Ripercorriamo, con chicche storiche le tappe di uno dei doppi ex più significativi nella storia di Napoli e Milan: Giovanni Galli

Giovanni Galli: il suo arrivo al Milan

Il pisano Galli arriva dalla Fiorentina al Milan nel 1986. L’estremo difensore uno dei primi acquisti del neo-presidente Silvio Berlusconi, nell’ambito di una campagna di rafforzamento faraonica che comprende anche, tra gli altri, Galderisi, Donadoni, Massaro.

Galli ha ricordato in una intervista concessa anni fa a sports.bwin.it il suo impatto con il Presidente:

«Berlusconi? Beh, soprattutto ricordo la prima volta quando siamo andati ad Arcore, parlo dei cinque nuovi acquisti di quella stagione: Bonetti, Galderisi, Donadoni, Massaro ed io. Andiamo a incontrare il Presidente e facciamo un pranzo insieme. E già da lì, ci fece capire quale era la sua idea di calcio e quale fosse il suo progetto; lui ci metteva tutto a disposizione e noi dovevamo solo pensare a giocare a calcio. Poi, quando veniva a Milanello e ti faceva fare quella passeggiata da solo insieme a lui, logico che sapeva toccare i tasti giusti per darti delle motivazioni. Anche per darti il conforto nei momenti difficili o per spronarti».

Non viveva un bel momento in quei mesi Giovanni Galli, inspiegabilmente additato dall’opinione pubblica come capro espiatorio della fallimentare spedizione azzurra ai Mondiali messicani.

In realtà pesa nell’immaginario collettivo, il goal diabolico subito dal portiere, durante il girone, ad opera di Maradona in un pareggio contro l’Argentina, che nulla scalfisce per gli azzurri.

Che poi riguardando il goal, chi sarebbe rimasto meno impietrito rispetto a Galli?

Ben poche colpe avrà Galli nella sconfitta agli ottavi contro la Francia, ma tant’è… Galli paga dazio al suo non essere personaggio e la folla invoca Zenga, simbolo della nouvelle vague di Azeglio Vicini e della sua Under 21.

Non è un grande Milan, quello dell’edizione 86-87.

Quel Milan è un Diavolo di transizione, un po’ come quello degli anni che stiamo vivendo adesso.

Berlusconi ha confermato sulla panca, non troppo convinto, il barone Niels Liedholm ma il gioco compassato e la parlata lenta e serafica del Barone mal si concilia con il rampantismo del Cavaliere.

Quel Milan perderà in Coppa Italia con il Parma di tal Arrigo Sacchi e quel risultato inciderà molto sulla storia del Milan e del calcio italico.

Berlusconi conterà i mesi che lo separano dall’inizio del connubio con il vate di Fusignano e intanto il Milan vivacchia, conducendo un campionato con vane ambizioni di qualificazione alla Uefa.

Segna Virdis, Baresi gioca bene ma non è ancora il fuoriclasse degli anni a venire, trova sempre più spazio Maldini, non esaltano gli inglesi Hateley e Wilkins.

Galli e il Milan di Sacchi

L’anno successivo arriva appunto il rivoluzionario Sacchi e con lui i virgulti parmensi Mussi, Bortolazzi, oltre ai celebrati olandesi Gullit e Van Basten.

La leggenda, ma non solo, racconta di un ritiro in cui Sacchi imponeva per ore ai suoi nuovi allievi filmati su filmati del suo Parma, catechizzando Baresi sui movimenti di tal Gianluca Signorini.

La fatica è estenuante, il neo arrivato Ancelotti teme per le sue gambe e perde pancetta in fretta.

In questo scenario, Galli scruta con curiosità i nuovi metodi, forse con un filo di preoccupazione per una difesa sempre più alta e che potrebbe esporlo a magre figure.

Queste le parole di Galli su Sacchi:

Su Sacchi: “Quello che lo ha differenziato da tutti predecessori è stato per aver cambiato un’aspetto che in Italia è difficile da cambiare: Dovevamo cioè diventare noi i protagonisti e non vivere sugli altri. Il nostro lavoro era soprattutto incentrato sul migliorare l’organizzazione di squadra, sull’avere un’idea di calcio, sull’essere propositivi. Dovevamo comandare la partita e all’interno di questo lui aveva certamente delle individualità di primo livello, ma il lavoro più duro non era quello di migliorare il calciatore sotto l’aspetto tattico e tecnico, ma dal punto di vista mentale. Questa credo che sia stata la grande rivoluzione di Sacchi, che poi è stata supportata anche dai risultati”.

Vedendo il goal subito dal giovane Roberto Baggio alla seconda giornata, nel ko interno contro la Fiorentina si comprendono gli affanni degli esordi di Sacchi.

Il giovane vicentino viaggia in praterie verdi dove solo sporadicamente si intravede qualche pixel rossonero ed è difficile in quel momento intuire che Milan diventerà.

In realtà quel Milan subirà solo 14 reti in tutto il torneo, Berlusconi avrà il grande merito di imporre alla squadra Sacchi, la cui testa stava per rotolare dopo l’eliminazione ad opera dell’Espanyol.

Il Milan, infatti, dopo un avvio incerto, diventa una macchina da guerra, e Galli colleziona, forse per la prima volta, diversi senza voto nelle pagelle dei quotidiani.

I rossoneri rimontano uno svantaggio di cinque punti a poche gare dalla fine al Napoli di Maradona e si laureano campioni d’Italia.

Galli conquista così in rossonero il suo unico scudetto, dopo averlo solo sfiorato con la Fiorentina nel 1982.

Galli e la Coppa Campioni del 1989

Se nello scudetto del 1988 la firma di Galli c’è ma è testimoniata più dall’esiguo numero di reti subite che per parate memorabili, tanto divenne impermeabile quella difesa, nella Coppa Campioni conquistata un anno dopo il suo marchio è molto più palese.

Giovannone fu infatti decisivo nella notte di Belgrado.

I rossoneri, dopo aver pareggiato in casa 1 a 1, andarono nel terribile stadio della Stella Rossa con poche speranze per i canoni dell’epoca.

In quei tempi, infatti, pareggiare in casa nelle Coppe Europee era una mezza tragedia, dato il peso del fattore campo nelle competizioni continentali.

Il Milan stava perdendo a Belgrado e si imbatté in una nebbia da film horror.

Fu una fortuna per Baresi e compagni perché quel Milan non sembrava in grado di compiere l’impresa.

La gara si ripete dopo poche ore e il Milan strappa un pari dominando i talentuosi slavi, arrivando ai rigori.

Qui, torna protagonista Giovanni Galli parando due rigori su quattro.

Nei turni successivi il Milan non avrà bisogno del suo portiere, rivelandosi impermeabile e la Coppa arriva a Milanello.

Galli: l’ultimo anno a Milano (1989/90)

La stagione che porta verso i Mondiali delle Notti magiche, vede Sacchi, ormai dotato di una rosa pletorica, spingere all’eccesso il concetto di turn-over, assolutamente inedito per il nostro calcio, coinvolgendo addirittura il ruolo del portiere.

E così Galli diventa “portiere di notte”, mentre il compianto Pazzagli difende i pali rossoneri in campionato.

Una scelta che influirà sull’addio di Galli a fine stagione, desideroso di sentirsi protagonista.

Pazzagli era un discreto portiere, non un fuoriclasse e forse al portiere di Pisa pesava il messaggio sottinteso in quella scelta del tecnico.

Nell’immaginario collettivo, infatti, il Milan aveva ormai un’organizzazione difensiva tale da potersi consentire nel ruolo di estremo difensore un giocatore di livello inferiore ai compagni, tutti top player nei rispettivi ruoli.

Anche quell’anno il Milan si laurea campione d’Europa e anche in quell’edizione c’è una gara dove Galli si erge a protagonista.

Ciò avviene nella sfida ai fiamminghi del Malines o Mechelen che dir si voglia.

In quell’occasione tutti aspettano una grande gara del belga Preud’homme, portiere degli avversari e vero e proprio gigante del ruolo e invece si erge a protagonista Galli, che trova la sua più bella serata in rossonero.

Galli e il Napoli

Al termine del campionato 1989/90, Galli passò al Napoli.

Il club di Ferlaino cercava un portiere avvezzo alle serate di Coppa dei Campioni e, soprattutto, un estremo difensore affidabile dopo l’ultima stagione in chiaroscuro di Giuliano Giuliani.

Galli spinse per il trasferimento, in parte per il ruolo da subalterno che aveva avuto nella stagione rossonera, ma anche per non trovarsi di fronte più Diego Maradona, che proprio all’ex fiorentino aveva realizzato alcuni dei suoi goal più celebri.

Galli su Maradona

Giovanni Galli, in un’intervista sul quotidiano Il Mattino, ha raccontato di quando, difendendo i pali dei rossoneri, affrontava il Napoli: «Quando ero al Milan, Diego Maradona era il mio incubo. Mi ha fatto dieci gol, mai banali, uno più bello dell’altro. Tre reti sono state stupende, lasciatevelo dire da uno che le ha subite. Come non ricordare la sfida del primo maggio al San Paolo? La vittoria significò l’inizio dei trionfi dell’era Sacchi. Vincemmo lo Scudetto e poi la coppa Campioni e arrivò anche l’Intercontinentale. Tutto nacque il primo maggio e anche quella domenica Diego mi fece gol con una delle sue straordinarie punizioni».

Ebbene, vedendo alcuni filmati come dare torto a Galli?

Basti pensare alla mortifera, ma inutile, punizione del primo maggio 1988 o alla rete di testa, da fuori area, del Pibe de oro.

In azzurro Galli non riuscirà neppure lontanamente a bissare i successi di Milano.

Dopo l’esordio scintillante in Supercoppa, con la vittoria per 5 a 1 contro la Juventus di Maifredi, il Napoli scivolerà lentamente in un’annata anonima, figlia del rapporto tormentato di Maradona con la dama bianca.

In Coppa dei Campioni la corsa del Napoli si ferma al secondo turno, con il paradosso che in azzurro, in quattro gare, Galli non ha subito una sola rete.

Dopo la facile qualificazione ai danni degli ungheresi dell’Upjest Dosza, il Napoli si imbatte nello Spartak Mosca, da cui viene  eliminato ai rigori in Russia, con Galli che non ripete l’exploit di Belgrado.

Gioca altre due stagioni in azzurro Galli.

Sono anni interlocutori, il Napoli conquista con Ranieri una bella qualificazione in Coppa Uefa, salvo poi imbattersi in una stagione problematica.

Nel complesso in questi tre anni il rendimento di Galli con il Napoli è apprezzabile, con picchi importanti come il rigore parato all’ex compagno di squadra Van Basten.

Galli saluta Partenope nel ’93, causa un ingaggio importante e la voglia del Napoli di affidare finalmente i guantoni da titolare al giovane ischitano Taglialatela.

La carriera di Galli proseguirà sul campo, da veterano a Torino sponda granata e Parma.

Marco Bruttapasta

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