Se c’era una qualità che saltava subito all’occhio nel calcio espresso dal Napoli lo scorso anno era certamente la grande imprevedibilità in zona d’attacco. La squadra di Spalletti dominava gli avversari in modi a volte diversissimi tra loro, sia in ampiezza che in profondità. Una caratteristica enfatizzata in quest’inizio di stagione, però con un variazione in più. Vale a dire, ricorrendo simultaneamente a Osimhen e Simeone: un esperimento tattico accennato da Garcia nel finale della gara contro il Sassuolo.
Una situazione che ha aumentato decisamente la dimensione offensiva degli azzurri, che hanno aggiunto al gioco associativo sviluppato dagli esterni, funzionale a cercare l’isolamento lungo la linea, per sfidare poi il terzino nell’uno contro uno, oppure stringere dentro al campo, e quindi cercare connessioni coi compagni, anche la possibilità di una coppia tutto sommato autosufficiente.
Ovviamente, perché il doppio centravanti possa essere sostenibile, è necessario che entrambi lavorino in maniera coordinata, sincronizzando i movimenti in ampiezza e profondità. Così da destabilizzare l’intera organizzazione difensiva, obbligata continuamente a scegliere se accorciare, uscendo forte in avanti, invece di coprire la “zona rossa”, ovvero il cono di luce davanti al portiere.
Domenica scorsa, per esempio, l’avanzamento de El Cholito faceva da fissatore rispetto ai centrali neroverdi. Obbligandoli a tenere bassa la linea, generava una evidente crisi decisionale nel blocco difensivo predisposto da Dionisi. Con Erlic in marcatura diretta e Tressoldi in copertura. Un tipo di giocata, teoricamente, assorbita in modo abbastanza sereno, grazie alla loro superiorità numerica.
La differenza, dunque, la faceva il nigeriano, che si staccava dalla zona vicino alla palla, creando spazio tra le linee. La sua funzione, infatti, era quella di accompagnare l’azione, assumendo semplicemente la classica posizione della seconda punta. Insomma, VO9 partecipava attivamente allo sviluppo della manovra, pur senza toccare direttamente il pallone. Mentre l’argentino si rendeva pericoloso dalle parti di Consigli.
Insomma, un attacco convenzionale, un tempo identificato come scelta conservativa per eccellenza, può essere la molla che fa scattare un atteggiamento ancora più arrembante. In questo contesto, gli esperimenti di Garcia mettono in risalto la voglia di trovare valide alternative al possesso.
In realtà, nell’immaginario tattico del francese, non cambia poi molto. L’idea rimane quella di riuscire a manipolare la compattezza dell’avversario. Questo cambio di paradigma porta innovazione, in quanto stimola gli azzurri ad un approccio meno rigido o dogmatico alla partita.
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