocemente la situazione, da passiva a propositiva.
L’importanza di Demme e delle rotazioni in mediana
Con il pallone tra i piedi, lo schieramento di partenza si rimodulava in una sorta di 2-3-2-3. La priorità del Napoli si è orientata nel far scoprire lo Spezia, creando artificiosamente ampi spazi in profondità, alle spalle delle linee di pressione.
Questo processo, funzionale a muovere la palla con personalità, ha propiziato lo sfruttamento dell’ampiezza. Un contesto esplorato quando i partenopei hanno abbassato un po’ il ritmo, trovandosi a fronteggiare i liguri a difesa schierata. A quel punto, hanno accettato di muovere il blocco avversario cercando il lato debole.
Con il conseguente cambio campo. Determinato dalla partecipazione dei terzini e la rotazione posizionale delle mezz’ali.
Fulcro di questa ragnatela tattica, Diego Demme. Riferimento diretto davanti alla linea difensiva. Nonché in copertura, ai compagni di reparto del centrocampo.
Partendo da dietro, infatti, il tedesco formava con i centrali – Manolas e Koulibaly – un triangolo con il vertice alto, teso a favorire la risalita del pallone. Lavorando, al contempo, assieme ai due terzini, che si alzavano contemporaneamente, per gli appoggi laterali.
Certo, il secondo tempo del Napoli non è stato indimenticabile. Ma bisogna accettare che la squadra di Gattuso, attualmente, è questa. Con pregi e difetti. Ergo, l’impressione che resti un laboratorio di idee e princìpi tecnico-tattici sì definiti, eppure in continua fase evolutiva, non può essere ancora accantonata…





