Napoli è una città per certi versi magica, in cui i confini tra il bene e il male sono assai labili. Un luogo capace di raccontare storie affascinanti.

Ogni fiaba che si rispetti termina con il tradizionale “e vissero felici e contenti...”. Un modo di dire che interpreta alla perfezione il desiderio di ogni bambino. Perchè il lieto fine mette tutti d’accordo: i castelli incantati, le principesse indifese e l’eroe dal mantello svolazzante. Stranamente, mai privo del classico cavallo bianco d’ordinanza, che sconfigge sempre i cattivi, siano essi orchi, draghi sputafuoco o lupi travestiti da nonnine. E poi salva la bellona di turno, prima di baciarla. Ovviamente, in modo casto, per non turbare la sensibilità di chi potrebbe interpretare con malizia slanci di passione amorosa. Del resto, l’animo nobile del principe azzurro vieta categoricamente di slinguazzare l’ereditiera di turno…

Chiunque meriterebbe una storia così, ascoltata al calduccio nel proprio letto, con il naso sotto le coperte, prima di prendere sonno. Quella che sai a memoria, eppure non ti stanca mai. Anzi, non smetteresti di sentirla raccontare, poichè ti consente di addormentarti placidamente. Con il sorriso sulle labbra e la serenità in fondo al cuore.

Ogni favola è un gioco…

Talvolta, però, le favole sono vere soltanto a metà. Con un epilogo nient’affatto appagante, che lascia una sensazione di malinconica tristezza. E’ quello che sta accadendo all’ombra del Vesuvio, con Spalletti che pare voglia andare via da vincente. L’architetto dello Scudetto del Napoli, dunque, sembra davvero intenzionato a salutare, senza nessun rimpianto. In ossequio al principio che “è stato bello, finché è durato...”.

Lecito interrogarsi sui motivi che hanno determinato il congedo del tecnico toscano. I soliti bene informati, che in realtà sanno poco o nulla, parlano di un rapporto diventato ormai insostenibile tra l’allenatore e Aurelio De Laurentiis. Incomprensioni varie e divergenze assortite circa il prossimo futuro della squadra partenopea: acquisti e cessioni; nonchè obiettivi da perseguire. Tra il sogno Champions League ventilato dal presidente e la necessità di rimanere con i piedi per terra. Del resto, Luciano da Certaldo è un pragmatico, quindi, consapevole che l’anno prossimo potrebbe essere complicato ripetersi; ovvero stracciare la concorrenza in Serie A e dominare per larghi tratti pure in Europa.

In questo scenario vanno a nozze i tuttologi della informazione. Quelli che sapendone più degli altri, in quanto depositari di rapporti esclusivi con diesse e procuratori, hanno la certezza (quasi…) matematica di chi sarà il prossimo allenatore degli azzurri. Trascurando, al contrario, quanto sia inesplorato il territorio in cui si sono inoltrati. Peccato che la panchina è una, mentre finora, in teoria, ad occuparla, il produttore romano avrebbe già contattato, in ordine sparso: Conte, Luis Enrique, Rafa Benitez, Nagelsmann, Gasperini, Italiano, Thiago Motta, Klopp, Dionisi e De Zerbi. Dalla lista manca Eziolino Capuano, ma solamente a causa della scarsa dimensione internazionale, che invece anela la società…

Ed è vera soltanto a metà…

Insomma, il caso Spalletti tiene banco in città, inflazionando l’emotività dei tifosi e la presunzione di un mucchio di addetti ai lavori. Quello che è certo, almeno allo stato attuale dell’arte: non tutti i protagonisti sono adatti per tutte le narrazioni.

Probabilmente, Spalletti, il perdente di successo, che non vinceva mai un trofeo importante, al di là di qualche Coppetta Italia, prenderà serenamente un anno sabatico. Dopo aver stravinto nella città dove pareva impossibile parlare di Scudetto, senza cadere nel ricordo struggente degli anni de El Diez e del suo memorabile supporting cast, pieno di talento e personalità. Questo, tuttavia, non gli sottrae il grande merito di aver costruito un Napoli meraviglioso e fortissimo. Plasmandolo con la mano di uno scultore, sulla scorta di princìpi di gioco belli e funzionali.

Questa è l’unica, dolcissima verità: perciò ci sarà infinita gratitudine nei suoi confronti. E nessuna nostalgia potrà appesantire i giorni che restano da qui all’ultima festa in programma per celebrare il titolo di Campioni d’Italia: domenica 4 giugno, al termine della gara con la Sampdoria, squadra e staff tecnico alzeranno al cielo di Fuorigrotta il trofeo più ambito. Quella premiazione rappresenta lo spartiacque di scelte chiare e nette.

Vedi Napoli e poi…

Al contempo, De Laurentiis – uno che difficilmente si nasconde dietro gli altri, evitando di assumersi le responsabilità derivanti da decisioni impopolari -, intraprenderà un nuovo progetto. D’altronde, l’ha fatto continuamente nell’arco di una gestione ventennale. Che non equivale necessariamente a chiudere un ciclo.

Magari entrerà soltanto aria nuova, sotto forma di un nuovo manico, creando comunque le condizioni per mantenere la squadra nell’alveo delle “Big”, tanto in Italia, quanto in Europa.

ADL resta un proprietario radicale e totalizzante, inesorabile nelle valutazioni. Che talvolta si muove come un elefante in una cristalleria. Nondimeno, i “suoi” Napoli hanno dimostrato di saper essere un organismo perfetto, superiore alla somma delle individualità.

Ergo, il prossimo step sarà lasciare andare Spalletti, superare l’estetica abbagliante della squadra di quest’anno, per sostituirla con una nuova idea di calcio. Mantenendo intatta l’ossessiva ricerca della perfezione, tesa a coniugare i risultati maturati in campo con le virtù generate da una equilibrata gestione finanziaria delle risorse.

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